Shin Megami Tensei: Digital Devil Saga – Recensione Shin Megami Tensei: Digital Devil Saga
Recensione a cura di: Shejlahn
Genealogia Divina
Tutto cominciò con il vero risveglio della dea nel 1992 su PlayStation. Da quell’anno l’universo Megaten partorì una serie impressionante di spin-off e sequel tematicamente intessuti di occulto, science fiction e calati in una dimensione apocalittica, tutti discendenti più o meno diretti di Shin Megami Tensei che, nello specifico, contò tre capitoli. L’ultimo della saga, SMT:Nocturne, che vantò un’edizione director’s cut (rilasciata in Europa nel 2004 con il titolo di Lucifer’s Call), può essere definito come il parente più prossimo di Digital Devil Saga, nato nel 2004 in Giappone e rilasciato in Europa nel 2006, che l’anno seguente assisterà alla nascita del suo sequel, Digital Devil Saga 2.
Un cortile di rottami
La storia di Digital Devil Saga si svolge nel Junkyard, una landa fosca e desolata privata della luce del sole, in cui sorgono bizzarri complessi urbani, dove edifici di gusto indio-orientale svettano in squallidi quartieri diroccati, ospitando abitanti altrettanto grigi e malinconici in attesa di una vita migliore. Ciascuna città funge da base e roccaforte per una diversa tribù per un totale di sei.
Queste tribù sono in perenne lotta fra loro, poiché chi riuscirà a prevalere sulle altre, avrà il diritto di accedere al Nirvana entrando nel Karma Temple, il misterioso edificio che sorge nel centro del Junkyard.
I protagonisti sono i membri principali degli Embyron, capitanati dal giovane Serph.
Durante uno scontro di routine con i loro diretti avversari, i Vanguards di Harley, uno strano oggetto cade dal cielo, esplodendo raggi di luce che vanno a marchiare tutti gli abitanti del Junkyard, trasformandoli in potenti Demoni assetati di sangue.
Per tentare di capire l’origine di un potere tanto orribile quanto decisivo per raggiungere il Nirvana, Serph e i suoi amici Argilla, Heat, Cielo e Gale, decideranno di portare con sé Sera, la bella ragazza corvina giunta dal cielo insieme all’oggetto misterioso, che, pur non ricordandosi null’altro al di fuori del suo nome, è in grado di placare la rabbia famelica dei Demoni con il suo canto.
Rami di Mantra e punti Atma
La caratteristica principale di Digital Devil Saga consiste senza dubbio nello sviluppo dei personaggi tramite le griglie di Mantra. Ogni griglia è dotata di varie abilità demoniache che consentono al personaggio di imparare tanto magie, elementali e non, quanto nuovi attacchi fisici. Ciascuna abilità si sviluppa in potenza e qualità lungo il suo specifico ramo, perciò per acquisire una magia di livello 2 (es: Mazio) sarà necessario avere prima acquisito quella di livello 1 (es: Zio). A parte questo, per ottenere nuove abilità basterà avere i soldi necessari.
Questo garantisce dunque al giocatore di muoversi in piena autonomia, gestendo ciascun personaggio secondo la sua strategia o fantasia; ciò di cui dovrà preoccuparsi saranno i soldi e le debolezze naturali dei personaggi.
Una volta acquistata l’abilità scelta, per poter usare concretamente i suoi poteri occorrerà riempire una barra di Atma. Gli Atma points equivalgono a dei punti esperienza e difatti si ottengono sconfiggendo nemici. Per riempire più velocemente la barra si può ricorrere all’abilità Devour: quando i nemici si mostreranno frightened, ovvero spaventati, perché magari li avete colpiti ripetutamente con l’elemento cui sono deboli per natura, sarà possibile divorarli consumando una piccola quantità dei propri hp ed accrescere così la quantità di Atma guadagnata al termine della battaglia. Attenzione, però! Se divorerete troppi nemici in un breve lasso di tempo, vi farete venire un tremendo mal di pancia (stomachache) e il personaggio da esso affetto non potrà più ricevere Atma points dai combattimenti seguenti finché non sarà curato.
Alcune abilità possono anche essere imparate semplicemente schierando in campo in maniera sempre diversa i personaggi man mano che completano ciascun ramo di Mantra: tali abilità sono le combo e possono rivelarsi molto utili in determinate situazioni.
Con l’aumentare dei livelli sarà possibile usare in battaglia sempre più abilità (da quattro a sei a otto, e così via): questo faciliterà notevolmente gli scontri, dal momento che si avrà a disposizione una gamma ben più varia di attacchi e di abilità curative.
Benché questo sistema di sviluppo possa sembrare un poco ostico, all’inizio del gioco, nel giro di un paio di ore la sua padronanza diventa pressoché totale.
Per quanto riguarda il combattimento, esso procede a turni, ma con un’interessante variante: qualora riusciste a infliggere al nemico un critical hit, colpendolo con l’elemento cui è naturalmente debole, avrete un turno in più per i vostri personaggi. Ovviamente questo meccanismo è valido anche al contrario, dunque se un nemico sarà abbastanza furbo da colpire Heat con Mabufu (magia elementale di ghiaccio), non solo gli infliggerà un danno notevole, ma potrà attaccare di nuovo, rendendo la situazione ancor più difficile.
Da qui si comprende come vincere una battaglia in Digital Devil Saga non sia tanto questione di potenza, da esprimersi in livello raggiunto o in numero di abilità acquisite, ma una questione di strategia, di scelte accorte nello schierare i personaggi in campo e di turni sfruttati al meglio infliggendo quanti più critical hits possibili o proteggendosi con una difesa adeguata al tipo di attacco nemico.
Persino i nemici in apparenza più deboli potrebbero causarvi un clamoroso game over, se vengono sottovalutati o affrontati senza conoscere le loro caratteristiche (cosa possibile con l’abilità Scan), e questo per due motivi: l’Intelligenza Artificiale che presiede ai combattimenti gestisce i nemici in modo tanto accorto quanto potreste farlo voi con i vostri personaggi, e il tasso di combattimenti casuali è piuttosto alto. Questo senza contare che i nemici possono richiamare spesso dei rinforzi nel corso della battaglia.
Da un lato questo rende il gioco sicuramente più avvincente e meno scontato del solito RPG in cui, bene o male, con una bella spada possiamo votare a una fine sicura qualsiasi nemico, tralasciando magie e invocazioni; dall’altro, può rendere la partita davvero snervante e interminabile.
Per fortuna sul percorso sono dislocati numerosi Karma Terminals, che consentono di ripristinare le proprie energie pagando una certa quota di denaro, acquistare nuovi Mantra e teletrasportarsi al di fuori del Dungeon.
Degna di nota è infine, la possibilità di trasformare a proprio piacimento i personaggi in umani o viceversa in demoni, con il comando revert: se è vero che in forma umana i vostri combattenti avranno una difesa e una potenza di attacco molto inferiori rispetto a quelle in forma demoniaca, è anche vero che in tal forma, non saranno più soggetti alle debolezze naturali. Anche in forma umana inoltre, in base alla combinazione dei personaggi in campo e alle abilità da loro acquisite, si potranno imparare nuove combo.
La forza dell’apatia
La grafica di Digital Devil Saga è piuttosto curata e funzionale all’ambientazione. Si avvale infatti di un tratto essenziale, netto e squadrato, giocato sulle tinte fosche, e questo, unito ad una colonna sonora che spazia dal rock delle battaglie alla musica mistica dell’esplorazione dei dungeon, riesce a creare un’atmosfera misteriosa ed intrigante, sapientemente intrisa del sentore dell’Apocalisse e del gusto per l’occulto che avviluppa anche le più mirabolanti tecnologie sci-fi del Karma Temple.
Occorre precisare che questo stile può risultare un po’ troppo piatto e limitante per i personaggi, le cui espressioni facciali tendono in generale alla staticità; e questo si nota soprattutto durante gli intermezzi animati, poiché la sincronia con il parlato è spesso imprecisa (ed in momenti di particolare pathos, questo difetto può essere davvero disastroso, sfiorando il tragicomico). Ma una scelta simile, che può apparire sicuramente un difetto, trova una semplice spiegazione, se si pensa che i personaggi sono apatici e privi di qualsiasi emozione. Sarà proprio l’evolversi della trama a insegnare loro, tramite ricordi sconnessi di un passato non così lontano, a provare sentimenti e a porsi domande sulla loro stessa esistenza che, prima dell’arrivo di Sera, veniva condotta al limite della mera sopravvivenza.
Questa stessa trama che supporta tali scelte grafiche soffre però di lacunosità ed è praticamente scontato che i giocatori, al termine dell’avventura, che dura in media dalle 30 alle 40 ore, si ritroveranno con un numero di domande senza risposta di gran lunga superiore a quello delle questioni risolte. Vero che DDS è stato pensato come prequel del successivo capitolo, DDS 2, ma i silenzi da un lato, e le allusioni a fatti di cui non si è a conoscenza dall’altro, possono risultare alquanto fastidiosi, in determinati passaggi.
Inutile dire che, per chi ha giocato a Nocturne, DDS sembrerà un dejavù sotto molti aspetti, ma il gioco è dotato senza dubbio di forza propria, soprattutto grazie all’incredibile atmosfera.
Benché risulti incompleto dal punto di vista della trama e un poco ripetitivo nel suo complessivo sviluppo (dungeon, sequenza animata, dungeon, sequenza animata), DDS si può definire un buon titolo, accattivante e interattivo al punto giusto, con un innovativo sistema di combattimento e di sviluppo personaggi e un’atmosfera unica nel suo genere.