Eorzea, our Final Fantasy: The man who saved Final Fantasy

Un potenziale disastro trasformato in trionfo? Nel mondo di Final Fantasy è successo anche questo.

Tanto tempo fa un grande creatore, amato dal suo popolo per aver creato il magnifico mondo di Vana’diel, provò nuovamente a ripetere la sua impresa. Forte del supporto della sua gente, il creatore plasmò una nuova terra fantastica, dandole il nome “Eorzea”. Purtroppo, però, il risultato non è stato quello sperato. Gli abitanti di Eorzea, a differenza di quelli di Vana’diel, erano scontenti e afflitti da interminabili disgrazie. Dopo solo un anno Eorzea era una terra di fuggitivi, tra gente che ritornava a Vana’diel e gente che abbandonava per sempre le fantasie del creatore. Tutto sembrava perduto, quando d’un tratto apparve un’eroe: un uomo sconosciuto, che avrebbe però cambiato per sempre le sorti della terra di Eorzea. Quell’uomo di chiamava Naoki Yoshida.

Questa introduzione, così teatrale e scenica, potrebbe essere lo scenario iniziale per un Final Fantasy, eppure non rappresenta la storia del gioco…o meglio, non la “storia” di cui solitamente si discute. Final Fantasy XIV è contemporaneamente il peggior Final Fantasy mai rilasciato e uno dei migliori giochi del brand, in base alla patch a cui si fa riferimento.  Lanciato sul mercato nel 2010 tra le polemiche e le pessime recensioni, ma in vita nel 2019 con il favore di pubblico e critica; il secondo MMO della serie è una fenice, un gioco che ha avuto un ruolo importante nella storia di Square Enix e che avrebbe potuto portare a un bad ending per l’intera compagnia…come in ogni Final Fantasy però, quando meno te lo aspetti, arriva l’eroe. Ma stavolta non è un cavaliere nero diventato paladino, ma un director con il coraggio di cancellare tutto e ricominciare da zero, portandosi sulle spalle il peso e la responsabilità della sua decisione.

The man who saved Final Fantasy

Tutto ebbe inizio nel 2005, quando Square Enix annunciò un nuovo progetto online, per dare un seguito al successo di Final Fantasy XI Online: Project Rapture.  Dando un’occhiata allo staff al lavoro su Rapture, possiamo vedere come Square Enix puntasse molto non a fare un nuovo MMO, ma a riproporre l’XI con una nuova storia e un nuovo mondo di gioco. Difatti non solo Director, storywriter e producer di Rapture coprivano gli stessi ruoli in Final Fantasy XI, ma inizialmente Rapture era stato pensato come un “Final Fantasy XI-2”, idea poi scartata dato la difficoltà nel realizzare un seguito diretto nel mondo di Vana’diel (specie perchè Final Fantasy XI era ancora in auge, e infatti sarebbe poi stato supportato fino al 2015).

Sotto un punto di vista logico, avere le stesse figure di Final Fantasy XI al lavoro su un sequel spirituale era una buona idea. Tuttavia cominciavano già a vedersi degli screzi nella gestione del progetto, sintomo di una Square Enix che in quegli anni non stava vivendo un’ottima situazione di organizzazione aziendale. La sceneggiatrice venne messa al lavoro sul progetto solo dopo che lo sviluppo era in fase avanzata, portandola a doversi limitare nella gestione degli eventi, adattandosi a cosa gli sviluppatori avevano già programmato. Tuttavia, per quanto la narrativa in un Final Fantasy sia sempre importante, non è questo ciò che ha portato al fallimento Rapture. Il problema alle fondamenta di Rapture era di natura tecnica. Non ci è dato sapere nei dettagli come mai si sia arrivati a questi catastrofici risultati, ma Final Fantasy XIV è stato uno dei peggiori disastri tecnici nella storia dei videogiochi. Qualcosa di paragonabile al più recente Fallout 76.

Il titolo aveva performance tremende e un game design anche peggiore, che giustamente avevano indotto molti giocatori ad abbandonare Final Fantasy XIV prima ancora che ci potesse essere una “redenzione” del titolo. Gli hardcore player venivano puniti per il loro costante farming diminuendo progressivamente l’esperienza guadagnata, non c’era un sistema di mount, il teletrasporto era collegato a una valuta che si ricaricava col tempo richiedendo ore per essere utilizzata… e questi sono solo alcuni dei grandi problemi del titolo. Da un’analisi pragmatica, al tempo dell’1.0 non si salvava nulla nel gioco, al di fuori dell’ottima resa grafica delle cutscenes e della colonna sonora, a cura del leggendario Nobuo Uematsu.

The man who saved Final Fantasy

Square Enix tentò di salvare il salvabile, grazie a un cambio di direzione nel progetto. Il nuovo director, Naoki Yoshida, nome già citato ad inizio articolo, si era già reso celebre grazie al suo lavoro in Dragon Quest X, MMO Square Enix di tutt’altro successo. Era quindi un’ottima guida per la rinascita di Final Fantasy XIV. Difatti il gioco compiva timidi ma evidenti passi in avanti col passare del tempo; vennero introdotte le cavalcature, venne migliorato il sistema di leveling, vennero introdotti i dungeon e molte altre attività che, nel corso di un lungo e durissimo anno, cominciarono a creare una fanbase stabile per il titolo.

Purtroppo, però, Final Fantasy XIV era irrecuperabile. Il danno all’immagine provocato dal disastroso lancio e i problemi alle fondamenta del software ne limitavano il potenziale qualitativo e commerciale. Fu in questo periodo che Yoshida e il CEO Square Enix raggiunsero una conclusione: il gioco era totalmente da rifare. Tuttavia non era possibile abbandonare il progetto per concentrarsi sul futuro, la perdita economica sarebbe stata altissima e sarebbe arrivato in un periodo negativo della storia di Square Enix. Iniziò quindi un progetto rischioso, ma affascinante: il supporto a Final Fantasy XIV sarebbe continuato, ma in contemporanea il gruppo avrebbe sviluppato il seguito, finanziandosi con gli abbonamenti del gioco.

Un’impresa titanica aspettava il team di Naoki Yoshida. Nonostante ciò, il risultato è stato inaspettatamente positivo, non solo per Final Fantasy 2.0, ma anche per l’originale titolo, arrivato e chiuso alla patch 1.23B. Il gioco infatti non  venne chiuso normalmente, con lo spegnimento dei server preannunciato, ma integrò il suo fallimento nella narrativa e nel gameplay nei mesi prima della chiusura. Nella patch 1.20 i giocatori cominciarono a vedere il lontananza una stella rossa, la quale pian piano cominciò ad avvicinarsi di patch in patch. Assieme ad essa, cominciarono una serie di eventi unici in un titolo del genere, che sono riusciti a far passare un gioco oggettivamente disastroso alla storia per una delle scene più belle mai viste nel panorama videoludico.

Loggando i giocatori potevano triggerare una cutscene nella quale si vedevano i cadaveri di tutti gli npc, che sparivano, fino a quando un cavaliere imperiale arrivava dal giocatore, uccidendolo. Il personaggio del giocatore si sarebbe svegliato poco dopo, scoprendo di star sognando… ma il sollievo durava poco. Uscendo dalla locanda, le OST del gioco non partivano, ma erano rimpiazzate da un remix molto inquietante di Answer, il tema principale del gioco, mentre quella stella rossa si avvicinava sempre di più. Quella stella si chiama Dalamud, e con l’arrivo della patch 1.23 è arrivata talmente vicino al mondo di gioco da mostrare di non essere un normale astro. Guardandola con attenzione si potevano distinguere delle parti meccaniche, sotterrate nel fuoco che circondava questa enorme minaccia.

Nella patch 1.23A venne reso disponibile l’ultimo boss del gioco, il quale era il fantoccio di Dalamud, che ne stava causando l’avvicinamento. Si scoprì così che Dalamud era stata utilizzata dall’impero per portare la distruzione su Eorzea, ma nessuno sapeva esattamente cosa fosse, o cosa avrebbe fatto. Sia all’interno della storia del gioco, sia nei forum non ufficiali di Final Fantasy XIV (dato che il gioco non aveva forum ufficiali) si pensava si sarebbe schiantata sulle terre di Eorzea per poi aprire la strada al seguito, dal nome ancora sconosciuto. Tuttavia, si venne a scoprire attraverso il boss che Dalamud aveva una volontà propria, e anche dopo aver sconfitto il suo fantoccio i giocatori rimanevano all’oscuro del loro destino. A enfatizzare ulteriormente lo scenario di calamità ci furono anche delle nuove aggiunte al mondo di gioco: i cristalli del teletrasporto vennero attaccati da dei mostri potentissimi, gli Atomos, che ne assorbivano l’etere, e dovevano essere periodicamente sconfitti. Una delle città principali, Ul’dah, venne costantemente invasa da mostri di livello altissimo, portando i giocatori a formare veri e propri cordoni di sicurezza intorno alla città per proteggerla.

The man who saved Final Fantasy

La community di Final Fantasy XIV stava passando un momento magico, una di quelle cose che si può descrivere solo dicendo “Bisognava esserci per capire”. Nonostante il titolo mantenesse i problemi di performance e di server crash, dovuti anche all’abolizione dell’abbonamento nelle ultime due settimane di vita del gioco, Naoki Yoshida e il suo team sono riusciti a creare qualcosa di veramente speciale.

E poi, arrivò il giorno. Final Fantasy XIV 2.0 era ormai già stato ufficializzato con il nome “A Realm Reborn” e per la 1.0 ormai era giunta l’ora. Così Dalamud venne ulteriormente avvicinata, tanto che non era più possibile distinguere giorno e notte, fino alla chiusura ufficiale dei server. Il tutto fatto coincidere con una delle più grandi emozioni mai vissute da un giocatore: con la chiusura del server non venne mostrato subito l’errore di connessione, ma invece partì una cutscene che mostrava la vera natura di Dalamud. Le parole arrivano fino a un certo punto, e noi non ne abbiamo abbastanza per descrivere la magnificenza di quella cutscene. Preferiamo far parlare il gioco, e la magnifica colonna sonora di Uematsu, al posto nostro.

Un disastro tramutato in un’esperienza unica. Anche prima del rilascio di A Realm Reborn, Yoshida aveva già compiuto gesta eroiche col progetto Final Fantasy XIV. Eppure questo era solo l’inizio. L’anno successivo arrivò la versione 2.0 del titolo, e il team di Naoki Yoshida si consacrò nel mondo dei videogiochi con la sua più grande impresa. A Realm Reborn venne accolto con universale consenso di giocatori e critici, portando con sé un gameplay ottimo e una storia fenomenale. Da questo punto in poi potremmo parlarvi di tante cose, delle fenomenali colonne sonore di Soken, diventato ad oggi uno dei nostri compositori preferiti, dall’acuto game design di dungeon e boss fight fino alla potenza narrativa del raid “The Coil of Bahamut”, che approfondisce e chiude la storyline del titolo originale… ma questi sono argomenti per un altro giorno.

Perché questa prima puntata di “Eorzea – Our Fantasy ” serve come base per le successive, perchè non tutti hanno potuto vivere cosa questo progetto ha dato al mondo dei videogiochi. Una storia che inizia con uno dei peggiori titoli mai creati, e finisce con quello che è, in tanti elementi, il miglior Final Fantasy moderno. Un racconto di una tragedia trasformata in trionfo da una serie di persone coraggiose e competenti, guidate dall’uomo che è diventato il salvatore di Final Fantasy. Questa, amici, è la storia che abbiamo deciso di raccontarvi nel primo episodio di Eorzea, Our Fantasy – The Man Who saved Final Fantasy.

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