Samurai Riot – Recensione

Gli anni ’90 del secolo scorso, complice anche l’aumento della potenza di calcolo portata dalle piattaforme a 16 bit, videro l’affermarsi di un genere conosciuto come beat’em up, o più semplicemente picchiaduro a scorrimento. Caratterizzati da una trama ridotta al minimo, spesso poco più del classico salvataggio della pulzella di turno, questo genere videoludico ha avuto dalla sua parte una nutrita schiera di ottimi titoli come le varie saghe di Golden Axe, Street Of Rage, Final Fight, gli intramontabili Knights Of The Round, Cadillacs And Dinosaurs e molti altri.

Sempre godibili e invecchiati benissimo grazie a un’alta giocabilità e alla possibilità di collaborare con un altro giocatore, che negli anni ’90 era ancora una piacevole novità, i beat’em up vengono ancora oggi ripresi dagli sviluppatori con risultati ottimi, come Dungeons And Dragons: Chronicles Of Mystara del 2013, a sua volta remake degli eccellenti Tower Of Doom (1993) e Shadow Over Mystara (1996).

Oggi ci provano gli sviluppatori di Wako Factory con questo Samurai Riot, uscito il 13 settembre su Steam, titolo che si ispira decisamente alle meccaniche e alle atmosfere dei gloriosi picchiaduro dell’epoca d’oro a 16 bit.

Samurai Riot
Non mancano le opzioni per personalizzare il nostro alter ego

Dal Giappone con furore

Samurai Riot si svolge nel classico Giappone feudale, in una terra resa caotica dallo scontro tra i coraggiosi ribelli da una parte, e i samurai fedeli al daymio, il padrone feudale, dall’altra. Spinti da motivazioni differenti, i protagonisti della nostra avventura, il samurai Tsurumaru e la ninja Sukane, dovranno effettuare delle scelte che li porteranno a unirsi alla rivolta dei ribelli o a rimanere fedeli al sovrano, tentando nello stesso tempo di sopravvivere a orde di avversari che includono tutto il campionario del Giappone feudale e mitologico, tra lottatori di sumo, ninja, samurai, ribelli e creature leggendarie.

Samurai Riot
La nostra avventura si svolge nel Giappone feudale

Spade, calci, ninja e samurai

La giocabilità di Samurai Riot, come dicevamo, si ispira decisamente alle meccaniche tipiche dei picchiaduro a scorrimento della vecchia scuola, ma aggiunge anche alcuni contenuti per venire incontro alle esigenze dei giocatori moderni.

All’inizio della nostra avventura ci viene chiesto di scegliere tra quattro livelli di difficoltà e tra due soli personaggi: il samurai Tsurumaru, consigliere di guerra presso il Gran maestro, forte e abile nell’uso della katana, e la ninja Sukane, agente segreto che preferisce invece affidarsi alla velocità e a una kusarigama, letale catena munita di una piccola falce all’estremità.

Mentre il primo, grazie alla sua stazza, è in grado di parare i colpi degli avversari e dispone di alcune granate esplosive, la seconda preferisce utilizzare le schivate e può fare affidamento sulla volpe Azu, in grado di bloccare i nemici per alcuni secondi.

Sin da subito avremo a disposizione varie scuole di arti marziali per modificare i vari parametri di agilità, forza, salute e furia, scegliendo una tra le quattro abilità in grado di darci alcuni particolari poteri, dal potere della rana, che permette di ottenere un doppio salto, alla scuola della fenice, in grado di donarci una vita extra. Le abilità potranno essere aumentate di numero a mano a mano che raccoglieremo dei crediti dai nemici sconfitti, o rispettando alcuni parametri predefiniti.

Non manca la possibilità, anche questa ripresa dai gloriosi picchiaduro anni ’90, di poter giocare in due, limitata però alla sola cooperazione locale, mancando di fatto un qualsiasi supporto all’online. Una mancanza abbastanza pesante e piuttosto ingiustificata in un ambiente videoludico, quello attuale, ormai caratterizzato da una forte presenza delle varie modalità online.

I controlli, leggermente legnosi, si limitano ad alcuni pulsanti per attaccare, schivare (o parare, nel caso di Tsurumari) e lanciare attacchi speciali. Soddisfare determinati requisiti di stile riempirà una barra speciale che ci permetterà di effettuare brevi e letali combo, mentre in modalità cooperativa avremo la possibilità di effettuare una sorta di potente attacco combinato. Manca, però, un qualsiasi tutorial iniziale in grado di spiegare il sistema di controllo, costringendoci a mettere spesso il gioco in pausa per poter leggere direttamente nelle opzioni l’elenco delle mosse disponibili.

Al termine di ogni scenario, dopo aver sconfitto il boss di turno, ci verrà data la possibilità di scegliere se schierarci con i ribelli oppure affrontarli e, nel caso di scelte diverse in modalità cooperativa, dovremo affrontare un PvP contro il nostro partner. Queste scelte non sono marginali, ma andranno a modificare la storia principale fino ad arrivare a uno degli otto finali disponibili. Un meccanismo che, insieme alle varie combinazioni di abilità e scuole di arti marziali, aggiunge una certa rigiocabilità al titolo.

Nonostante un’apparente complessità iniziale, il titolo di Wako Factory scade presto in una certa ripetitività, provocata da differenze minime nello stile di combattimento dei vari personaggi, inclusi i nemici che, fatta eccezione per alcuni che utilizzano armi da fuoco, seguono schemi di attacco più o meno identici per tutta la durata dell’avventura. Ben presto ci renderemo conto che, per proseguire, sarà sufficiente muoversi finché gli avversari si troveranno riuniti in una piccola zona, per poi bombardarli di granate o affrontarli tranquillamente in fila uno per uno.

Per concludere, manca anche la possibilità di salvare in slot dedicati: il titolo provvede a salvare a intervalli regolari, o quando si esce dalla partita, ma la posizione di salvataggio rimane una sola, costringendoci a sovrascriverla nel caso in cui vogliamo semplicemente cambiare personaggio o introdurre un secondo giocatore.

Samurai Riot
In coppia è possibile eseguire attacchi speciali

Anni ’90 in cell shading

Il comparto tecnico di Samurai Riot fa un largo uso del cell shading, una tecnica che, a fronte di una relativa facilità di realizzazione, permette di ottenere risultati sempre piacevoli. Artisticamente il titolo di Wako Factory rimane valido, con degli sfondi ottimamente disegnati (anche se inspiegabilmente statici) e dei personaggi che ben ricreano un’aria da fumetto animato. Ma il tutto risulta appesantito da animazioni spesso scarse, sia nel gioco che nelle scene di intermezzo.

Dal punto di vista sonoro troviamo delle graziose musiche tradizionali giapponesi, con qualche variante più moderna, e degli effetti sonori abbastanza curati ma poco vari e dal volume forse troppo alto rispetto alla colonna sonora (è comunque possibile regolare le varie opzioni audio).

Samurai Riot
No, non è Quelaag di Dark Souls

Nonostante la buona volontà, che si nota soprattutto nella possibilità di personalizzare il personaggio tramite varie scuole e abilità, la presenza di otto finali e la possibilità di collocarsi nel solco ancora attuale dei picchiaduro anni ’90, il titolo di Wako Factory si rivela essere un’occasione sprecata e incapace di rivaleggiare non solo con produzioni abbastanza recenti come Chronicles Of Mystara, ma anche con i vari Golden Axe e Street Of Rage ai quali vorrebbe ispirarsi. La mancanza, inspiegabile al giorno d’oggi, di una qualsiasi modalità cooperativa online, i controlli abbastanza legnosi, la limitatezza delle meccaniche e delle animazioni e lo scomodo sistema di salvataggio lo rendono infine un titolo che, seppur potrà piacere agli irriducibili appassionati del genere, non riesce a convincere e ci lascia con una forte voglia di mettere su un qualsiasi altro beat’em up della vecchia scuola.

6

Pro

  • Piacevoli meccaniche anni '90
  • Rigiocabile
  • Artisticamente grazioso
  • Cooperativa per due giocatori...

Contro

  • ...ma senza l'online
  • Animazioni limitate
  • Meccaniche ripetitive
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