Uematsu e la musica videoludica, ispirarsi al cinema è un male?

Nobuo Uematsu si è detto preoccupato per l'influenza cinematografico sulla musica videoludica, discutiamone

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Nobuo Uematsu ha fatto notizia, un paio di settimane orsono, per motivi differenti da quelli a cui ci ha abituato. Non ha ottenuto l’ennesima eccellenza nella musica videoludica ma si è invece espresso, preoccupato, sul futuro della forma d’arte a cui ha dedicato la vita.

In un’intervista con NewsPicks il leggendario compositore ha ripercorso la sua esperienza, finendo su una nota piuttosto amara. Al netto della tecnologia attuale, teme che la musica videoludica possa appiattirsi cercando di seguire le colonne sonore cinematografiche.

La musica videoludica non può evolversi finché cerca di inseguire il cinema, Nobuo Uematsu espone le sue preoccupazioni

Introdotto l’argomento dell’editoriale, riavvolgiamo un attimo il nastro. Come ho accennato, Uematsu è arrivato ad esprimere la sua opinione con una breve storia sullo sviluppo tecnologico del videogioco.

Ai tempi delle console a 16 e 32 bit, Nobuo Uematsu si è ritrovato a dover comporre in un’ambiente pregno di limitazioni. Solitamente si tende a interpretare un limite come qualcosa di puramente negativo, tuttavia dove alcuni vedono un ostacolo, altri scorgono opportunità.

La tecnologia basilare delle prime console costrinse i compositori videoludici fuori da una “comfort zone” data dal suono cristallino delle orchestre. Per mettersi in mostra nel mercato del videogioco, serviva concentrarsi sulle melodie piuttosto che sulla qualità dell’audio.

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Uematsu parla di questo periodo come uno in cui fu costretto ad essere più creativo di quanto non avrebbe immaginato. Grazie a tale creatività possiamo godere di capolavori della musica  come Dancing Mad e il Theme of Love (il quale diede i primi riconoscimenti di spessore a quello che poi sarebbe diventato una leggenda del settore).

Con l’evoluzione delle console e l’arrivo della Playstation 1, la situazione è migliorata. Tuttavia Uematsu ritiene che il vero sblocco delle potenzialità musicali su console è arrivato con la Playstation 2, momento in cui, a detta sua, “potevamo fare praticamente quello che volevamo”.

Luci e ombre di un potenziale pressoché infinito.

Dalla Playstation 2 in poi entriamo in un’era molto interessante per la musica videoludica. La rimozione di pressoché ogni limite diede vita ad un periodo d’oro per quest’arte, cosa che Nobuo Uematsu non si dimentica di citare nel suo ragionamento.

Grazie all’assenza di limiti, il compositore poté dar sfoggio di tutto il suo talento puntando una varietà impensabile nel periodo 16 e 32 bit. I generi musicali applicabili al videogioco sono stati ampliati e la qualità del sonoro è arrivata all’eccelso.

Se volete un esempio perfetto del fenomeno di cui sto parlando, basta seguire le parole del compositore di Final Fantasy ed ascoltare la colonna sonora del decimo capitolo. Dal Metal al Jazz, passando anche per il classico (ma mai così cristallino) suono del pianoforte di To Zanankard.

La rivoluzione tecnologica ha portato Uematsu, come altri compositori della sua generazione quali Yoko Shimomura e Yasunori Mitsuda ad esprimere il loro immenso talento meglio di quanto non avessero mai fatto.

Il ragionamento di Uematsu passa dalla Playstation 2 al giorno d’oggi, senza altri fasi. Il compositore imputa alla rivoluzione della Playstation 2, all’assenza di limiti, un appiattimento della sperimentazione nella composizione della musica videoludica.

Leggendo le sue parole, mi son trovato affascinato…però nella mia testa manca un pezzo. Uematsu parla esplicitamente del fatto che la musica videoludica non deve cercare di copiare quella cinematografica, tuttavia l’unica connessione che crea tra le due è quella tecnologica.

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Il Cinema e il complesso d’inferiorità del videogioco.

Attualmente le console e i pc sono capolavori tecnologici, la qualità audio è cristallina e ciò ha rimosso vecchi ostacoli. A questo punto è fisiologico che alcuni compositori tendano a “adagiarsi” sulla qualità di una colonna sonora orchestrale.

Ma esattamente cosa centra il cinema? Non metto in dubbio che l’influenza cinematografica sia notevole nelle colonne sonore videoludiche, né metto in dubbio l’opinione di Uematsu (che non solo rispetto, in quanto proveniente da una fonte più che autorevole, ma condivido anche) ma non penso che sia solo la rivoluzione tecnologica ad aver spinto il videogioco in questa direzione.

I blockbuster videoludici mainstream dimostrano un complesso d’inferiorità che il videogioco sembra avere verso il cinema. I “movie game” come spesso definiti su internet hanno praticamente monopolizzato il campo Tripla A degli ultimi quindic’anni.

Questi giochi, oltre all’adottare un linguaggio narrativo più simile al cinema (o alle serie TV) si trovano ovviamente ad avere colonne sonore a loro volta molto vicine a quelle del cinema di massa.

Con l’enorme successo commerciale di titoli che tentano di essere film, tra tutti i prodotti offerti dai First Party Sony come The Last of Us e God of War 2018, è normale che anche il comparto musicale si adatti alla filosofia del cercare di avvicinarsi al cinema.

Tuttavia, The Last of Us, God of War, Uncharted e molti altri titoli dal linguaggio narrativo cinematografico sono ben lontani da essere titoli brutti. Anzi, sono tra i giochi migliori mai prodotti. Allora perchè è un problema che le loro colonne sonore siano, come il resto dell’esperienza, composte con una filosofia cinematografica?

Il potenziale differente del videogioco

Tutto dipende dal protagonismo della musica in due medium estremamente diversi. In generale, la musica in un film funge da sottofondo, accompagnamento “perfetto” di scene pre-registrate.

Molti dei migliori compositori cinematografici di sempre hanno dato vita a opere d’arte pensate per “sparire” dietro ad una pellicola. Non dico questo come se fosse una cosa negativa, la musica dei film è essenziale e basta guardare il capolavoro del 2023 Povere Creature per un esempio della sua importanza. 

Tuttavia l’accompagnamento musicale, nel videogioco, può essere molto di più. Dopotutto la forza del videogioco è l’interazione, la narrazione in un gioco è al suo picco quando è comunicata senza l’utilizzo di un video ma tramite il giocato.

Non è un caso che le singole canzoni più iconiche della storia del videogioco siano associate a delle sezioni di gameplay, piuttosto che a dei video. Il connubio tra estetica, gameplay e musica ha un potenziale narrativo enorme ma soprattutto può dare quest’ultima un ruolo più protagonistico rispetto al cinema.

Il monito di Uematsu è importante proprio perchè, se perdiamo di vista il ruolo da protagonista che può avere la musica nei videogioco, perdiamo parte di ciò che rende il medium speciale

C’è davvero una stagnazione?

Voglio concludere questo breve saggio sulla musica nel videogioco con un tocco di positività. Se da una parte condivido, come già detto, l’opinione di Uematsu, dall’altra sono positivo sul futuro della musica videoludica. 

Il discorso dell’ex-compositore Square Enix è infatti valido…ma principalmente per i titoli tripla A e dal mercato mainstream. Certo, è un peccato che God of War 2018 si sia limitato a dare risalto alla propria musica in pochi (e rari) spazi, ma ciò non implica che questa sia la filosofia che tutti gli artisti stan seguendo.

Come spesso sostengo, la rivoluzione artistica nel videogioco nasce alle fronde del medium. Nel mercato indipendente, o anche solo quello doppia A, si può notare la nascita e crescita di una nuova generazione di compositori fenomenali.

Da Lena Raine e il suo eccezionale lavoro su Celeste e Chicory, a Hakita e la colonna sonora unica e sperimentale di Ultrakill, non vedo un vero pericolo di stagnazione della musica videoludica, se non nel campo tripla A, dove la stagnazione è già evidente da un decennio.

Affiancando questi nuovi artisti a pilastri ancora attivi come Masayoshi Soken, Keiichi Okabe e persino lo stesso Uematsu (per quanto non componga più ost complete) penso che il videogioco sia ancora campo fertile per la musica.

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