The Precinct Recensione

Vorrei approcciare ogni recensione da qui in poi nel contesto di un “What If”. È chiaro da comprendere, in fondo, e ha il potenziale di riuscire a mettere in tavola subito tutte le carte di un gioco, dal suo loop al suo obbiettivo ludico. Proviamo?
The Precinct, di Fallen Tree Games, qui al loro nono gioco ma con un curriculum per lo più dedicato a giochi puzzle mobile, risponde ad un “What If” piuttosto semplice: come sarebbe GTA se facessimo i poliziotti? Ispirato ai film polizieschi degli anni ’90, The Precinct è infatti un simulativo single player open world con telecamera dall’alto nel quale interpretriamo Nick Cordell, ufficiale di polizia appena uscito dall’accademia e assegnato al vecchio distretto di suo padre, morto in circostanze misteriose diversi anni prima.
La città di Averno City è sotto la stretta morsa di diverse gang criminali, e sta a poliziotti come noi fermare l’ondata di crimine che sta cambiando il volto della città che amiamo. Saremo in grado di proteggere Averno o verremo corrotti da essa come tanti prima di noi?
The Precinct Recensione
Il parallelismo tra The Precinct e GTA non è così superficiale come possa sembrare. Il single player di Fallen Tree infatti ci dà moltissima libertà, ma la racchiude, narrativamente e meccanicamente, nel contesto di un simulativo poliziesco, nel quale più che commettere crimini dovremo sventarli, alla meglio prevenirli.
L’introduzione narrativa e la presentazione della mappa di gioco, fuse in un opening davvero rubata ad un poliziesco noir anni ’90, è accattivamente e riesce in pochi attimi a catapultarci non solo nel contesto cittadino di Averno, una generica metropoli americana che così facendo diventa riflesso dell’America intera di quegli anni, ma anche nei limiti professionali ed etici di Nick, il nostro alter ego.

Siamo appunto appena usciti dall’accademia, e non possiamo aspettarci che ci siano casi di primordine ad attenderci: si parte dalle pattuglie a piedi, alla ricerca di criminali la cui onta più pesante è l’aver buttato a terra una lattina, o aver parcheggiato l’auto nel senso opposto a quello di marcia.
Un simulativo ha proprio questi primi attimi, i primi momenti nel quale chi gioca agisce sul gioco e selle sue strutture, per convincere, e The Precinct lo fa, pur con una UI un po’ troppo basilare e poco curata esteticamente: quasi tutte le nostre azioni di gioco si allacciano ad un singolo tasto, cosa che permette al dorsale destro di offrire gran parte del nostro potere d’intervento sul mondo di gioco.
Per esempio, premendo R1 su PlayStation è possibile aprire un menu a raggiera dal quale avviare la procedura di “creazione” della multa, che passa ovviamente dalla corretta individuazione del crimine commesso e poi dalla compilazione del report, sia per l’attribuzione della giusta pena al criminale (un manuale ci aiuta a capire quale infrazioni richiedono solo una multa e quali invece necessitano di una mano più pesante) sia per l’ottenimento, da parte nostra, di un piacevole gruzzolo di punti esperienza.
Libertà è la parola più corretta da usare per descrivere l’approccio di The Precinct alla tanto importante player agency: il mezzo di trasporto è infatti sbloccato da subito, e non siamo vincolati a pattugliare forzatamente l’area della città che il nostro Sergente Capo. Farlo ci darà un boost di XP, ovviamente, ma possiamo affrontare il turno di lavoro come preferiamo, perfino rimanendo a pattugliare oltre l’orario nel quale dovremmo staccare dal lavoro.
Giovane, lei non può stare lì
La nostra interazione con gli abitanti di Averno City è piuttosto lineare: avvicinandoci ad un NPC, anche fuori dal contesto di un crimine incorso, potremo chiedere i documenti alla persona per effettuare un controllo dell’identità. Facendolo potremo notare o meno come la persona sembri agitata, o sappia fortemente da alcol, elementi che potrebbero darci la “scusa” giusta per perquisire l’NPC, trovando magari armi, oggetti di contrabbando, o altro di incriminante.

Gran parte della nostra attività sarà chiaramente in risposta a crimini in corso, però, e questi variano molto nella natura e nella dinamicità del loro svolgersi e della loro risoluzione. Inizialmente mi sono perlopiù ritrovato ad avere a che fare con vandali o piccoli criminali, ma dopo qualche turno già si inizia a dover intervenire in casi di risse in strada, furti con effrazione, furti d’auto, e molti altri.
A seconda del livello di violenza concessoci dalla natura del crimine stesso dovremo poi cercare di fermare i sospetti e procedere con gli step che elencavo prima; nel caso l’NPC fosse a bordo di un auto, possiamo anche perquisire il cruscotto e fare il test alcolemico all’NPC, il tutto per poter stilare il report più preciso possibile e poi procedere con l’arresto o, nei casi minori, una multa. Ci sono sistemi di aiuto alla compilazione di questi report, come la possibilità di lasciare tutta la documentazione al collega, quindi la libertà che continuo a citare si riflette in alcune – non tantissime – attenzioni a livello di UX.
Con lo scalare dei crimini scala anche la violenza che questi prevedono e che noi stessi dovremo utilizzare per rispondere: gli eventi più caotici, come la resistenza all’arresto, il furto d’auto con scasso e le sparatorie fra gang ci costringeranno a tirare fuori “il ferro”, portando ad Averno uno stile di giustizia più prettamente anni ’90. Inizialmente avremo solo un taser, un manganello e la pistola d’ordinanza, ma avanzando verso il livello 20 sbloccheremo una potenza di fuoco più imperdonabile, come mitragliatrici, fucili a pompa e mitragliette.
Il sistema di coperture è dei più tradizionali e basterà un tasto per trovare riparo dietro qualcosa, mentre le meccaniche di shooting sono un po’ più particolari, tanto che mi domando se avrò la capacità di spiegarle a dovere. Nel momento in cui con un’arma in mano mireremo, proietteremo davanti a noi una semiretta che termina ad una data distanza da noi: muovendo questo puntatore nelle due dimensioni potremo effettivamente “mirare” a qualcosa.
Le armi base hanno gittate più corte, costringendoci ad usare più proiettili e a doverci avvicinare maggiormente agli ostili, cosa che a sua volta potrebbe portare ad un game over prematuro o a dover correre al portabagagli della nostra volante per ricaricare le armi. A difficoltà base i conflitti a fuoco sono abbastanza gestibili, considerando anche che la salute, nel momento in cui non saremo colpiti per un paio di secondi, inizierà a rigenerarsi. Un eventuale game over ci riporterà al distretto e potremo continuare da lì.

Giustizia nelle strade e nei cieli
Come per le armi, il nostro progredire in The Precinct sbloccherà anche nuovi mezzi, che però offrono perlopiù accelerazione e durabilità, invece che qualche feature o meccanica unica: data la possibilità di spawnare un nuovo veicolo con il menu a raggiera che citavo prima e lo sblocco della possibilità di prendere possesso di qualunque veicolo presente a schermo, non sarà mai un vero problema trovare un mezzo.
Una volta al volante, nel caso di determinati crimini o della resistenza all’arresto di individui molto pericolosi, potremo trovarci a dover inseguire il veicolo dei criminali di sorta: più riusciremo a stare loro alle calcagna, più punti intervento potremo accumulare. Questi si usano per chiedere l’aiuto di altri agenti o volanti e, più avanti, di posti di blocco e cinture di spuntoni (quelle che, piazzate a terra, bucano le ruote dei mezzi).
La guida non è la cosa che The Precinct fa meglio, con una eccessiva sensibilità in curva e mezzi che tendono a sbandare anche a velocità basse, ma lo schiantarsi contro un semaforo o lo stand di un giornalaio mentre inseguiamo dei rapinatori ad alta velocità aumenta sicuramente il senso di immersività di un gioco che vuole essere in tutto e per tutto un eco dei vecchi film d’azione.
Un tipo di pattuglia che cambia un po’ le carte in tavola è quello che ci vede al comando dell’elicottero della polizia. In questo caso il nostro compito sarà solamente quello di individuare i crimini e tenere la nostra potente luce su di essi, così da poter fare poi intervenire agenti e volanti a seconda del bisogno.
Una meccanica aggiuntiva particolare, che ti accompagnerà fino a poco prima dell’endgame, è la raccolta di prove: nel momento in cui agiremo per trovare i colpevoli di un crimine e risolverlo – azione che, sia chiaro, è sempre legata alla nostra analisi dell’NPC con conseguente arresto ed eventuale viaggio in dipartimento per schedare la persona e gettarla in cella – potremo trovarci a dover interagire con delle prove. Una volta collezionate, queste garantiranno una quantità aggiuntiva di punti esperienza e, randomicamente, indizi sulle due principali gang criminali di Averno City.

Nel momento in cui avremo abbastanza prove su uno degli appartenenti a una delle due gang, vedremo avviata una missione speciale per l’arresto del criminale, cosa che ci porterà avanti nella storia e che sbloccherà, se presente, la prossima “corsa” all’arresto per il prossimo criminale nella scala gerarchica della malavita.
Vendere un mood è un lavoro sporco
Se meccanicamente non ho grosse osservazioni, trovando il lavoro fatto dal sufficiente al molto buono a seconda dell’ambito, è con i contenuti secondari e nel contesto visivo e sonoro che mi trovo più manchevole di giustificazioni verso The Precinct.
Per contenuti secondari intendo le attività a corredo del core loop, in questo caso le corse clandestine, gli obbiettivi a tempo e i collezionabili. Sarò breve nella mia pungente disamina di questi: non aggiungo niente al gioco, allungando solo la strada verso il platino e non costituendo uno strato di meccaniche aggiuntive piacevoli rispetto al moment-to-moment gameplay.
I collezionabili sono sparsi per la mappa e non avremo alcuna indicazione su come trovarli, né indizi sbloccabili a riguardo. Gare e sfide in auto pesano ovviamente sulle meccaniche di guida, che già non sono troppo piacevoli da sé ma che, nel contesto di una sfida contro altri NPC o contro il tempo, diventano fastidiose.
Dove The Precinct sbaglia è nel non riuscire ad abbracciare lo stile anni ’90 al di fuori della sua narrazione e delle sue meccaniche: l’estetica è infatti piuttosto generica, e il comparto sonoro non fa particolari sforzi nel ritagliarsi un’identità o nel ricalcare quella dell’epoca di riferimenti, con spezzoni sonori sempre brevissimi e un sound design figlio del genere simulativo, quindi con i suoi limiti e le sue restrizioni.
Un maggior impegno nel tentativo di rievocare il mood dei film di quegli anni, a mio parere, va oltre la perenne pioggia e la presenza di poliziotti corrotti: la nostalgia si accende prima di tutto visivamente, in un gioco, e The Precinct non fa abbastanza in quel senso.

Conclusioni
The Precinct prende la libertà sandbox di un GTA e ci mette dall’altra parte della legge, con una libertà da premiare e una buona varietà di mezzi, crimini e situazioni. I contenuti secondari sono aggiunte che non modificano l’equazione di gioco, e l’impegno di Fallen Tree Games di richiamare i film degli anni ’80 e ’90 viene meno a livello visivo e sonoro, ma riesce ad atterrare in piedi dal punto di vista meccanico.
The Precinct è un esperimento riuscito e del quale spero di vedere evoluzioni e crescita, in futuro, magari lasciandosi indietro qualche incertezza a livello di UI.
Un esperimento riuscito
Pro
- È un simulativo che funziona molto bene e intrappola facilmente nel suo loop di gioco
- La varietà di crimini è buona
- C'è molta libertà di approccio alle situazioni
Contro
- L'inclusione di collezionabili e corse clandestine allunga il tempo di gioco senza aggiungere nulla al loop
- Non credo il feel anni '80-'90 sia perfettamente centrato, esteticamente e a livello di mood