Back in Time – Crash Bandicoot: The Wrath of Cortex

Dopo il ritorno dell’anno scorso su PlayStation 4, Crash è appena (ieri) approdato su Switch, Xbox One e PC. Visto che la trilogia originale è ormai tornata alla ribalta con questi remake, Back in Time ha scelto di tornare su The Wrath of Cortex, il primo platform del peramele non sviluppato da Naughty Dog.

Il sottotitolo dovrebbe costituire la premessa narrativa, anche se sarebbe stato più azzeccato “L’Ira di Uka Uka” dal momento che Cortex appare piuttosto rassegnato: nulla ha mai potuto fermare Crash. Il fratello di Aku Aku decide quindi di liberare gli Elementali (i quattro spiriti della natura) col solo scopo di liberarsi del bandicoot, che, ancora una volta, si fionda alla conquista dei soliti 25 cristalli per sconfiggere il male. Le poche cutscene necessarie a dipanare questa elementare trama sono caratterizzate da un doppiaggio bizzarro, in linea con l’episodio precedente e con gli stravaganti individui che popolano il mondo di Crash, e da una cura presso che nulla per quanto riguarda il lip-sync (si parla, ovviamente, del gioco in italiano).

Se la mancanza di novità è irrilevante dal punto di vista della trama, lo stesso non si può dire tuttavia sul fronte del gameplay, in cui l’assenza di idee fresche si fa sentire: la struttura è un calco, realizzato con precisione millimetrica, di Crash 3, che a sua volta era piuttosto simile al predecessore. C’è la solita Warp Room, con mega-schermo di salvataggio/caricamento e l’accesso ai cinque mondi di gioco, i livelli sono sempre 25 + 5 “segreti” e, dopo aver battuto il boss finale (Chi è? Ci siete vicini) ci aspetta la solita raccolta di reliquie del tempo (zaffiro, oro e platino) e gemme: queste ultime si dividono in gemme conquistate per aver distrutto tutte le casse del livello oppure per averne superato una sezione extra, ma nemmeno questa è una trovata inedita.

Ciò che scoraggia maggiormente, però, non è tanto il fatto che si tratti di una copia dell’episodio precedente, quanto che ne costituisca una brutta copia: scenari e musiche, per quanto carini e realizzati discretamente, mancano dell’ispirazione che contraddistingueva gli episodi dell’era 32 bit, contribuendo a rendere The Wrath of Cortex  superfluo, se non inutile o, addirittura, triste.

Al quadro non proprio positivo che si sta delineando bisogna aggiungere la presenza di immani caricamenti (fino a 40 secondi!) che il giocatore deve sorbirsi all’inizio e alla fine di ciascun livello che di solito ha approssimativamente una durata di cinque minuti o poco più. Immaginate ora di essere immersi nella vostra ricerca di tutte le scatole all’interno di uno schema di gioco: arrivate alla fine e ve ne mancano tre disperse chissà dove: cosa fate? Non essendoci la voce “Ricomincia Livello”, ma solo quella di ritorno alla Warp Room, vi tocca aspettare una quarantina di secondi per uscire dal livello e un’altra quarantina di secondi per rientrarci. Per fortuna almeno le prove a tempo possono essere ricominciate senza questa trafila.

Peccato, perché tecnicamente il gioco, senza questo difetto, non sarebbe male: modelli poligonali dettagliati, linee morbide, rovinate solo in parte da un leggero aliasing, e ottimi effetti speciali. Forse si poteva fare qualcosa di più per texture (non dettagliatissime) e animazioni, più fluide ma non così diverse rispetto al passato, però va bene così. Ciò che completa il lato visivo è lo stile, che, come già accennato, non gode della stessa freschezza di quello Naughty Dog, tanto che in alcuni livelli Crash potrebbe sembrarvi un pesce fuor d’acqua.

La giocabilità può essere considerata l’elemento che più di tutti salva The Wrath of Cortex, ma che, allo stesso tempo e in maniera paradossale, lo condanna e lo relega ad appena un gradino sopra la mediocrità. Crash è rimasto identico a se stesso: tasti e mosse sono sempre quelli, il level design è pressoché lo stesso (oppure peggiore). Questo è un punto a favore, dal momento che i precedenti Crash erano ottimi, però ritrovarsi lo stesso gioco a tre anni dall’uscita del terzo episodio non è il massimo della vita. Due aspetti che avrebbero dovuto essere limati sono la precisione dei controlli, discreta ma migliorabile, e le telecamere: renderle rotabili avrebbe giovato in alcune fasi (ad esempio il ritrovamento di tutte le scatole), mentre altre (le prove a tempo) avrebbero proprio necessitato di una regia virtuale più sapiente.

I livelli sono ricolmi di scatole e forse un po’ più lunghi che in passato: questo perché spesso si compongono di una sezione platform classica e di un’altra in cui si manovra un veicolo. I veicoli, appunto, dovrebbero essere nuova linfa vitale per il gameplay, anche se non è corretto parlare di novità, siccome già in Crash 3 si guidavano astronavi, aerei, moto, tigrotti ecc., e anche nei capitoli precedenti c’erano sezioni del genere; tuttavia ora ce ne sono più che mai: aereo, palla (alla maniera di Monkey Ball), sottomarino, jeep, jet pack, monopattino, mech, carretti… Da un punto di vista, questo focus sui veicoli dona varietà al gioco – che resta un platform 3D su binari – ma, allo stesso tempo, rischia di “frammentare” un po’ il gameplay e di non risultare sempre divertente a causa di controlli non sempre all’altezza.

A conti fatti, comunque, non si può dire che l’esperienza non sia sollazzante, specialmente per gli amanti della serie che non si aspettino un capolavoro. La sfida è abbastanza variegata, anche se non bilanciata a regola d’arte, rendendo questione di un paio di pomeriggi scarsi il raggiungimento del boss finale, ma offrendo prove più impegnative (a volte frustranti, ma questo dipende soprattutto dall’abilità del giocatore con i salti) col recupero delle gemme e delle reliquie, facendo sudare quantomeno un po’ il completamento al 106%. La longevità, dunque, si assesta sui livelli classici della serie, intorno alla dozzina di ore, a seconda della percentuale che si vuole raggiungere o del grado di abilità di ciascuno.

The Wrath of Cortex


Crash Bandicoot: The Wrath of Cortex potrebbe piacervi moderatamente oppure disgustarvi, a seconda dell’attitudine con cui ci giocherete: se siete sempre stati fan di Crash e non vedevate l’ora di saltellare allegramente come ai vecchi tempi in un po’ di livelli nuovi sarete abbastanza soddisfatti, anche se non potrete ignorare la pochezza del titolo, soprattutto paragonandolo ai precedenti; se, invece, siete clienti esigenti, questo gioco potrebbe, oltre che sembrarvi assolutamente inutile a causa dell’assenza di novità e della qualità non eccelsa, anche urtarvi i nervi, dal momento che “rovina” una delle serie di riferimento dei platform su PlayStation.

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