Warriors: Legends of Troy – Recensione Warriors: Legends of Troy
E’ già successo che un videogioco sia stato tratto da un’opera letteraria: Dante’s Inferno, sviluppato da Visceral Games, ha portato con se tantissime polemiche, con gente che accusava EA di rovinare lo scrittore toscano e la sua Divina commedia. Qualche giorno fa è uscito nei negozi Warriors: Legends of Troy, ispirato questa volta all’Iliade di Omero; questa volta le polemiche sono state inesistenti: forse perché non c’è stata la spinta mediatica che aveva ricevuto il prodotto EA, o perché il videogioco Koei non stravolge la storia e le figure di personaggi come Achille ed Ettore, presentandosi quindi più "realistico".
L’ira funesta del Pelìde Achille
Ovviamente stiamo parlando di un gioco dal gameplay comunque esagerato, dove i personaggi controllati sono in grado di radere al suolo interi eserciti, impresa che neanche il semidio Achille sarebbe riuscito a compiere. Tralasciando queste sottigliezze, Warriors: Legends of Troy si presenta come un classico action in pieno stile Dinasty Warriors, con un gameplay che purtroppo fa vedere tutti i suoi limiti solo dopo poche partite. Il problema principale è la totale assenza di altre fasi oltre ai combattimenti, che dopo qualche ora di gioco iniziano a tediare il giocatore. Nonostante ci sia una discreta profondità nei combattimenti, dove per battere i nemici più forti c’è bisogno di schivare e aggirare, oltre a premere continuamente il tasto d’attacco, il videogame non riesce ad entusiasmare, rivelandosi ripetitivo.
Rimane comunque interessante l’espediente che hanno utilizzato gli sviluppatori per cercare di risolvere i suddetti problemi: cambiare personaggio controllabile ad ogni nuovo capitolo; ma ciò non è servito, visto che i vari protagonisti (Ulisse, Achille, Ettore e così via) pur cambiando in alcune mosse e stile di combattimento, non si differenziano troppo tra di loro. A salvare il gameplay non ci riesce neanche la mini componente ruolistica inserita, che permette di potenziare vari parametri dei propri personaggi con oggetti acquistabili tramite punti guadagnati durante i combattimenti. L’ambientazione, rappresentata dai campi di battaglia troiani, caratterizzati da vegetazione rada con una forte prevalenza di arbusti, non riesce a dare quel qualcosa in più, mostrandosi a tratti anonima. Inoltre, il level design delle mappe risulta molto semplice e ripetitivo, e gli obiettivi da colpire sono comunque sempre gli stessi, proponendo ogni tanto missioni secondarie su vie che sarebbero rimaste inesplorate senza di esse.
La leggenda di Troia
Fortunatamente qualcosa di positivo c’è: la storia riveste un ruolo fondamentale e si mostra ben raccontata e piacevolissima da seguire. Tra un capitolo e l’altro vengono mostrate delle cut-scenes in CG che mostrano i vari eventi. La trama non sorprende di certo il giocatore, ma viene ampliata, rispetto alla trasposizione cinematografica con Brad Pitt e compagnia, con flashback che spiegano diversi retroscena. La guerra di Troia lo sanno tutti come è cominciata: il giovane Paride si innamora di Elena, la più bella donna del mondo, e la rapisce; così facendo, però, scatena l’ira di Menelao, marito di Elena, che dichiara guerra ai troiani. Dietro tutto ciò c’è molto di più che una semplice love story, e il prodotto Koei racconta nel migliore dei modi quel che accade.
Il buon lato narrativo non basta a migliorare la situazione di un prodotto in grado di divertire solo per breve tempo, con gravi problemi, oltre che nella struttura del gameplay, anche nella risposta ai comandi, molto lenti e con ritardi allucinanti tra causa ed effetto, per niente in linea con la velocità che dovrebbe offrire l’azione. La storia principale offre, a livello normale, circa 8-10 ore di gioco, e ad aumentare la longevità comunque accettabile per un action ci pensano delle modalità extra nelle quali bisogna rispondere a orde di nemici, che vanno sì giù come birilli, ma che in presenza di miniboss danno molto fastidio. In tal caso è da citare la scarsa intelligenza artificiale dei nemici più deboli, che rivestono il ruolo di carne da macello; il discorso invece cambia con quelli più forti, che variano leggermente nelle tecniche di combattimento e danno parecchio filo da torcere, soprattutto negli scontri uno contro uno, dove è impossibile scappare per recuperare energia e c’è necessariamente bisogno di parare, schivare, attaccare e sbilanciare il proprio avversario.
La varietà dei guerrieri
Partendo proprio dalla qualità dei nemici andiamo a parlare dell’impianto grafico del prodotto. Warriors: Legend of Troy soffre molto sulla varietà dei combattenti avversari: sono presenti pochi modelli e mostrano delle animazioni poco curate e abbastanza legnose. I personaggi principali sono ben ricostruiti, ma sono rovinati anch’essi da animazioni a tratti brutte e mal collegate fra loro. Il frame rate cala leggermente in alcuni frangenti, mostrando rallentamenti non sempre piacevoli con decine e decine di nemici su schermo. Le ambientazioni mostrano paesaggi abbastanza spogli, ma nel complesso piacevoli. Abbastanza fastidiosi, infine, i muri invisibili, che non permetto di accedere ad alcune aree. L’accompagnamento sonoro non spicca, e il doppiaggio, completamente in inglese (ovviamente sottotitolato in italiano), si mantiene nella media.
Commento
L’Iliade non è stata rovinata, anzi, è stata ben riproposta in Warriors: Legends of Troy. La struttura di gioco si è rivelata ripetitiva dopo poche ore di azione, e nonostante la buona trama, il giocatore non viene spronato a continuare. Il lato tecnico non è esaltante e si mantiene su livelli discreti; i combattimenti appaiono profondi al punto giusto e i personaggi sono ben caratterizzati. Purtroppo Koei non è riuscita a confezionare un prodotto nel complesso buono, ma minato da grandi problemi che possono essere risolti solo cambiando completamente l’intera struttura di gioco.