La Top 50 definitiva dei film di Natale

Il Natale cinematografico dal punto di vista di un millennial italiano

20) Sballati per le feste

Sballati per le feste

Confesso: AMO gli stoner movies. AMO Seth Rogen. E chiaramente AMO i film di Natale. Quindi The Night Before (Sballati per le feste!) è tipo la tempesta perfetta. E in effetti ho riso dall’inizio alla fine, soprattutto se visto in lingua originale e anche alla terza visione di oggi, ma provando anche qualcosa. La storia al solito è solo una scusa per lasciare libera la comicità di Rogen, Mackie e Gordon-Levitt di esprimersi, provando ogni tipo di droga e alcol tra un bar e l’altro: tre amici a New York City, di estrazione diversa ma inseparabili fin da ragazzini, hanno da sempre la tradizione natalizia di sbronzarsi e strafarsi in giro per la città vestendo maglioni improbabili, cantando karaoke e in generale passando una serata divertente tra “buddies”.

Ora però le cose stanno cambiando: i figli in arrivo, il lavoro, l’età che avanza, così i tre decidono di organizzare un’ultima serata prima di dover giocoforza abbandonare le loro tradizioni e dedicarsi alle loro nuove vite di adulti. E quale modo migliore di festeggiare se non trovare magicamente tre biglietti per il party dello Schiaccianoci, la festa più esclusiva della città alla quale cercano di entrare da sempre. Da lì si sviluppa un’ora e mezza di avventure al limite dell’assurdo che vi consiglio senza remore se amate il genere. Cioè i tre si mettono persino a giocare a Goldeneye sul Nintendo 64 nella casa di uno di loro a mezzanotte, per farvi capire. E la scena in chiesa di Rogen è impagabile.

La cosa migliore di Sballati per le feste! tuttavia non sono le risate e le gag, quelle ce le si poteva aspettare da un cast di questo tipo, ma devo dire che sorprendentemente The Night Before risulta, come un perfetto film natalizio, pieno di sentimenti e tratta degli argomenti sempre attuali come l’amicizia e il “diventare grandi” in una maniera decisamente “sua” ma non per questo meno sentita e sincera.

19) Babbo bastardo

Babbo bastardo

Bad Santa/Babbo Bastardo è la commedia black che non ci si aspetta, crudele fino al midollo e degna dei “peggiori” esponenti del genere, con scene che mi hanno ricordato addirittura It’s Always Sunny in Philadelphia per quanto fossero grevi. Ma in fondo divertenti. La storia: Willie è una carogna, ha passato in carcere una buona parte della sua vita, fuma, beve come un alcolizzato di quelli seri e in generale è l’ultima persona che immaginereste a interpretare Babbo Natale in un centro commerciale americano. Tuttavia, quello è il suo unico vero lavoro, ogni anno. Ma perché? Perché con il suo complice Marcus ogni anno la missione è la stessa: infiltrarsi e infine svaligiare la cassaforte del supermercato ogni vigilia di Natale e vivere dei profitti per i 365 giorni successivi.

Sembra tutto apparecchiato per la stessa formula anche per il Saguaro Square Mall di Phoenix, ma qualcosa va storto. Willie conosce un bambino un po’ stupidotto che crede che lui sia veramente Babbo Natale e la sua vita piano piano cambierà. Ma piano piano. Quello che stravince in Bad Santa sono gli attori: Billy Bob Thornton che ricordavo così serio in Armageddon, qui è fenomenale nel portare su schermo un vero e proprio babbo bastardo, una persona che ha sofferto tanto in passato e se ne rifa sul mondo intorno a lui: caustico, volgare, inappropriato. Pensate che lo stesso attore in alcune scene era davvero ubriaco ed è pure svenuto sul set… Meno male almeno in questo caso che Bill Murray abbia rifiutato questo ruolo per girare Lost in Translation perché ci saremmo persi questa interpretazione. Ma a rendere ancora più esilarante il film sono i personaggi di contorno. C’è la Lauren Graham di Una Mamma per Amica nel ruolo di una barista arrapata per i Babbi Natale (daddy issues anyone?), c’è il compianto John Ritter nei panni di un impiegato del supermarket precisino e ci sono in particolare l’altrettanto compianto Bernie Mac a interpretare un GENIALE direttore del centro commerciale e infine il “piccolo” Tony Cox come l’elfetto di Santa Claus che nessuno vorrebbe mai incontrare.

Non ci troviamo davanti a un capolavoro, ma a un film originale e divertente, che riesce a dire quasi 300 parolacce nella sua ora e mezza di durata e ha dialoghi a volte tanto imbarazzanti da quanto veraci. Visto che alla fine riesce anche a infilarci qualche buon sentimento duramente conquistato, da buon film di Natale, mi sento di consigliarvelo senza patemi, anche se non per i più piccoli.

18) Vacanze di Natale (1983)

vacanze di natale

Ed eccolo, il film che ha iniziato quell’amatissimo/odiatissimo filone che in una classifica del genere dal sapore italiano non si può proprio evitare. Se oggi, volenti o nolenti, siamo ancora qui a parlare di cinepanettoni è merito di questo film, nato per ironizzare sulla cultura vacanziera dell’Italia di quegli anni. Come tutti i suoi colleghi, è una serie di battute spesso volgari e rozze, una serie di personaggi basati su stereotipi o luoghi comuni, ma spesso tanto, tanto divertenti. E devo dire questo primo film non è soltanto un’accozzaglia di nudità, scoregge e situazioni imbarazzanti come alcuni altri (anche citati in questa classifica), ma a differenza della maggior parte degli altri cinepanettoni è anche una più che discreta commedia che in alcuni tratti fa anche riflettere e racchiude i nomi più in voga della comicità italiana di quegli anni come Mario Brega, Calà e soprattutto un De Sica in forma non smagliante, di più.

L’ambientazione di Cortina, con quel suo lusso sfrenato e quella mancanza di compromessi degli anni ’80 sono indimenticabili e raccontano perfettamente uno spaccato del nostro paese. I personaggi sono quelli in cui gli italiani dell’epoca si immedesimavano da una parte e dall’altra aspiravano di essere, i ricchi vs i poveri, i milanesi e i romani, un qualcosa a cui è stato fatto seguito in tantissimi altri film dell’epoca come Yuppies.

Al giorno d’oggi ci rimangono soprattutto tantissime citazioni e battute che al grido di “anche sto Natale ce lo siamo levato dalle p****” rimangono nella storia della comicità italiana e volendo un personaggio come il Roberto Covelli interpretato da De Sica con tematiche ancora moderne e che mi ha fatto quasi stupore rivedere in un film anni ’80 di questa concezione. Poi lo so, non sarà per tutti, lo so è cringe in tante parti, sarà maschilista e razzista in tante altre, ma non riesco a non volergli bene come ritratto di un’Italia che non c’è più.

17) Klaus

Klaus

E ora qualcosa che se avete un account Netflix dovete recuperare all’istante, un film d’animazione spagnolo che ha sfiorato l’Oscar (che comunque Toy Story 4 ha strameritato) e che entra di diritto nel gotha dei film di Natale migliori di tutti i tempi. Sto parlando chiaramente di Klaus, rinfrescante progetto di animazione 2D che racconta la storia di Jesper, ultimo rampollo di una ricchissima famiglia di postini che non ha intenzione alcuna di seguire le orme del padre. Tutto fino al momento in cui però proprio il suo genitore lo obbliga a trasferirsi in un remoto villaggio per consegnare un numero allucinante di lettere per evitare di essere diseredato e perdere una fortuna che gli permetterebbe di oziare per tutta la vita come suo desiderio.

Svogliato e spaventato dagli abitanti della remota città, apparentemente rozzi pescatori sempre in lotta tra loro, Jesper conoscerà un burbero boscaiolo di nome Klaus, che però ha una strana passione per costruire giocattoli di legno… Senza addentrarmi di più in una trama che presenta numerose sorprese, posso dirvi che Klaus tocca tutte le corde giuste, fa ridere ed è uno spettacolo per gli occhi, per un esordio di Netflix nel mondo dei lungometraggi animati che ci ricorderemo per anni.

Dobbiamo essere infatti riconoscenti alla compagnia della grande N rossa per aver dato fiducia a un progetto che in molti avevano scartato, considerando una storia così diversa dal solito sulle origini di Babbo Natale un po’ rischiosa, tra l’altro arrivando dalla Spagna e non dai classici mega studi d’animazione americani.
Senza molti dubbi Klaus è per me stata una grandissima sorpresa ed è entrato in quel novero di film che ritengo siano indispensabili per entrare nello spirito natalizio.

16) Un biglietto in due

un biglietto in due

Alla posizione #16 un film che ho scoperto solo negli ultimi anni ma che è già diventato uno dei miei preferiti. Opera del sommo John Hughes, in uno dei suoi esperimenti con gli adulti dopo aver raccontato magistralmente l’adolescenza anni ’80 per così tante volte. E sì, entra in questa lista di diritto perché anche se tecnicamente non è un film di Natale (ambientato intorno alla festa del Ringraziamento), ha tutto il sapore e i sentimenti delle feste – in fondo Thanksgiving è una sorta di “Natale 2” per gli americani, con famiglia riunita, pranzi luculliani e ferie.

Planes, Trains and Automobiles, conosciuto con il nome di “Un biglietto in due” nel Bel Paese, è una delle commedie migliori degli anni ’80, uscita per precisione nel 1987. La storia narra delle difficoltà di un uomo (Neal, interpretato da Steve Martin), il quale sta cercando di raggiungere la sua famiglia a Chicago dopo un meeting di lavoro a New York. Il suo volo è alle 18 ma con il traffico della Grande Mela per il giorno del Ringraziamento la missione sembra praticamente impossibile. Preparatevi perché si tratta di una serie di scene geniali e trovate una dietro l’altra: si parte già benissimo con uno come Kevin Bacon (sarà protagonista del successivo film di John Hughes “She’s having a baby”, un’altra commediola magari un pochino più melensa che posso comunque consigliarvi) a fare un cameo di un tizio che ruba un taxi a Neal nell’ora di punta newyorchese.

Ma torniamo alla storia: una volta arrivato all’aeroporto il volo di Neal si scopre essere in ritardo per condizioni meteo avverse, ma è nella sala d’aspetto che il preoccupato protagonista conosce quello che sarebbe diventato al più presto il suo incubo peggiore: un rappresentante di una ditta che vende anelli per tende da doccia, il veramente loquace Del Griffiths, in quella che forse è la migliore interpretazione della carriera purtroppo stroncata troppo in fretta di John Candy. I destini dei due, in viaggio verso l’Illinois, da quell’incontro fortuito saranno legati a stretto filo, con i loro due caratteri così diversi e incompatibili che rendono la storia così divertente e al limite dell’assurdo.

Ma siamo a Natale, o quantomeno durante le feste, così Planes, Trains and Automobiles non può mancare di un elemento cardine, ossia quello dei sentimenti. Devo dire che il finale del film è forse uno dei più potenti che abbia mai visto e nonostante sia un costrutto di quella America stereotipata – è mai esistita davvero? – di quel cinema e quegli anni, tocca le corde giuste del cuore. Davvero imperdibile.

15) Santa Clause

Santa Clause

Ora un film che nasce come poco più di una scusa per mettere Tim Allen (all’epoca sul tetto del mondo grazie alla sitcom Home Improvement, tradotta assurdamente in Quell’uragano di papà in Italia) in un costume da Babbo Natale e che alla fine si rivela una originale e adorabile storia sul rapporto tra un padre e un figlio. Sto parlando di (The) Santa Clause, film del 1994 che, come potete intuire dal titolo se masticate un po’ di inglese, baserà la sua trama su una fantomatica “Clausola” (Clause in inglese appunto) contrattuale che costringerà un ignaro dipendente di una fabbrica di giocattoli del Midwest a dover prendere il posto del vero Babbo Natale.

L’inizio è al solito il momento più malinconico della pellicola: Scott è un uomo divorziato che fatica a legare con il figlio Charlie e si sente soppiantato dall’attraente nuovo marito della ex (il Judge Reinhold già adorato in Gremlins e soprattutto Fuori di Testa), che di mestiere è anche un pragmatico psichiatra che ha deciso di non permettere al figliastro di credere in Babbo Natale, cosa che fa imbestialire Scott. A seguito di una sfortunata sera della vigilia (con tanto di cena da Denny’s) però cambierà tutto, dopo un incidente al quale in retrospettiva si può guardare con orrore: il vero Santa Claus infatti atterra sul tetto della casa di Scott, per poi caderne rovinosamente e perdere la vita. Un momento terribile che lascia chiaramente allibito Scott, il quale raccoglie i vestiti dello scomparso (letteralmente) vecchietto e un biglietto da visita con tante scritte in piccolo che in un primo momento ignora. Sarà solo quando la slitta trainata dalle renne, all’incredulità dei due protagonisti, li avrà portati volando al Polo Nord (con tanto di elfi), che Scott capirà come il suo raccogliere quel biglietto e mettersi i vestiti rossi per ripararsi dal freddo avrà fatto scattare la clausola di Santa, quella che lo costringerà (per la gioia di Charlie) a sostituirsi vita natural durante a Babbo Natale, prendendone il posto.

Il film così narra un anno della vita di Scott, tra il Natale dove viene “incastrato” e quello successivo, nel quale si prepara a portare doni in tutto il mondo (fa strano vedere un film di Natale che include anche scene in estate) e dovrà convincere i suoi parenti e colleghi di come non sia pazzo e spiegare da dove siano spuntate quella barba bianca e quella panza. Disponibile su Disney+, The Santa Clause è stato un notevole successo al botteghino (quasi 200M di $), tanto da originare ben due (!) seguiti diretti (che avete già trovato in classifica). La simpatia di Allen e una trama alla fine ben congegnata, oltre a un’atmosfera natalizia perfetta e un’infornata di classici buoni sentimenti lo rendono un film di Natale più che riuscito per un pomeriggio sotto le coperte.

14) Una notte violenta e silenziosa

una notte violenta e silenziosa

Aggiunta recentissima nella classifica, proprio nei cinema italiani in questi giorni è Una notte violenta e silenziosa (A violent night), film decisamente mai visto in ambito natalizio con protagonista il David Harbour di Stranger Things nei panni di un Babbo Natale inedito. Nel cast anche il sempre magnetico John Leguizamo e una invecchiata ma sempre tostissima Beverly D’angelo, già protagonista di un altro film di Natale che occupa il posto appena sopra in classifica.

Non è una cosa nuova quella di mischiare le carte e portare una storia natalizia in un genere diverso, che sia una commedia stoner o un horror, ma un thriller così sfida tutti i nostri pre-concetti. La trama non si distingue per originalità, almeno nel suo incipit: un gruppo di criminali sequestra una ricchissima – e decisamente problematica – famiglia americana nella loro villa-fortino. Ovviamente è la sera di Natale.

Quello con cui non hanno fatto i conti è la variabile impazzita, un Santa Claus che non si fa problemi ad aprire la bottiglia di whisky di fianco all’Albero di Natale o a sporcarsi le mani cercando di salvare la piccola Trudy, l’unica che davvero crede ancora in lui nella casa. David Harbor è la spina dorsale di questa specie di Die Hard in costume che funziona perché diverte e intrattiene come non mi sarei mai aspettato facesse. E la sua formula magica: la VIULENZA. Perché appunto di film di Natale non tutti sentimenti e panettone ne ho visti parecchi, ma mai a un livello così cruento e sanguinoso. Una notte violenta e silenziosa è un B-movie a tutti gli effetti, ma di quelli ben riusciti e che entrerà di sicuro nella mia rotazione natalizia dal prossimo anno.

13) Un Natale esplosivo

Un Natale esplosivo

Scoperta personale di solo qualche anno fa, perché per qualche ragione i film di Chevy Chase e della famiglia Griswold (nei primi due National Lampoon’s Vacation il cognome era Griswald, non si sa perché sia stato cambiato) non hanno minimamente raggiunto il livello di notorietà in Italia di quello avuto negli Stati Uniti, National Lampoon’s Christmas Vacation (Un Natale Esplosivo) è considerato uno dei capisaldi del cinema natalizio nei paesi anglosassoni ed è forse il mio consiglio principale che vi do per provare qualcosa di nuovo ormai in queste ore che precedono il Grande Giorno.

Uscito nel 1989 e prodotto da – ormai mi conoscete – John Hughes, Un Natale Esplosivo è il terzo lungometraggio dedicato alla sconclusionata e sfortunata famiglia messa su da Chevy Chase e Beverly D’Angelo. Preparatevi a canzoni in auto, infortuni e sfighe di ogni tipo e tanto, tanto imbarazzo per il comportamento di una famiglia americana e dei suoi assurdi parenti. Ci sono in effetti tutti gli elementi per una commedia natalizia da ricordare! Non vi servirà necessariamente recuperare i due film precedenti (ne sono stati girati 7 in totale, ma dopo questo, la qualità e la rilevanza finiscono assieme agli anni ’80) per recuperare Christmas Vacation: questo è un film di Natale con la N maiuscola che sta bene anche preso da solo, con quel tocco speciale che solo gli anni Ottanta erano in grado di dare.

Il setting: siamo sempre a Chicago e i Griswold organizzano come da tradizione il ritrovo familiare natalizio nella loro casa. Il padre Clark è un appassionato del Natale e cerca in tutti i modi di renderlo il migliore possibile per la sua famiglia (in particolare è un fan delle luci natalizie da esterno, come scoprirete!), ma proprio i suoi improbabili parenti e la sua proverbiale sfortuna renderanno l’impresa quasi impossibile. Soprattutto quando faranno capolino con la loro roulotte il cugino campagnolo Eddie (interpretato da Randy Quaid, il pilota redneck di Independence Day), moglie e prole, accampandosi nel giardino dei Griswold. Vi rendete conto che le musiche del film sono di quell’Angelo Badalamenti che i più ricorderanno per il suo lavoro in Twin Peaks e che ci ha lasciato proprio in questi giorni? Assurdo.

In ogni caso, senza avere una trama pazzesca o chissà che trovate, Un Natale Esplosivo tocca bene o male le stesse corde di un Mamma ho perso l’aereo (non sorprendente se pensiamo ai nomi coinvolti): una commedia semplice, dalle tinte familiari, che tratta la quotidianità del Natale, con più di un pizzico di slapstick comedy. E per questo è una delle visioni più consigliate per i pomeriggi pre-Natalizi. Curiosità: recentemente proprio Chase e la D’Angelo hanno ripreso i loro ruoli originali – a più di trent’anni dall’uscita del film – in uno spot della Ford, ricreando la celebre scena dell’accensione delle luci natalizie.

12) Miracolo nella 34ª strada

miracolo nella 34esima strada

Remake del celebre film del 1947, Miracle on 34th street (Miracolo nella 34ª strada) del 1994 è un classico di Natale, senza molti dubbi, che in verità per il me bambino ha sempre avuto un solo e enorme motivo di interesse: uno dei protagonisti è il – compianto – John Hammond di Jurassic Park, ovvero l’attore Richard Attenborough che in questo film interpreta nientemeno che Babbo Natale in carne e barba. Il secondo motivo di interesse, da adulto, viene dalla mia infatuazione per la cinematografia di John Hughes (anche lui compiantissimo), che di questo film è stato autore e produttore. Tra l’altro si tratta di uno degli ultimissimi lavori di Hughes prima di ritirarsi nella sua Chicago a vivere sfortunatamente i pochi anni che gli rimanevano da vivere.

Altro habitué dei pomeriggi di Italia 1, Miracolo nella 34ª strada è un film certamente di ottimi sentimenti e pieno di spirito natalizio che però a un occhio adulto mostra un lato alquanto inusuale. Quanti film di Natale ricordate si ambientino per circa metà della loro durata in una sala di tribunale? E in quanti Babbo Natale finisce in prigione?!?

E invece è proprio quello che succede in questo film, dove un vecchietto apparentemente innocuo e come tanti di nome Kriss Kringle viene assoldato un po’ casualmente per interpretare Babbo Natale per conto dei magazzini Cole’s (originariamente dovevano essere i famosi Macy’s, che alla fine non permisero di usare il loro brand) alla parata del ringraziamento. Il suo successo è immediato: tutti sono convinti che si tratti del vero Santa Claus come proprio il vecchietto va dicendo, e anche la figlia Susan (la stessa attrice di Matilda sei Mitica) della manager che ha assunto Kriss si convince piano piano che Babbo Natale in effetti esista e che sia stato assoldato da sua madre per aumentare le vendite nel negozio. Mentre lavora il barbuto anziano però commette un errore veramente insolito, se guardaste la versione originale: Babbo Natale vuole dimostrare a Susan di parlare tutte le lingue, quindi si mette a citare i nomi che gli vengono dati in tutti i paesi del mondo; peccato che quando arrivi all’Italiano dica che il suo nome locale sia LA BEFANA. Cosa che mi ha fatto molto ridere.

La nuova carriera di Santa funziona alla grande fino a un brutto incidente: Kriss viene provocato da una persona che mette in dubbio la sua identità e il suo amore per i bambini e finisce per reagire, provocandogli una ferita, con conseguente immediato (e sospetto) arresto e incarcerazione. Da qui ci riallacciamo alla già citata lunga sequenza in tribunale, dove il barbuto protagonista dovrà cercare di scagionarsi dalle accuse di infermità mentale a lui rivolte e provare a tutti (soprattutto alla cinica Susan) di essere il vero Santa Claus, sullo sfondo di una New York innevata.

Miracle on 34th Street è un film di Natale originale, che ha buon cuore ed esce decisamente dagli schemi. Non ci sono scene sulla slitta mentre si vola sopra Manhattan, nessun elfo e nessuna casa al Polo Nord, invece si vede violenza con un bastone, gente ubriaca e mazzette. Tuttavia, lo spirito delle feste si sente vivo e forte e si merita il suo ruolo di classicone del genere. Una curiosità: all’uscita del film la Fox era così convinta che sarebbe piaciuto a tutti che offrì l’opportunità agli acquirenti del biglietto di richiedere i soldi indietro se fossero usciti dalla sala insoddisfatti. Solo 1500 richieste furono inoltrate.

11) Elf

Elf

Altro film natalizio non un classico di casa mia, ma uno dei più memorabili che ho recuperato negli anni. Questo può essere dovuto in parte al fatto che l’enorme successo che Elf ebbe al botteghino fu principalmente in Nord America (una costante dei film con protagonista Ferrell), per una pellicola che in Europa non ha sfondato quanto avrebbe meritato. Almeno al cinema, perché Elf è entrato nell’immaginario collettivo globale, grazie principalmente al suo protagonista, l’elfo Buddy che dal polo Nord si ritrova catapultato a New York e la performance di Will Ferrell, senza dubbi una delle migliori della sua carriera.

In Elf ci sono sicuramente i sentimenti e lo spirito del Natale ma il suo cuore è quello di una esilarante commedia dalle tinte più che folli. Come detto la trama è la classica del pesce fuor d’acqua che si ambienta in una nuova situazione, con Buddy (trovatello dagli elfi di Babbo Natale) che si ritrova dalla neve e dalla tranquillità della fabbrica di giocattoli alla ricerca del suo padre naturale nella Grande Mela dei primi anni 2000, un bimbo di trent’anni che si barcamena tra una situazione assurda e l’altra, tra una risata di chi guarda e l’altra.

Elf è diretto da Jon Favreau, sì, QUEL Jon Favreau di Iron Man, Il Re Leone e The Mandalorian, al suo secondo lungometraggio da regista, che appare con un cameo da medico ed è uscito nei cinema nel 2003. Nel cast troviamo una Zooey Deschanel bionda (!) e giovanissima, alla quale viene persino chiesto di cantare un paio di volte (meno male, ha una voce pazzesca) e un Peter Dinklage pre-Game of Thrones in un ruolo secondario ma iconico.

Il film negli anni ha generato una marea di meme (“You sit on a throne of lies” urlato al Babbo Natale del supermercato è una famosa) e si sprecano le scene memorabili, dall’amore sfrenato di Buddy per i dolci (gli spaghetti allo sciroppo d’acero!), alla sua predisposizione nel venire investito dalle auto, fino alle risse varie e fraintendimenti.

Elf è un classico di Natale, punto e basta. È divertente, ha sentimento e c’è sempre quella magia di vedere New York durante le feste. Peccato che da anni si stia cercando di preparare un sequel ma apparentemente Favreau e Ferrell non vanno tanto d’accordo ultimamente e quindi dobbiamo accontentarci di queste due ore malcontate di Elf nella nostra vita. Il che non è poco, perché è un film adorabile che dovete assolutamente recuperare da qui a Natale, sia per lo spirito natalizio sia per le risate, che non mancheranno. Curiosità finale: Gimbels, il negozio visto nel film è veramente esistito, ma aveva chiuso nel 1986. Probabilmente un po’ di nostalgia del proprio negozio di giocattoli d’infanzia preferito da parte di qualche sceneggiatore o del regista nell’includerlo nella pellicola.

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