Dead to Rights: Retribution – Recensione Dead to Rights: Retribution

Ricordate il vecchio Dead to Rights uscito quasi otto anni fa su Playstation 2, Xbox e Game Cube? No? Niente paura, è perfettamente normale. Il titolo Namco non riuscì mai a guadagnarsi il pieno appoggio popolare, e non solo per via di una realizzazione poco convincente e di un genere, quello dei TPS, allora monopolizzato dalla stella di Max Payne (al quale somigliava sin troppo). Tutto, dal personaggio agli ambienti di gioco, concorreva a rendere il titolo un prodotto di nicchia destinato ai soli cultori del genere.

Passati otto lunghi anni, e lasciati dietro pochi e mai elogiati capitoli della serie, Namco decide di riproporre il suo vecchio brand lanciando sul mercato un seguito inaspettato. Dead to Rights: Retribution, questo il nome del prodotto, arriva in un periodo dove i seguiti sono oramai all’ordine del giorno e la fantasia sembra diventata una risorsa più unica che rara.  Certo, di brand importanti quanto e molto più di Dead to Rights è pieno il mercato. Allora perché Namco ha scelto di riutilizzare proprio le avventure di Jack Slate? C’è sotto qualcosa o è solo il tentativo di rilanciare una serie che non è mai riuscita a sfondare?
 

Il cane è il miglior amico del poliziotto

Jack Slate è il classico poliziotto dal grilletto facile che, non senza far imbestialire il principale di turno, tenta con tutte le sue forze di punire il crimine in una Grant City più sporca e corrotta che mai. Durante una retata ad una banda terroristica che ha messo a soqquadro l’intera città, Jack vede cadere sotto i propri occhi il padre, fiero ed intaccabile poliziotto. Logorato dalla furia e dalla sete di vendetta, ed aiutato dal fido segugio Shadow (ad occhio e croce un Husky), Jack scoprirà ben presto l’esistenza di una regia militare occulta dietro i recenti attacchi terroristici che attanagliano la decadente Gran City.

Com’è facile intuire, la trama del gioco svolge il ruolo di mero pretesto di tutta l’azione. Il plot si rivela decisamente scarno e banale, rinvigorito qua e là da qualche scelta narrativa azzeccata (il racconto tramite lunghi flashback o qualche scelta registica riuscita) ma incapace di fornire al giocatore il giusto stimolo per proseguire l’avventura ed amare i personaggi. Tutto il titolo si basa infatti su una vecchia concezione di action game, dove è l’azione il perno di tutta l’esperienza ludica, senza però disdegnare gli insegnamenti di capolavori recenti come Gears of War.

Nei panni di Jack Slate avremo due modi per salvare la pellaccia e difenderci dai vari energumeni sparsi per le varie location: le armi da fuoco ed i vecchi e cari cazzotti. La prima opzione risulterà spesso quella più macchinosa. In principio il nostro Jack non possiederà nessunissima arma. Solo in seguito riuscirà a procurarsela disarmando i nemici o raccogliendola dal pavimento. Il problema è che una volta terminate le pallottole il nostro eroe lascerà cadere l’oramai scarica bocca da fuoco e dovremo quindi cercarne un’altra. Anche la mira risulterà spesso difficile, e non sarà raro che la bassa IA artificiale faccia arrivare i nemici troppo vicini per mirare con facilità. In questo caso dovremo ripiegare su pugni e calci, utilizzabili tramite la pressione di due tasti (uno per i colpi veloci ed uno per quelli potenti), intervallando i cazzotti con delle semplici parate e qualche schivata. La noiosa routine verrà inframmezzata ogni tanto da una mossa speciale al rallentatore, quasi sempre la stessa, dove il nostro Jack si sbarazzerà dell’avversario in maniera brutale e scenografica. Proverbiale anche l’utilizzo del bullet time, capace di riportare il giocatore ai vecchi tempi di Max Payne e di sottolineare, se ce ne fosse ancora il bisogno, quanto Retribution sappia di vecchio.
 

I capitoli giocati al comando di Jack appariranno dunque legati ad una concezione del genere Action vecchia e forse sorpassata, dove elementi TPS come l’uso di armi da fuoco o le coperture dinamiche tanto care ai giorni nostri si fondono a sessioni da picchiaduro a scorrimento in maniera spesso caotica. Questo minestrone risulterà ancor più pasticciato quando, acquisiti artigli e denti affilati, giocheremo nei panni di Shadow e dovremo difenderci a suon di morsi e graffi. In questi frangenti, se possibile, il gioco diverrà ancora più monotono. Il pericoloso Husky avrà a disposizione un solo tasto per l’attacco (il morso) ed uno, inutile, per spostare i cadaveri lontano dagli occhi indiscreti. Quest’ultima opzione farà da apripista per l’inserimento di una modalità stealth che non trova nessuna giustificazione in un titolo, come Retribution, dove la scarsa IA avversaria ci offrirà i nemici su un piatto d’argento. Anzi, le fasi stealth acuiscono ancora di più l’idea di trovarsi davanti ad un minestrone senza un vero senso logico.

A fronte di una longevità davvero scarsa, il gameplay di Dead to Rights: Retribution, seppur adrenalinico e privo di tempi morti, soffre di una linearità eccessiva e di una monotonia nelle azioni di gioco che, a lungo andare, riuscirà a snervare anche il giocatore più paziente. Anche le sessioni con Shadow non riescono a sollevare le sorti del titolo, proprio a causa di una ripetitività onnipresente.


I vicoli bui di Grant City

A livello grafico, l’ultima fatica Namco non riesce a tenere il passo con l’attuale generazione. Tutta la parte tecnica dà l’idea di trovarsi davanti ad un lavoro goffo e legnoso, incapace di scrollarsi di dosso la old gen. Il maggior difetto sembra essere costituito dai modelli poligonali, mal realizzati e animati ancora peggio. Tozzi, grezzi e poco credibili, si muovono in maniera irreale e sgraziata, tanto in gioco quanto nei vari filmati. Anche le texture, seppur gradevoli, seguono l’andazzo di tutto il comparto grafico, risultando spesso troppo semplici.
 

Stilisticamente parlando, il gioco potrebbe piacere o non piacere. Oggettivamente parlando, però, la maggior parte degli ambienti risulta sin troppo spoglia  ed il design degli avversari poco vario.

Anche il sonoro, a parte un ottimo doppiaggio inglese, non riesce a brillare, rimanendo sin troppo anonimo. Peccato, perché certe cut scene sarebbero risultate ancor più drammatiche se coadiuvate da un sottofondo musicale più incisivo.

Tirando le somme

Dead to Rights: Retribution risulta, in fin dei conti, un prodotto giocabile, ma non piacevole. Il divertimento lascia velocemente il posto alla monotonia e alla noia. Il problema non è l’essere legato troppo al passato, ma il non essere riuscito a trovare una propria identità. L’intera esperienza di gioco dà l’idea di un minestrone senza sapore e senza una vera cognizione di causa. Il gioco è consigliato solo agli appassionati della saga (se mai ce ne fossero). Tutti gli altri dovrebbero guardare altrove o provare con mano prima dell’acquisto.

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