La Top 50 definitiva dei film di Natale

Il Natale cinematografico dal punto di vista di un millennial italiano

10) Edward Mani di Forbice

edward mani di forbice

Qui siamo nel campo di Die Hard, per un film che non necessariamente viene catalogato da tutti come natalizio ma che alla fine lo è senza dubbio, essendo ambientato almeno nella sua parte più importante a Natale e trattando tematiche come quelle dell’amore e della famiglia. Alla sua maniera però. Forse il vero capolavoro di Tim Burton, Edward Mani di Forbice è senza molti dubbi uno dei film più iconici della storia del cinema: anche chi tra di voi non lo avesse mai visto non può non riconoscere la figura di un triste Johnny Depp con le forbici al posto delle mani, il trucco bianco e il vestito di pelle.

La storia è triste e allegra, leggera e veramente pesante: quasi inutile spiegarla ma per chi avesse vissuto sulla Luna fino ad oggi, parla di un “ragazzo” abbandonato dal proprio “padre” in un castello austero, costretto a vivere da solo e con il proprio dramma, ovvero l’avere delle affilate forbici al posto delle mani. Una gentile venditrice porta a porta si impietosisce di lui e lo porta a casa propria, provando a insegnargli a vivere con le persone “normali”. Edward è un’anima dolce ma ingenua e proprio quel suo non essere preparato al mondo che lo circonda – sebbene quello edulcorato della cittadina dove finisce a ritrovarsi – porrà le fondamenta di una storia adorabile ma anche tanto, tanto triste.

Edward mani di Forbice è pieno di scene geniali come quella del materasso a acqua, la cena, la toeletta per cani e tante tante altre che fanno da contorno a quella che in fondo è una storia d’amore, quella tra Edward e Kim, quella Winona Ryder bionda (tra l’altro lei avrebbe i capelli chiari ma si è sempre tinta più scura dopo i suoi primi film) della quale mezzo mondo si sarebbe innamorato dopo questo film. Non ci sono grandi stelle nel cast di supporto, a parte un po’ il “dispiacere” nel vedere l’Anthony Michael Hall così un mito in tanti film anni ’80 nella parte del fidanzato insopportabile di Kim, ma questo non vuol dire che le storie dei concittadini di Edward non siano meritevoli di attenzioni, così come l’incredibile lavoro artistico del film, quello studio dei colori squisito, quei pastelli forti del villaggio che si oppongono al bianco e nero di Edward e del suo castello. Tradizione Burton dovrei dire. Il tutto è completato, perfezionato dai trucchi e costumi di Stan Winston, forse il più grande genio mai esistito nel suo campo, all’opera in robetta come Jurassic Park e Alien, e la colonna sonora di Danny Elfman, che avrebbe lavorato con successo con Burton anche due anni dopo in un altro classico natalizio: The Nightmare Before Christmas.

Edward Mani di Forbice è un vero sogno su pellicola, una storia che fa del suo terzo atto ambientato a Natale la sua parte forte, e vede il dolce Edward portare lo scompiglio – allegoricamente rappresentato dalla neve che crea dal ghiaccio – in quella che altrimenti sarebbe una perbenista e noiosa cittadina degli USA centrali dove brilla sempre il sole e le pettegole del quartiere si inventano drammi e problemi per condire le loro spente vite. È Edward che però insegnerà a tutti una lezione importante sull’accettare i diversi che ancora oggi a 32 anni dalla sua uscita nei cinema suona estremamente attuale.

9) Una promessa è una promessa

Una promessa è una promessa

Un film che ho recuperato recentemente ma del quale ne ho amato ogni singolo momento del suo essere una vera e propria TRASHATA NATALIZIA. Ma nel senso buono del termine. Devo dire che, a parte capire perché i critici dell’epoca la odiarono, mi ha fatto ridere tantissimo e fatto vedere il Natale da un lato completamente diverso. Un inno/condanna al capitalismo sfrenato fatto film, Jingle All The Way (Una promessa è una promessa in italiano) è diventato un classico di Natale negli anni, con una marea di piccoli millennials che se lo saranno bevuto come latte al cioccolato quando uscì nel 1996 e oggi lo ricordano con piacere.
Certamente non è un film da prendere sul serio, perché lui stesso non si prende sul serio. Arnold Schwarzenegger al top della sua forma e prima della carriera politica interpreta un padre di famiglia come da tradizione distratto dal lavoro, che cerca di comprare all’ultimo momento il gioco più ambito del Natale al figlioletto: una action figure di Turboman, introvabile da mesi.

La storia è ai limiti del ridicolo, con Schwarzy che in qualche modo vuole farci credere di essere un semplice dirigente americano con il suo fisico allucinante e l’accento tedesco, intento a saltellare da improbabile situazione all’altra per cercare la statuetta. Fenomenale la scena dove sgomina una banda di Babbi Natale criminali guidata da James Belushi. A fare la fortuna del film è anche il cast di supporto, dal figlio interpretato dall’attore che fu il piccolo Anakin de La Minaccia Fantasma (Jake Lloyd, finito davvero malissimo poverino dopo le minacce ricevute a seguito della sua interpretazione, tra carcere e schizofrenia), al Phil Hartman dei Simpsons (buon’anima) da Oscar nel ruolo del vicino arrapato che ci prova con la moglie del protagonista; senza ovviamente dimenticare Sinbad come il pazzo postino anche lui in cerca di Turboman.

Alcune battute e situazioni scadono un po’ nel ridicolo, ma i colori e il mood generale del film sono le sue carte vincenti. Davvero, recuperatelo se non l’avete mai visto: a parte un finale un po’ “strano”, Una promessa è una promessa vale sicuramente una visione ogni Natale, anche grazie al suo setting da seconda metà degli anni ’90 che mi fa impazzire, dai vestiti alle scatole dei giocattoli all’arredamento delle case.

8) Il canto di Natale di Topolino

il canto di Natale di Topolino

Terzo appuntamento con la storia di Dickens in classifica, senza dubbio il mio preferito, ovvero il “Canto di Natale di Topolino”, un classico di Natale in casa mia, una breve storia che potete riguardarvi tranquillamente grazie a Disney+ (in verità trovate tutti e 3 i film su A Christmas Carol sulla santa piattaforma della casa di Burbank), uscito nel 1983.

Penso che sia difficile trovare una versione così perfetta, toccante e allo stesso tempo così positiva di questa storia, grazie all’espressività e genialità dei personaggi che la interpretano, i cui archetipi si adattano in maniera perfetta alla storia. Paperone è ovviamente il tirchio Scrooge, Topolino (al suo primo cortometraggio animato in da 30 anni a quella parte!) il povero impiegato con una famiglia di topetti da mantenere che non riesce a ribellarsi al suo tiranno e Paperino il buon parente di Scrooge che prova a recuperare un rapporto con lui.

Vi sfido a non piangere quando Scrooge si troverà davanti al fato del piccolo Tim nel Natale futuro. Il tutto è reso poi indimenticabile dal sagace doppiaggio italiano, una vera e propria pietra miliare Disney.

7) Gremlins

Gremlins

Prima regola: mai esporlo alla luce forte, che lo irrita, e soprattutto quella del sole, che lo ucciderebbe; Seconda regola: mai bagnarlo né dargli acqua da bere; Terza regola: mai nutrirlo dopo la mezzanotte.

Le regole per allevare i Mogwai sono entrate di diritto nella pop-culture dal 1984, quando Gremlins uscì nelle sale con la sua carica di dark humor, peli e quella inesauribile quantità di robe viscide che affollavano i film d’azione di quei tempi. Devo dire che il film che non è certo natalizio per definizione, pensando soprattutto alle tematiche trattate e al genere, ma si ambienta proprio a Natale a Kingston Falls, città dello stato di NY che se sembra familiare a chi mastica film di quell’epoca è normale: lo stesso set è stato usato per ricreare la Hill Valley di Ritorno al Futuro.

Ma qual è la storia? Un padre di famiglia un po’ ingenuotto acquista in un misterioso negozio cinese (che fa tanto Needful Things di Stephen King) un cucciolo di una specie mai vista prima. Il piccolo Mogwai è tenero e indifeso e sarà un regalo perfetto per il figlio adolescente, che in effetti sì, pensa inizialmente più a questo batuffolo o al suo pestifero cane che alle chiare avances della collega decisamente avvenente. Mah. Un Mogwai (chiamato Gizmo) pare un regalo assolutamente inoffensivo, ma ci sono quelle regoline citate all’inizio da ricordare e delle conseguenze davvero spiacevoli se per caso qualcosa dovesse andare storto…
Solitamente in questi film le cose che apprezzo di più sono le sequenze iniziali, quando si vengono a conoscere i personaggi, i luoghi e l’incipit positivo di una storia che prevedibilmente si svilupperà in una direzione più avventurosa/problematica. E Gremlins è un ottimo esempio di tutto ciò: anche grazie all’ambientazione natalizia che più natalizia non si può, la prima mezz’ora del film, ossia prima che i Gremlins inizino poi a portare ironica distruzione in giro, è senza dubbio la mia preferita e una delle migliori di tutti i film per ragazzi dei mitici ‘80s.

C’è tanto da amare in Gremlins: le invenzioni plasticose del padre del protagonista, con quei macchinari/robot dal design geniale che tanto solleticavano la fantasia dei ragazzi, l’adorabilità di Mogwai e la frangetta di quella Phoebe Cates fidanzatina d’America di quegli anni (soprattutto dopo QUELLA SCENA in Fast Times at Ridgemont High entrata nella leggenda). Senza dimenticare la cameretta del protagonista che almeno io invidiavo tantissimo e la scena dove i gremlins cantano la canzone dei nani di Biancaneve, ancora fenomenale.

In Gremlins si possono trovare due anime che convivono in armonia: da una parte una delle rappresentazioni più deliziose della vita di tutti i giorni di una città di provincia americana e del Natale imminente, dall’altra una seconda parte di film che in effetti è catalogabile come horror e sono sicuro che abbia spaventato numerosi bambini ai tempi. Eravate tra questi?

Curiosità: anche se il film è alla fine innocuo ed è una commedia prima che un horror, alcune scene sono state considerate all’epoca fin troppo violente. Per questo fu il primo film vietato ai minori di 13 anni (prima si poteva solo ai <18), coniando il rating PG-13 che rimane usato ancora oggi negli US.

6) The Nightmare before Christmas

the nightmare before christmas

Siamo ormai vicini al top e iniziano i pezzi grossi: nessuna lista di film natalizi può essere completa senza The Nightmare Before Christmas, il capolavoro (?) di Tim Burton (non è lui il regista come molti di voi crederanno, attenzione!) del 1993 che ha aiutato una generazione di emo a vestirsi e sentirsi cool sotto le feste.
Ve lo dico subito: NON sono mai stato un fan pazzesco di questo film durante la mia infanzia, nonostante lo abbia visto innumerevoli volte. Le ragioni principali di questa semi-idiosincrasia sono due: la prima è perché – lo so, sono una bestia di Satana – non amo i film in stop motion, è proprio visivamente qualcosa che non mi conquista, e la seconda è che nella mia visione del Natale questo film era forse troppo mezzo spaventoso per il me bambino per garantirsi un posto tra i miei preferiti, che solitamente erano storie sdolcinate sulla forza della stagione delle feste.

Tuttavia, negli anni ho iniziato un po’ a cambiare idea. The Nightmare Before Christmas è senza tempo, è entrato di diritto nella pop culture con un posto di primissimo piano e ormai è una tradizione del Natale. I suoi personaggi goffi ma iconici, le sue canzoni (oddio Renato Zero, ma anche Danny Elfman chiaramente ci mette del suo) sono un qualcosa che non invecchia mai (se mi dite che non avete mai cantato “Cos’è?” sollevando oggetti in giro per la casa con fare investigativo non vi credo) e in generale qualsiasi oggetto che ne porti il logo, lo stile o i colori si riconosce subito. Senza dimenticare i livelli in Kingdom Hearts con Sora, Pippo e Paperino vestiti da Halloween e la musichetta in midi che si ripete all’infinito.

Devo dire che secondo me si tratta di un film che è più importante esteticamente e musicalmente che proprio per quello che offre da un punto di vista propriamente cinematografico. Oserei dire che la legacy di Jack Skeletron/Skellington sia stata più rilevante in termini di merchandise e artisticamente che proprio per quanto riguarda quello che succede nel film. Alla mia visione di quest’anno infatti mi sono stupito di quanto bene mi ricordassi alcune scene ma come mi fossi dimenticato quasi completamente di altre e che ci fossero davvero dei momenti di down nella narrazione! Per esempio, ho sempre sottovalutato la canzone Making Christmas (Far Natale), che invece ho trovato questa volta davvero potente, così come tutta la sua sequenza animata di giocattoli oscuri costruiti dagli abitanti della città di Halloween.

Rivedendolo da “grande”, devo dire che l’estetica che mi inquietava/non piaceva da piccolo ora la trovo sicuramente più godibile e non ho perso l’occasione di scaldare l’ugola quando Jack visita per la prima volta la città di Natale. E riuscite davvero a biasimarmi?

5) Trappola di Cristallo

Trappola di Cristallo

Non poteva non esserci, comunque la pensiate. È ormai diventata un tormentone la discussione online sul fatto se si possa considerare un vero film di Natale o no, ma fuori dal nostro paese non c’è il minimo dubbio: Die Hard è una delle pellicole più iconiche da guardare sotto le feste. Oltre ad essere un film d’azione di altissimo livello, sia chiaro. Perché è bello pensare che tra la magia, le commedie, le renne e i regali anche terrorismo internazionale, sparatorie, battute caciarone e morte possano identificarsi nel Natale, un po’ per scherzo e un po’ perché ci crediamo veramente.

Il film del 1988 conosciuto come Trappola di Cristallo in Italia vede un palazzo di LA, il Nakatomi Plaza (nome inventato, ma l’edificio esiste davvero) diventare il teatro di un colpo di terrorismo internazionale, con un gruppo di terroristi guidato da tale Hans Gruber (primo ruolo in un film per il compianto Alan Rickman) che occupa gli uffici di una multinazionale per rubare una discreta sommetta assieme ai suoi compari teutonici (una cosa che fa riderissimo e probabilmente non sapete è che quando Rickman parla in tedesco non sta parlando un tedesco corretto, così come la maggior parte degli altri attori). Un piano apparentemente perfetto, con la tranquillità delle feste che isola il palazzo e i suoi uffici dal mondo esterno, ma i cattivoni non avevano fatto i conti con John MacClane, il poliziotto che casualmente si trova nell’edificio a un party di fine anno per incontrare sua moglie.

MacClane è chiaramente il personaggio leggendario interpretato da Bruce Willis, in un film che ne ha lanciato la carriera. Curioso pensare come Willis all’epoca fosse conosciuto come un attore comico, tanto che prima di lui per Die Hard furono considerati Sylvester Stallone, Harrison Ford, Robert De Niro, Charles Bronson, Nick Nolte, Mel Gibson, Richard Gere, Don Johnson, Burt Reynolds, e Richard Dean Anderson. Sì, persino MacGyver. Tutti però rifiutarono e oggi Brucey è considerato uno degli attori di film d’azione più di successo di tutti i tempi, e tutto iniziò da Trappola di Cristallo. Oltre a una performance geniale, alla sua improvvisazione dobbiamo inoltre la celebre frase “Yippee-ki-yay, motherf*cker!”

Ma perché Die Hard è considerato film natalizio, chiederete voi? Beh, le vicende si svolgono proprio alla Vigilia di Natale, con addobbi, musiche e riferimenti al 25 dicembre che si sprecano durante il film. Il regista John McTiernan, tra l’altro, ha dichiarato recentemente come il film si sia ispirato al classico natalizio del 1946 “La vita è meravigliosa”, togliendoci qualsiasi dubbio. Die Hard – Trappola di Cristallo non può mancare in nessuna lista natalizia ed è anche un tosto film d’azione con scene mozzafiato, un eroe certo coraggioso ma in fondo come tutti noi (andando a contrastare l’idea dell’epoca degli action hero senza macchia e pompatissimi stile Rambo e Schwarzenegger) e un villain entrato nella storia. Il tutto immersi nella magia del Natale.

4) Mamma ho riperso l’aereo: mi sono smarrito a New York

mamma ho riperso l'aereo

Partiamo prima dal sequel. Perché ci arriveremo al film originale, non vi preoccupate, ma si merita un posto ancora più in alto. È arrivato il turno di Mamma ho riperso l’Aereo: Mi sono Smarrito a New York (Home Alone 2: Lost in New York). E sì, è quello dove Kevin incontra Trump (che si impose per avere una mini-parte nel film), anche se non è certo questa la ragione per la quale me ne ricordo ogni inquadratura. Dal primo sguardo alla casa dei McCallister addobbata nella prima scena mi sono sentito sul divano della mia vecchia casa a 10 anni a mangiare biscotti la Vigilia aspettando la mattina dopo per aprire i regali. È questa la magia di Chris Columbus, John Hughes e di quella colonna sonora senza tempo del maestro dei maestri John Williams.

Ma qual è la scusa di questo sequel? Incredibilmente, dopo le vicende del primo episodio, i genitori di Kevin non sono in galera, lui non è in affidamento a una famiglia migliore e Fuller continua a bere coca-cola a dirotto. E continuano anche a non mettere una seconda sveglia prima di partire – questa volta per un Natale al solleone in Florida – seppure siano in 25 in una singola casa. Così per la seconda volta consecutiva la famiglia si sveglia tardi e nel bailamme generale la sorpresa: NON si dimenticano di Kevin, che arriva sano e salvo all’aeroporto. La tragedia succede lì, in quanto il povero bimbo non troppo sveglio nella corsa per arrivare al gate perde di vista suo padre e finisce per seguire uno sconosciuto su un volo diretto a… NEW YORK.

Kevin quindi si ritrova di nuovo senza famiglia, la quale resta bloccata in Florida per maltempo e decide di sfruttare la situazione, usando la carta di credito del padre per godersi un hotel di lusso a Manhattan e girare per la città strisciando e vivendo la vita di un pascià. Le peripezie però saranno chiaramente dietro l’angolo, dall’impiccione personale dell’albergo (con un Tim Curry al solito geniale) fino al ritorno dei due ladri del primo episodio. Home Alone 2 è per me un po’ come The Lost World è stato per Jurassic Park: un ottimo sequel, con una nuova location, alcuni nuovi personaggi e certo pochissima della carica innovativa dell’originale, però con le stesse emozioni.

Nonostante sia quasi una copia carbone in una nuova location del primo, ha davvero un posto speciale nel mio cuore, cosa che penso valga anche per moltissimi di voi, che avranno sempre sognato di trovarsi in quel magnifico negozio di giocattoli a Natale mentre Jingle Bells Rock risuona allegramente nelle cuffie del vostro walkman. Curiosità finale: nel film viene usato un registratore vocale, che Kevin utilizza in diverse situazioni, modificando la sua voce per farla sembrare quella del padre ad esempio. Per accompagnare l’uscita del film nelle sale, Tiger Electronics seguendo le istruzioni di Hughes e Columbus preparò una versione di questo Talkboy che andò a ruba quel Natale, vendendo milioni di pezzi. Ora ovviamente ne voglio uno.

3) Una poltrona per due

Una poltrona per due

OK, ora siamo nell’Endgame. Ultimi 3 film, i miei preferiti e più importanti, quelli che per me vogliono dire Natale senza dubbio alcuno. Siete pronti? Partiamo da un film che ormai è sinonimo di Natale in Italia, per ragioni e meccaniche talmente strane che all’estero ci scrivono pure articoli su questa cosa. In fondo sì, è un film ambientato a Natale e si tratta anche di un bel film, ma non c’è vera ragione perché quest’anno siano 25 anni di fila che venga trasmesso su Italia 1 la sera della Vigilia. O forse la ragione c’è: è l’unico film di Natale (eccetto i cinepanettoni) della mia lista dove ci sono scene di nudo (e in più occasioni!). Sto parlando chiaramente di Trading Places (Una Poltrona per Due), la geniale commedia diretta dal fenomenale John Landis (Animal House, Blues Brothers) e uscita nel 1983, con protagonisti manco a dirvelo Dan Aykroyd e Eddie Murphy.

Philadelphia, anni ’80, sono i giorni che precedono il Natale. Louis Winthorpe III, un astro nascente della finanza e dell’alta società, e Billy Ray Valentine, uno che si finge cieco per raggranellare qualche spicciolo per strada, hanno davvero poco in comune. Quello che non sanno è che a causa di una scommessa crudele tra due vecchi volponi si troveranno a scambiarsi le loro vite in pratica nel giro di pochissime ore. A Billy verrà così data l’opportunità di dirigere una compagnia di trading, una limousine e una casa lussuosa, mentre Louis si troverà senza fidanzata, impiego e soldi e costretto a seguire una sconosciuta che fa il “lavoro più vecchio del mondo” in giro per i bassifondi.

Le vite di Louis e Billy quindi si intrecceranno tra disavventure, battute e il setting natalizio per un film che sicuramente ha dei sentimenti importanti e raggiunge anche vette di notevole tristezza, dimostrando la stupidità dei preconcetti razziali e differenze di ceto della nostra società, ancora molto attuale al giorno d’oggi.
Ci sono tantissimi momenti memorabili, ma impossibile dimenticare la scena nella quale Aykroyd vestito da Babbo Natale morde un filetto di salmone rubato a una festa sull’autobus attraverso la sua barba finta, pochi secondi prima che un cane gli pisci su una gamba e inizi a piovere copiosamente. Il cinema di Landis riassunto in trenta secondi di pellicola.

Una Poltrona per Due, oltre a lanciare la carriera di Eddie Murphy, vede un giovanissimo Giancarlo Esposito fare la comparsa in una scena in prigione, lo sapevate?
Ulteriore testamento all’impatto di questo film sulle nostre vite è il fatto poco conosciuto di come la commissione che regolamenta lo scambio dei Futures in America abbia creato una nuova regola, chiamata “Eddie Murphy Rule” nel 2010 per impedire l’insider trading visto nel film, nel finale ambientato tristemente al World Trade Center. Pensate che la rappresentazione di quello che succede nel mercato dei futures è talmente fedele e spiegata bene che questa scena me l’hanno persino mostrata una volta a lezione all’università.

Trading Places è talmente sinonimo di Natale che sebbene lo abbia già rivisto per l’ennesima volta per questo articolo, il 24 sera farò molta fatica a non sintonizzarmi sul 6 per questa tradizione natalizia non necessariamente così sensata ma davvero tanto, tanto sentita.

2) Love Actually

Love Actually

I feel it in my fingers
I feel it in my toes
Christmas is all around me
And so the feeling grows

Da quando ho visto per la prima volta quello che è diventato negli anni il mio secondo film di Natale preferito, non sono più riuscito a non cantare la canzone dei The Troggs con le parole originali, bensì sempre e comunque con quelle di Bill Mack, la rockstar appassita del film che prova a fare i miliardi a Natale con questa cover improbabile. È solo una delle miriadi di storie contenute in un film che urla Natale, urla buoni sentimenti, urla amore e urla la Londra sotto le feste che, credetemi visto che ne so qualcosa, può essere davvero una città magica. Scritto e diretto dal maestro delle commedie romantiche britannico Richard Curtis (Il diario di Bridget Jones, 4 matrimoni e un funerale, Notting Hill e Yesterday), Love Actually e il suo cast da paura sono una tradizione a cui a Natale non riesco proprio a fare a meno.

Da chi cominciare? Da Liam Neeson che per una volta non va a caccia di rapitori ma bensì aiuta il figlio (visto recentemente in La Regina degli Scacchi) a conquistare la ragazza dei suoi sogni che sul finale ci regala una cover di All I want for Christmas is You da brividi? O da Hugh Grant primo ministro che balla per le scale di 10 Downing Street (anche se il fatto che la gente lo applauda mentre gira per strada fa capire la grande differenza tra il film e gli UK di oggi)? Impossibile non citare poi Rick Grimes che prima di uccidere zombie e farsi crescere la barba ci ha regalato una delle scene più romantiche e iconiche della storia del cinema (esagero? Forse, ma non troppo) quando legge i cartelli davanti alla casa di Keira Knightley. E poi la piccola ma geniale parte di Rowan Atkinson, l’onnipresente Emma Thompson, il di nuovo compianto Alan Rickman che in effetti qui non si comporta benissimo, Martin Freeman attore porno, Colin Firth che vola all’ultimo secondo in Portogallo e infine il cameriere e le sue conquiste americane.

Tante storie, tutte dal sapore estremamente natalizio, con le immagini della capitale britannica che fanno da contorno a una rom com che per qualche ragione mi è entrata nel cuore anche se non amo il genere. Sapevate che le scene iniziali e finali nell’aeroporto sono state girate da telecamere nascoste, sono quindi genuine?
Un’altra cosa che potreste non sapere è che nel 2017, 14 anni dopo l’originale, sulla BBC è andato in onda Red Nose Day Actually, una sorta di cortometraggio sequel ufficiale con una gran parte del cast tornato a vestire i panni dei propri personaggi realizzato per beneficenza.

1) Mamma ho perso l’aereo

mamma ho perso l'aereo

Dopo essere stati con me tutto questo tempo, potevate forse immaginare la #1: questo film del 1990 (32 anni compiuti circa un mese fa) è rimasto per più di 15 anni la commedia con i maggiori incassi al cinema con quasi 500M di $ ed è nato dall’ennesima collaborazione tra John Hughes e Chris Columbus, rispettivamente produttore/autore e regista. È LA storia di Natale per eccellenza per tantissimi, inclusa la mia casa: sto parlando ovviamente di Home Alone o Mamma ho perso l’Aereo.

La magia di Chicago tra gli ’80 e i ’90 colpisce al massimo in un film dove al di là della performance di Macaulay Culkin chiaramente e dei due banditi capitanati da un attore della madonna come Joe Pesci, sono due le cose che rubano la scena e lo rendono indimenticabile: la prima è senza dubbio la colonna sonora, composta da brani classici del Natale e da un lavoro encomiabile come sempre da parte del maestrissimo John Williams. In secondo luogo, resto ancora oggi completamente innamorato dell’estetica studiata a tavolino nei minimi dettagli da Columbus e Hughes. Nella Chicago di Home Alone tutto è luminoso, tutto è verde e rosso, tutto è neve, tutto è Natale.

La casa dei McCallister, per esempio, rimane segretamente il vero protagonista del film: la villa sita a Winnetka, un sobborgo di Chicago, dove però sono state girate solo la maggior parte delle scene esterne, mentre le stanze furono costruite in un set all’interno di una vecchia scuola, la stessa dove Hughes aveva girato Ferris Bueller’s Day Off e Uncle Buck, è un concentrato di feste e stile. Non riesco a non guardare anche solo cosa si trova su una mensola sullo sfondo della camera di Buzz per non sorridere e avere un attacco di nostalgia. Ci sono poi ottomila momenti memorabili: il “KEVIN” urlato sull’aereo da Catherine O’Hara, “Les Incompetents”, John Candy e il suo “polka polka polka”, in uno dei cameo più adorabili della storia del cinema, Fuller e la sua Pepsi (lo sapete che si tratta del fratello del protagonista Kieran, ora attore di successo e candidato a un Emmy?) e lo struggente momento finale con il vecchio spalaneve riconciliatosi con la sua famiglia.

Voglio finire con qualche curiosità, per un progetto la cui riuscita fu in dubbio fino all’ultimo e sul quale vi consiglio davvero di guardarvi la puntata di “I film della nostra infanzia” a esso dedicata su Netflix (un mini documentario super interessante). Partiamo dalla più facile: l’iconico film “Angels with Filthy souls” usato da Kevin per spaventare i ladri non esiste davvero, è stato girato assieme a Home Alone appositamente. Vi farà anche sorridere sapere che Joe Pesci non riusciva mai a smettere di imprecare durante le riprese, cosa che ovviamente cozzava con il target di un film per ragazzi come questo. Ci sono alcune scene dove borbotta qualcosa e si riesce anche a sentire qualche insulto qua e là nella versione originale se ci state attenti. Un’altra cosa alla quale la maggior parte di noi non aveva mai fatto caso e spiega almeno parzialmente perché la famiglia sia riuscita a scordarsi il piccolo una volta all’aeroporto: se fate attenzione nella scena dove vengono rovesciate le bibite a cena, il biglietto aereo di Kevin viene inquadrato per un secondo quando viene erroneamente gettato nel cestino.

Infine, la carriera di Macaulay Culkin come saprete non è certo durata per molto dopo Home Alone: il piccolo si è ritirato nel 1994 per allontanarsi dai riflettori e non è mai riuscito a tornare, per sua volontà o meno non sappiamo (ha avuto anche momenti difficili con gli stupefacenti quando si era dedicato alla musica), alla ribalta come il suo CV da attore bambino poteva fare immaginare. Quattro anni fa però il biondo attore americano è tornato a vestire i panni di Kevin in uno spot della Google: davvero un momento simpatico che lo ha fatto tornare bambino.

Come Mamma ho perso l’Aereo riesce a fare per noi: farci tornare bambini ogni Natale, a ogni visione. È chiaro che certe emozioni non torneranno mai, così come certi anni certamente più “ingenui” e forse più “genuini” in un certo senso, ma i ricordi restano e il Natale resta sempre un momento speciale, da passare anche davanti al televisore con i nostri cari.

Buon Natale.

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