Batora: Lost Haven

Recensito su PC

Batora: Lost Haven è l’ultimo Action RPG indie di Stormind Games, un isometrico per PC via Steam con tante ambizioni e nessuno dei mezzi per raggiungerle. Crudele, forse? Oppure è semplicemente come stanno le cose? Avventuriamoci in un deep dive per scoprirlo.

Batora: Lost Haven

Un pianeta e una trama sfasciati 

Batora inizia sulla Terra, o quel che ne rimane. Una catastrofe sconosciuta ha fracassato la civiltà, presumibilmente uccidendo un bel po’ di persone e lasciando i sopravvissuti soli e disorientati. Dico presumibilmente perché il gioco si limita a farti vedere una città con qualche edificio crollato. Da quello che ti viene detto in seguito puoi presupporre sia un’apocalisse del tipo “terremoto/disastro geologico”, ma onestamente non è mai chiaro.

Cominciamo subito male come potete vedere, e le cose non migliorano.

Il gioco ci presenta subito la nostra protagonista: Avril è la tua classica teenager. Spericolata, ironica, sempre pronta a ridere e scherzare, piena di energia e sempre in movimento. Qual è il senso di un personaggio del genere in un mondo post-apocalittico, dove tutti quanti hanno perso un fratello e le loro vite? Ditemelo voi, perché io non l’ho trovato.Trascinata dal carro irrefrenabile di Avril c’è Mila, la spalla con più esitazioni, più consapevole dei pericoli, più spaurita eccetera. Il loro rapporto è una delle colonne del gioco, uno scambio di battute e frecciate amichevoli che possono anche far sorridere. Tenetevele strette, perché Batora non ha molto altro da offrire.

Batora: Lost Haven

Le due non sono dove dovrebbero essere: c’è un pericolo imprecisato in giro, sarebbe meglio tornare indietro. Con nonchalance, Avril dice a Mila di non preoccuparsi e procede a cadere di testa in un buco nel pavimento della metropolitana, finendo in un antico pseudo tempio alle divinità antiche o qualcosa del genere. Là dentro, incontra Sole e Luna, due effettivamente ben disegnate divinità che le dicono che lei è la prescelta e deve imbarcarsi in un viaggio attraverso quattro pianeti per riallineare gli elementi destabilizzati dal cataclisma e salvare la Terra.

Da lì, ha inizio un viaggio che porterà la nostra prescelta attraverso quattro pianeti, ciascuno dei quali dedicato a un elemento, a confrontarsi con strane culture aliene, storie di anime, reincarnazioni, sacrificio, scelte crudeli, fino allo scontro finale col cattivo di turno per salvare il mondo.

Batora

Correndo a perdifiato

C’è un problema, e forse l’avete notato. Quel problema è il ritmo.

Batora non si prende il suo tempo per presentarti le sue ambientazioni, i personaggi o i conflitti interiori. Il gioco ti dipana la sua storia come io accoglierei il bullo del quartiere: tirandotela addosso tutta insieme. Il ritmo che segue è forsennato. Non si ferma mai ad approfondirti o a presentarti davvero un personaggio o un’ambientazione, non tira mai il fiato. Giusto per tornare all’opening che vi ho presentato, basta dire che è a malapena un riassunto: la Terra è distrutta, ci sono state morti e tutto, e il gioco non si ferma nemmeno quel tanto che basta per farti sentire la situazione iniziale. Batora corre. Due linee di dialogo e poi via per la sua strada, e a te tocca di correrle dietro senza aver sentito un bel niente.

È il grande problema di questo titolo, un problema che si trascina dietro da minuto zero fino all’ultima boss fight. Le cose ti vengono sbattute di fronte, raccontate sbrigativamente, gli eventi avvengono, la trama corre, spesso e volentieri presentandoti problemi come fossero già stabiliti ma a cui non aveva mai accennato prima. Succede tutto cosi velocemente, ogni situazione è cosi a malapena presentata e stabilita, i personaggi cosi poco caratterizzati che come giocatore ti ritrovi incapace di parteciparvi, e quindi di affezionarti, o anche solo di interessartene. Batora degenera rapidamente in una stringa di eventi che vuoi sbrigare in fretta e di personaggi di cui ti interessa davvero poco.

Questo problema si vede anche nello stile della narrazione. Siete familiari con il concetto del “show, don’t tell”? Si tratta di un principio basilare della narrativa molto semplice: quando racconti una storia devi far vedere le cose, non semplicemente raccontarle. Se vuoi presentare una città al tuo spettatore, devi far camminare il tuo protagonista per le strade,fargli vedere la ricchezza (o la povertà), la corruzione o l’onestà eccetera. Quello che non devi fare è dire “questa città è cosi e cosi.”Invece, quella città la devi far vedere, far sentire, altrimenti si riduce tutto a due righe senz’anima, e di sicuro il tuo spettatore non si entusiasmerà o intristirà. Al massimo, lo annoierai.

Beh, Batora segue il principio del “tell, don’t show”. Voi vedrete il vostro protagonista correre per mappe che sanno di già visto, corridoi o labirinti troppo grandi per quello che hanno da offrire,possa cogliervi l’occhio o vi racconti la storia del pianeta di turno. Invece, tutto è anonimo ed è un peccato, specie perché si vede che gli autori volevano costruire e presentare delle civiltà che avrebbero dovuto far provare ai giocatori un senso di meraviglia e rispetto. Peccato per l’idea di affidare tutto a un semplice glossario. Voi girerete nei panni di Avril, vedendo corridoi tutti uguali ed alieni strani. Intanto il glossario vi parlerà di caste sociali, stili di vita, percorsi spirituali e altro ancora. Alla fine, sembrerà di vedere due mondi separati, uno noioso e l’altro interessante. E decisamente non è questo a cui mirava Batora. Ma è il prezzo da pagare per tenere quel ritmo forsennato
Batora: Lost Heaven

Trama ambiziosa, ma senza contenuto

Nella trama stanno quelle ambizioni che vi accennavo sopra. Batora vorrebbe parlare di grandi temi, di cose come la morte, il sacrificio, la reincarnazione, la crudeltà della vita, la crescita ed altro ancora. Il problema è che non è in grado di farlo. I dialoghi sono banali, superficiali, spesso e volentieri stringatissimi, i conflitti forzati ed artificiosi. E questo mettendo da parte le contraddizioni, le scelte senza senso, le semplificazioni eccessive o i colpi di scena che si vedono arrivare da un miglio di distanza. Se dovessi scegliere i pezzi che mi hanno più annoiato, sono stati i momenti quando il gioco presupponeva che tu ti intristissi per personaggi che aveva a malapena caratterizzato e presentato, o cose di cui la protagonista non aveva una vera colpa, o su cui c’era un discorso da fare.

La trama in sé gira attorno al viaggio di Avril attraverso i quattro pianeti, e il suo viaggio personale di crescita e presa di coscienza. O perlomeno, quello che vorrebbe essere crescita. Nella realtà, tutto risente di una massiccia superficialità e mancanza di cose da dire. Tutto si riduce alla protagonista che di colpo supera le sue crisi senza nessun vero ragionamento o processo psicologico.  In generale, divido la storia tra una prima parte, semplice, stile favola avventurosa che può strappare qualche sorriso, e una seconda parte, convoluta, contradditoria, superficiale ed artificiosa.

Penso di essermi spiegato: la trama non è il punto forte di Batora. Vediamo gli altri lati.

Batora: Lost Haven

Grafica e IA, combattimenti ed enigmi

Il lato tecnico è passabile, senza particolari bug e con una grafica che richiama quella di Team Fortress 2. Non è brutta da vedere, ma la generale mancanza di cura negli ambienti non la rende un punto di pregio. Un vero problema è la telecamera: spesso e volentieri è troppo lontana, specie l’inquadratura più ampia, che il gioco ti consiglia di usare per i combattimenti, e che io sconsiglio. Un altro grosso problema è il costante motion blur. Se c’è un modo per disattivarlo, io non l’ho trovato. Voi cercatelo e disattivatelo se potete. A me faceva venire il mal di testa.

Il gameplay è quello che si aspetta per un gioco isometrico di questo stile, con movimenti veloci e strutturati. Il combattimento è intuitivo e fluido, ma rimane su un livello sostanzialmente scarno, specie per le poche abilità utilizzabili. Il sistema di potenziamento a base di rune, guadagnabili livellando e avanzando la storia, è interessante nel concetto ma povero nell’esecuzione, con troppi pochi tipi di rune utilizzabili e statistiche modificabili. Stando cosi le cose, non c’è possibilità di provare build veramente differenti.

Il numero dei nemici è scarso, né l’IA si comporta in modo abbastanza differente da attirare l’attenzione gli uni dagli altri. I boss non aggiungono granché, impedendo che ci sia una vera sfida in generale. Tutto ciò fa si che i combattimenti diventino ripetitivi in fretta.

Batora: Lost Haven

Se c’è una lancia da spezzare per Batora, la spezzerei per le sezioni degli enigmi. Sono semplici, si, e anche loro finiscono per stancare, ma gli ambienti multi-livello e le varie interazioni delle due nature di Avril con pulsanti, pavimenti e ascensori li rendono quella che per me è la parte più divertente di tutto il gioco.

Rimangono le musiche. Orecchiabili ed azzeccate per le situazioni in cui vengono usate, ma tutte dimenticabili. A parte una. L’eccezione che conferma la regola?

batora

Batora sembra volersi presentare come qualcosa di spirituale e profondo, e per questo usa un bel dizionario di parole come equilibrio, spiriti, anime, trascendenza, reincarnazione. Ma il ritmo forsennato, la mancanza di vera caratterizzazione e la generale superficialità azzoppa i suoi sforzi, impedendo che il giocatore venga tratto dentro abbastanza da interessarsi. Il gameplay scarno e la mancanza di una vera difficoltà completa il quadro di un gioco che si mantiene sostanzialmente su un livello a malapena mediocre.

6.5

Pro

  • Grafica passabile
  • Gameplay fluido
  • Enigmi interessanti

Contro

  • Ritmo forsennato
  • Generale superficialità e mancanza di contenuti
  • Combattimenti ripetitivi
Vai alla scheda di Batora: Lost Haven
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