Limbo – Recensione Limbo

Ad un anno dall’uscita sull’Xbox Live Marketplace, Limbo, per la gioia degli utenti Sony, arriva finalmente sul Playstation Store.
Se ancora non lo si conosce, Limbo è un puzzle-platformer in 2D sviluppato dalla PlayDead, software house indipendente con sede in Danimarca, che oltre ai numerosi riconoscimenti della critica ha saputo conquistare il terzo posto degli XBLA più scaricati del 2010.

Se dovessi pensare ad un aggettivo che descriva Limbo, la prima parola che mi verrebbe in mente sarebbe senza ombra di dubbio “essenziale”. Non aspettatevi la solita introduzione coinvolgente, e nemmeno la spiegazione del perché ci si sveglia nel bel mezzo di una tetra foresta, nei panni di un anonimo ragazzino: il motivo che ci muove è la ricerca disperata della sorella scomparsa; motivo che, in verità, lo apprendiamo leggendo la descrizione del gioco sul Playstation Store.

Arte in movimento

Limbo è un titolo dalla cupa atmosfera, “dipinto” solo di bianco e nero, che gioca sul dualismo luce ed ombra; il riferimento al genere “Noir” del cinema anni ‘40 è diretto e inequivocabile.
Nel quadro di gioco, il primo piano, dedicato al giocatore, è composto dal solo nero ed è così preciso da poter cogliere anche piccoli dettagli come sciami di insetti, gocce d’acqua o scintille. Questa precisione del primo campo si contrappone ad un fondale meno preciso, volutamente sfocato e con una profondità dell’ambiente che sembra quasi voler avvolgere il giocatore e rendere ancora più immersiva l’esperienza di gioco.
Le caratterizzazioni degli oggetti e degli “esseri viventi” sono ridotte al minimo, se ne scorge infatti solo la nera sagoma, quanto basta che capire o immaginare con cosa stiamo interagendo; fanno eccezione gli occhi bianchi del protagonista che in questa maniera viene differenziato dal resto della scena.
Rapiti da questa dimensione, dove nulla è superfluo, è una sorpresa notare il comportamento di un ottimo motore fisico che governa gli oggetti in movimento in maniera funzionale e davvero realistica.

Quando musica e sound fx diventanto una cosa sola

Il coraggio che Limbo dimostra nella grafica lo ritroviamo anche nel comparto audio, nel quale musica ed effetti sonori si fondono per creare insieme i temi musicali che accompagnano il giocatore dall’inizio alla fine della partita. I momenti cruciali, come da manuale, vengono enfatizzati da un motivo “in crescendo”. Questo, unito ai rumori ambientali ed ai giochi di chiaro/scuro, crea un’esperienza che più che descritta va giocata, per essere compresa pienamente. A testimonianza della qualità del lavoro e su richiesta dei fan, gli sviluppatori hanno da poco reso disponibile la colonna sonora su iTunes Store.

“Trial and Death”

Limbo propone al giocatore una sfida continua, combinando elementi platform, dove il tempismo nei movimenti è fondamentale, ed elementi puzzle, dove la perspicacia sarà la chiave del successo.
Il particolare stile di gioco che ne deriva, definito dagli sviluppatori stessi come “prova e muori”, porta il giocatore a “sperimentare” di volta in volta le possibili combinazioni per accedere all’enigma successivo. Proveremo quindi a spostare casse, accendere interruttori e muovere leve nella giusta sequenza, ma anche ad aspettare il momento giusto per saltare sulla piattaforma al fine di evitare massi, lame o spuntoni; il fallimento del tentativo, con la conseguente morte cruenta del personaggio, ci riporterà al checkpoint più vicino in corrispondenza sempre dell’inizio dell’enigma nel quale siamo periti.
La difficoltà delle situazioni cresce con l’avvicinarsi della meta, si avranno quindi non solo enigmi più difficili, ma anche meno tempo a disposizione per ragionare ed agire.

La semplicità e genialità di Limbo dimostrano che non servono i “muscoli” per essere apprezzati. Di questo gioco ci ricorderemo sicuramente l’angoscia della prima tagliola, il rumore sordo dei passi del ragno, lo stridio di una sega circolare ed il ronzio della corrente elettrica sul pavimento.
Un gioco di breve durata, da consumare voracemente in un paio di sessioni di qualche ora ciascuna, a patto di avere l’acume e la prontezza di riflessi per farlo.

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