DmC: Devil May Cry – Vergil’s Downfall – Recensione DmC: Devil May Cry – Vergil’s Downfall

Quasi a distanza di due mesi dall’uscita di DmC, il titolo Capcom si rinnova con un secondo DLC per rinnovare l’interesse nel prodotto e per mantenere sempreverde l’avventura del nuovo Dante, reboottato per l’occasione. Dopo il Palazzo di Sangue, che si è rivelata essere una modalità Survival non di eccellente realizzazione, arriva Vergil’s Downfall, in Italia distribuito e localizzato come "La Caduta di Vergil", un DLC di circa tre ore di durata, con annesse possibilità di rigiocabilità ad alto livello, che ci guiderà in un breve sequel della storia principale di DmC nei panni del fratello caduto, Vergil appunto.

Madre, ho peccato.

DmC si è concluso con la quasi totalmente inaspettata sfida tra i due figli di Sparda, Dante e Vergil, per risolvere una disputa che vedeva il secondo desideroso di potere e dominio sull’umana stirpe e il primo, completamente mutato nel corso dell’esperienza nel Limbo, che covava l’esclusivo interesse di salvaguardare la vita degli uomini e dell’amica Kat. La caduta di Vergil per mano di Dante porta il parigenito di Sparda alle porte degli inferi, ferito e dolorante, desideroso, però, di vendetta o eventualmente di redenzione per poter ritrovare la pace perduta dopo la sfida con il fratello. Per farlo avrà bisogno di ritrovare il fantasma di Dante, privarlo del proprio medaglione e arrivare a salvare Eva, sua madre, per ottenere una insperata salvezza che possa portarlo alle porte del Paradiso. Vergil ha bisogno, quindi, di ascoltare la sua voce interiore, quella malvagia che alberga dentro il cuore di ognuno di noi, e lanciarsi all’avventura per rinnegare i cari lasciati in terra. Una trama che convince e non convince, che lascia leggermente interdetti, ma che può comunque servire da semplice prolunga per un’avventura creata frettolosamente.

La legge del contenuto aggiuntivo

Il primo segnale di un DLC troppo frettoloso e sbrigativo risiede nella scelta stilistica di volersi affidare a dei disegni e degli intermezzi non realizzati con il motore del gioco: i filmati che porteranno avanti la trama e faranno da collante alle vicende topiche e al chiudersi e aprirsi delle missioni saranno trasmessi a mo’ di fumetto statico, un po’ come avvenuto nei DLC di Castlevania: Lord of Shadow, per citare un esempio recente, senza dare spazio a esaltazioni stilistiche. 

Non da meno, però, sono il gameplay e il combat system nel confermare la frettolosità del prodotto. Partiamo dal presupposto che Vergil è in possesso di una sola arma, la nota Yamato, già comparsa nella prima trilogia di Devil May Cry: a sua volta la Yamato, nel corso del DLC, potrà prendere le sembianze demoniache o angeliche, proprio come le armi che aveva Dante nell’avventura principale. La scelta è intuitiva e non lascia spazio a grande inventiva, ma è il sistema di utilizzo che lascia basiti: le armi angeliche hanno sicuramente velocità e molta più funzionalità di quelle in possesso di Dante, ma l’arma demoniaca si fregia, per modo di dire, di una lentezza al limite del ridicolo. Utilizzarla durante il DLC, con nemici molto più veloci e dotati di maggior capacità illusoria – vedere il Fuoco Fatuo – è una sorta di suicidio assistito. 

Le combo di Vergil, poi, per quanto sarà impossibile sbloccarle tutte al primo playthrough a riprova del fatto che siano numerose, si basano tutte sulle stesse combinazioni: a variare sarà esclusivamente la forza e la potenza delle stesse o la velocità, come capiterà alle spade da lanciare in sostituzione delle armi da fuoco di Dante. Ugualmente la situazione del Devil Trigger, che sbloccheremo casualmente a metà dell’avventura, non offre spunti interessanti: la barra verrà diminuita e sfruttata soltanto per determinate mosse, che vi permetteranno di spazzare avversari in maniera più rapida. Ma il funzionamento è palesemente diverso dal DT di Dante, che poteva ricaricare la propria salute, approfittare di nemici ostici che venivano resi violabili e vedere aumentare la propria potenza. La lentezza delle combo e la semplicità di alcuni aspetti del gameplay viaggiano, almeno, di pari passo con la difficoltà dell’intero DLC: anche giocato a Nefilim non troverete alcun problema a terminare la vostra avventura in maniera lineare e senza complicazioni. In aggiunta l’unico boss che incontrerete nell’arco delle sei missioni a disposizione è facilmente sconfiggibile alle difficoltà più alte: nulla a che vedere, insomma, con il Doppleganger di Vergil sul finale di DmC nei panni di Dante.

L’incartocciarsi della foglia riarsa 

Terminiamo la disamina con un’ulteriore critica riguardante le location: se non bastasse la durata già non eccessiva, ma comunque in linea con un DLC, gli sviluppatori hanno ben pensato di riutilizzare il primo scenario per un secondo passaggio, con ovviamente più poteri e più facilità a disposizione, oltre che il fornire scenari non del tutto ispirati per la restante parte di avventura. A favorire, però, la longevità ci sono i quattro livelli superiori di difficoltà oltre Nephilim e i classici collezionabili che vi aiuteranno a conquistare anche gli obiettivi e i trofei a vostra disposizione. Dalle due ore della prima avventura, quindi, si può facilmente arrivare anche a diversi playthrough che vi porteranno fino a sei o sette ore di gameplay. La scarsa durata, però, può essere un pro per la rigiocabilità, che non vi costringerà a ripetere più e più volte le 20 missioni di Dante per arrivare a giocare la tanto attesa modalità Inferno o Inferno.

Beer Hand

Concludendo, quindi, Vergil’s Downfall si presenta come un DLC dalle buone premesse: la possibilità di giocare nei panni di Vergil, di usare la Yamato, di assistere a un sequel, però, viene subito controbilanciata da un gameplay forse troppo legnoso, poco dinamico come era per il fratello del Nostro, e poco ispirato. Gli stessi approcci ai combattimenti saranno molto simili e per vedere le tanto agognate SSS bisognerà attendere di avere quantomeno il Devil Trigger o qualche potenziamento in più a testimonianza di una scarsa varietà di attacchi e un combat system non del tutto ispirato. Si poteva giocare meglio questa carta, insomma, ma consigliamo il DLC agli appassionati che sentono realmente la necessità di passare qualche altra ora con DmC, con il suo stile, con la sua irriverenza e con la sua imponenza. 

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