The Walking Dead: The Final Season Episode 2 – Recensione

Recensito su PlayStation 4

Il secondo episodio di The Walking Dead: The Final Season è arrivato nel peggiore dei momenti: pochi giorni prima, infatti, lo studio di produzione Telltale Games ha dichiarato la bancarotta, annunciando il licenziamento di circa 250 dipendenti e la cancellazione di ogni progetto in programma e in corso. Il fallimento dell’azienda californiana ha sollevato un vespaio nel web e messo in luce condizioni lavorative drammatiche e una quasi assente organizzazione produttiva e di gestione delle risorse.

A peggiorare la situazione, poco dopo aver dichiarato il collasso Telltale Games ha comunicato ufficialmente l’intenzione di cercare una maniera per pubblicare “in qualche modo” i rimanenti episodi 3 e 4 di The Walking Dead: The Final Season: non hanno tardato ad arrivare le risposte cortesi, ma secche sia di molti licenziati, che di personalità rinomate nel mondo videoludico, fra cui Cory Barlog, director del recente God of War.

La chiusura di Telltale Games è un avvenimento torbido, con molti punti poco chiari; quel che è certo è che molti degli ormai ex dipendenti non sono rimasti con le mani in mano, furiosi per la mancanza d’umanità e rispetto (e liquidazione) dell’azienda nei loro confronti e ci vorrà ancora del tempo prima che la storia possa dichiararsi conclusa.

Ciò che al momento rimane completamente aperto è purtroppo la storia di Clementine, che in questo Episodio 2 raggiunge una svolta importante, senza che vi sia alcuna sicurezza sulla futura pubblicazione della seconda metà della stagione. “Bambini perduti”, questo il nome dell’episodio di The Walking Dead: The Final Season, porta avanti la simbologia “barrieiana” avviata fin dall’inizio della stagione con una rivisitazione in chiave apocalisse zombie della fiaba di Peter Pan. Gli eventi e i personaggi sono ovviamente originali della storia Telltale, ma non mancano forti strizzate d’occhio al classico della letteratura per ragazzi, in grado di rendere ancora più crudi molti degli eventi mostrati ai giocatori.

Il comparto grafico e audio rimangono sull’ottimo livello del primo episodio, con forse qualche libertà di troppo nella stesura dei sottotitoli in italiano; le sezioni action di gameplay sono ancora limitate dal problema di una inquadratura troppo ravvicinata che limita il campo visivo e obbliga a movimenti manuali della telecamera per guardarsi intorno, ma la presenza di momenti di shooting alternati ai combattimenti corpo a corpo ne riduce la pesantezza.

The Walking Dead: The Final Season

Infine, la scrittura: in questo episodio, lo scontro fra i “pirati” e i “bimbi sperduti” viene mostrato in tutta la sua crudezza, con un “Capitan Uncino” saggiamente ripescato dai primi eventi della serie videoludica. Il ritmo degli eventi è serrato e i dialoghi mai noiosi, grazie a personaggi tridimensionali e coerenti nel loro modo di parlare e agire. Privo dell’alone di mistero ed effetto sorpresa “da prima volta” e forte di uno scheletro tecnico assai più robusto, The Walking Dead: The Final Season avrebbe tutto il potenziale per rivelarsi una stagione di qualità pari, se non persino superiore alla prima…

… Sennonché, appunto, il viaggio di Clementine al momento finisce qui, tra le macerie in fiamme di un istituto per bambini difficili, ferita nell’orgoglio, ma non ancora sconfitta. La giovane ragazza ha intrapreso un percorso di crescita importante fin dal suo primo incontro con Lee, vedendo sgretolare davanti ai suoi occhi ogni speranza di una famiglia normale e un’infanzia serena e anzi, suo malgrato spinta dal proprio buon cuore a educare e proteggere qualcuno più debole di lei, in una storia echeggiante nostalgia e richiami al breve, ma intenso dramma vissuto da Lee.

The Walking Dead: The Final Season

The Walking Dead: The Final Season è l’ultimogenito di Telltale Games, una storia irrimediabilmente troncata nel momento in cui sarebbe potuta sprofondare nella palude di già visto o innalzarsi a miglior lavoro mai realizzato dalla software house. L’eventualità di un recupero del progetto non è da escludere, ma viste le discutibili condizioni di lavoro del team originale e la condotta poco etica dell’azienda, forse è meglio augurarsi che il lieto fine tanto meritato da Clementine si realizzi solo nella fantasia dei giocatori affezionati.

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