Skate Story Recensione in progress

Recensito su PlayStation 5

Skate Story recensione

Con il tempo, ho imparato – mio malgrado – a tenere bene le mani avanti, nel momento in cui un titolo come Skate Story si fa “vivo” nel mio cono di visione videoludico. In passato ho preso bruciature piuttosto altisonanti, e le vere sorprese del panorama indie sono sempre arrivate da dove meno me lo aspettavo.

Skate Story, invece, è proprio questo: una bruciatura, ma non troppo cocente. Te ne parlo un po’, in questa recensione in progress che è in progress proprio per uno dei difetti più evidenti della produzione.

Skate Story Recensione

È davvero inutile girarci intorno: chiunque abbia un minimo di interesse per i prodotti esteticamente diversi dalla norma, si è ritrovato smandibolato quando il primo trailer di Skate Story, titolo del developer solitario Sam Eng, si è mostrato la prima volta ad un evento Devolver nel 2022.

Il mondo di gioco psichedelico e immateriale, lo skater protagonista fatto di cristallo, e l’imponenza di un comparto narrativo aggressivo ma non onnipresente sono tutti stati elementi che hanno attirato l’attenzione, la mia in particolare.

Dopo i 3 rimandi, vista la data di uscita originale nel 2023, mi aspettavo un gioco rifinito, con meccaniche che sapessero riflettere, anche solo in parte, l’unicità del comparto estetico, ma Skate Story è contemporaneamente di più e di meno di quello che mi aspettavo.

Skate Story prende infatti le meccaniche base dello skating game, con un tasto per accelerare, uno per saltare e tante combo di tasti per eseguire trick, e ci fa ruotare sopra un sistema a livelli ed hub. La destinazione narrativa è quella di voler scappare dall’Inferno e il mangiarsi le lune dei vari livelli di profondità di esso è il metodo di fuga, ma la struttura rimane quella di un gioco a livelli, solitamente spezzati in una manciata di sezioni lineari, nei quali andare da un punto A ad un evidentissimo punto B con musica incalzante, e in un’hub, un’area ben più grande nella quale, solitamente, recuperare un qualche tipo di oggetto per delle semplicissime quest.

Coerenza ed estetica

Nel valutare un titolo, io punto sempre alla coerenza implicita dei suoi elementi, e in questo Skate Story è competente e “completo”: il level design è sempre interessante e mai prevedibile, e tanto i corridoi quanto le arene offrono giusti e costanti stimoli, non tanto esplorativi quanto performativi, a livello di sfida.

L’estetica del mondo, inoltre, non smette mai di essere originale e piuttosto unica, nel panorama, e la presenza di diverse opzioni di accessibilità, che io ho – in parte – da subito attivato, toglie dal tavolo la possibilità di rimanere frustrati da una particolare sezione o da una specifica boss battle. Queste ultime sono quasi sempre legate al dover inseguire il boss, “caricando” il nostro punteggio – e moltiplicatore – a forza di trick, per poter infine “confermare” il nostro punteggio alla fine di una combo: quel punteggio diventa il danno infierito sul boss, e avanti così fino alla sconfitta.

A questo senso di flow contribuisce sicuramente il livello delle animazioni del nostro skater e la necessità – ma non l’obbligo – di eseguire i nostri trick con un certo tempismo (solo quelli che coinvolgono un salto, ad essere preciso) in un costante equilbrio di gioco e candela che non stanca, soprattutto con qualche opzione di accessibilità attivata.

Solitudine infernale

Se la struttura, anche a livello di mood, del mondo di gioco è “così o così”, un aut aut inderogabile nel momento in cui si vuole venire trasportati dal messaggio emotivo di Skate Story, gli aspetti più legati ad un design idealmente raffinato e senza troppi noi sono manchevoli e poco acrobatici.

Per dirne una: molto spesso ci si trova senza una vera direzione, a livello di obbiettivi, e non esiste modo di rimettere a schermo l’obbiettivo corrente o il prossimo step che la quest in corso ci richiede. Questa recensione è in progress proprio per questo motivo: chi vi scrive è bloccato verso la fine del quinto capitolo, in una sezione aperta senza un obbiettivo evidente e, curiosamente, senza la possibilità di ricominciare il livello (il farlo ricarica semplicemente il salvataggio corrente).

Abbiamo già capito mille altre volte che la vernice gialla è lì perché la maggioranza dell’utenza ha bisogno delle guide, e io sono il primo ad apprezzare la libertà che alcuni giochi osano, ma Skate Story mi ha lasciato una volta di troppo senza un obbiettivo preciso, e lo fa a suo sfavore. Sì, le arene non sono enormi, ma ci sono costanti elementi visivi che, dall’abbellimento che rappresentano nel momento in cui punto A e punto B del tragitto di gioco sono evidenti, diventano caos, impedimento, confusione e distrazione, quando non si sanno bene che pesci pigliare.

Su PlayStation 5 Pro il flow di gioco è anche minacciato anche da frequentissimi cali di framerate, soprattutto per gli elementi attorno allo skater protagonista: come riferivo ad alcuni miei colleghi, nelle prime sessioni dovevo interrompere dopo mezz’ora di gioco a causa di un fortissimo senso di motion sickness del quale, normalmente, non soffro nemmeno nei momenti di azione VR più intensa (e no, Skate Story non ha la “scusa” di essere un gioco VR).

Pimp my ride

Riferisco un ultimo elemento che, di nuovo, gioca troppo sul confine fra feature e orpello: la personalizzazione. Il nostro skate – non “skater”, quello rimane com’è – potrà essere abbellito da diversi sticker, un cambio di ruote o un più potente e profondo cambio di tavola.

Questi elementi sono tutti acquistabili con l’unica moneta di Skate Story, l’anima: per accumularla basta eseguire piccole azioni nel mondo di gioco, come inseguire collezionabili, o saltare in prossimità di tombini, o ancora demolire, con specifiche mosse, elementi ostili dell’arena (nemici, cespugli, ostacoli).

Considerando che andremo a personalizzare solo la parte inferiore dello skate, che all’atto pratico non vedremo mai e che mai ha impatto sul gameplay, personalmente piazzerei questo aspetto di gioco nella categoria dell’orpello: un po’ di funzionalità in più l’avrebbe reso non solo più interessante, ma anche più importante nell’economia di gioco e nella possibilità di poter personalizzare lo stile di gioco a proprie “tendenze”.

Le conclusioni, per ora

Come dicevo, non ho finito di parlarti di Skate Story. Ho finito di parlartene, per ora. Sono a metà dei 10 capitoli che il titolo offre, e potrei ritrovarmi ad alzare o abbassare il voto a seconda di come l’opera di Sam Eng si comporta nella sua seconda metà, ma per ora siamo in presenza di una scottatura, per quel che riguarda me. L’aspetto estetico di Skate Story è ad ora il suo aspetto più rilevante e incisivo, e per quanto il flow di uno skating game ci sia tutto, c’è troppa poca direzione nei suoi obbiettivi ludici e pochissima attenzione agli aspetti QoL che devono essere prioritari anche per un solo developer. Peccato.

7
Bella l'estetica, ma serve più direzione e più attenzione agli elementi QoL

Pro

  • Un'estetica d'impatto e unica nel suo genere
  • Il flow di gioco è buono

Contro

  • Troppa poca struttura nel percorso ludico di certi livelli
  • Tanti aspetti QoL sono lasciati nel dimenticatoio
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