The Elder Scrolls Online – Recensione

Sviluppato da Zenimax Online Studios e pubblicato da Bethesda Softworks, The Elder Scrolls Online è il risultato di una parziale trasposizione online di una fra le serie CRPG single player più amate e apprezzate di sempre. Ben diverso dal gameplay a cui siamo stati abituati dagli ultimi tre capitoli realizzati da Bethesda, The Elder Scrolls Online si pone a metà via fra un’esperienza di gioco in singolo e una massiva, seguendo il controverso filone di MMORPG più recenti che fanno del lato social e interattivo un aspetto sempre più marginale del genere online.
Al di là del gameplay, che malgrado la sua poca originalità è riuscito comunque a intrattenerci per numerose ore, ciò che più ci ha negativamente colpiti nel corso di questa valutazione è stato il pessimo lancio per via degli innumerevoli bug e un customer service mal organizzato e apparentemente poco competente. Una serie di aspetti negativi che, visto il costo elevo del gioco e i grossi investimenti dietro allo sviluppo del titolo, non siamo riusciti a giustificare malgrado le evidenti potenzialità che il titolo potrebbe sfruttare nel corso di futuri sviluppi e aggiornamenti.

 Una prigione, una profezia, un nemico da sconfiggere
TESO si apre con il consueto cliché, l’ormai noto marchio di fabbrica che contraddistingue l’intera serie The Elder Scrolls: il “protagonista” sacrificato dal necromante Mannimarco si risveglierà all’interno di una prigione “spirituale”, e dalla quale riuscirà a fuggire grazie all’aiuto di un vecchio che si fa chiamare Il Profeta e a una Nord mezzosangue.
A differenza dei titoli single player, in TESO il giocatore viene catapultato sin da subito nel vivo dell’azione, dovendo farsi strada fra prigionieri in fuga, scheletri ostili e trappole mortali. L’incipit della narrazione è indipendente da razza e fazione scelte, le quali influenzeranno il gioco solamente al termine del tutorial iniziale. La creazione del personaggio viene richiesta prima di iniziare la propria avventura, presentando le classiche 10 razze, divise in tre fazioni in conflitto, a esclusione degli imperiali, disponibili ai soli possessori dell’edizione Imperial e utilizzabili in ognuna delle suddette fazioni.
La personalizzazione è ottima, permettendo di creare personaggi davvero unici e per lo più consoni allo stile The Elder Scrolls. Essendo il gioco basato su un sistema a classi, durante la creazione sarà richiesto di scegliere uno fra i quattro archetipi primari: Dragon Knight, Sorcerer, Templar e Nightblade; solo in seguito, grazie al complesso sistema di skill e gilde NPC correlate, sarà possibile personalizzare in maniera più approfondita il ruolo del proprio alter ego, trasformando il classico sistema class based in una progressione più complessa e piuttosto libera. Ogni fazione comprende quest e sfumature della story line differenti, rappresentando quindi una scelta decisiva sia per il lato PvP che PvE del gioco. A esclusione dell’edizione speciale Imperial, ogni razza è legata a una fazione, e sarà costretta a giocare, fino al raggiungimento del livello 50, nel territorio di propria appartenenza.
Al superamento del “cap”, e al conseguimento del rank Veteran, sarà poi possibile avventurarsi verso le zone delle altre fazioni per svolgere ulteriori quest volte all’esplorazione di dungeon e luoghi ancora sconosciuti; ovviamente, onde evitare di rendere il prodotto un po’ troppo adrenalinico, il PvP è presente nella sola Cyrodill, e pertanto non sarà possibile attaccare giocatori di fazioni nemiche all’interno delle loro zone.
Lupi solitari
Come già detto, in The Elder Scrolls Online l’esperienza di gioco si scinde a metà fra un gioco in singolo e uno massivo. Per far fede alla serie da cui prende il nome, ESO vanta di una trama piuttosto articolata, con personaggi ben approfonditi e qualche colpo di scena inaspettato. Per evitare incoerenze con la narrazione, la storia principale la si può giocare pressoché esclusivamente da soli, essendo per lo più istanziata in determinate aree di gioco. Le quest secondarie sono anch’esse di ottima fattura, e molte abbracciano ottimamente lo stile dei nostri classici RPG occidentali, senza puntare sul farming di nemici o risorse, ma piuttosto incentivando il giocatore a esplorare il mondo di gioco, ponendo maggiore importanza sul lore piuttosto che sul combattimento fine a sé stesso.
Per tale ragione, ci sentiamo di sconsigliare di giocare a ESO con l’idea di non leggere i vari dialoghi e le varie vicende narrate, poiché equivarrebbe al non godere della quasi totalità dei contenuti attualmente offerti. A eccezione di qualche dungeon, qualsiasi luogo e ogni tipologia di mob sono in qualche modo legati alle vicissitudini di un NPC, incentrando gran parte della progressione e del livellaggio sul conseguimento delle varie quest offerte. Malgrado la scalata verso il 50 (e in modo particolare verso il rank 10 del Veteran) sia molto lunga e piuttosto lineare, gli amanti del PvE potranno godere di tantissime ore investite a esplorare, leggere libri, svolgere quest interessanti e apprendere ogni dettaglio e particolare della regione in cui si trovano. Inoltre, le fasi di combattimento sono piuttosto impegnative, incentivando il giocatore a studiare il proprio avversario e a parare o contrattaccare nei momenti più adeguati: sappiate che in caso di errore, un nemico abbastanza forte sarà in grado di atterrarvi nel giro di pochi colpi.
Nel complesso quindi, la parte PvE del gioco ci è piaciuta, intrattenendoci per numerose ore verso il raggiungimento del level cap. Malgrado sia presente una certa linearità di fondo, le istanze da esplorare sono piuttosto grandi e ottimamente strutturate, tant’è che ci siamo più volte spinti al di fuori delle aree designate dalle quest per scoprire e esplorare le zone più nascoste e segrete della mappa. Nota di merito per i dungeon, caratterizzati da boss e design unici in base alla location. Peccato però per la pessima implementazione del phasing, ossia il sistema utilizzato per istanziare determinate aree in base alla quest che si sta conseguendo. Piuttosto che istanziare le aree del mondo “open”, Zenimax avrebbe potuto limitare maggiormente i dungeon, che il più delle volte ci siamo trovati a esplorare malvolentieri per via dei troppi giocatori che li affollavano.

La serie The Elder Scrolls è da sempre amata per l’immedesimazione del giocatore e l’estrema libertà di esplorazione; purtroppo ESO pecca su questi due ultimi aspetti in gran parte per via del phasing, che non è stato collocato in luoghi, a nostro parere, opportuni. Insomma, se la struttura delle quest e della progressione sono riprese da quella di un classico RPG single player, l’affollamento dei dungeon e l’accumulo di persone presso particolari NPC e boss ci ha più volte infastidito lungo il nostro percorso esplorativo del gioco.

 Cyrodill, il cuore frantumato di Tamriel

 Per quanto possa essere poco apprezzato dai puristi della serie, l’anima di ESO risiede nel PvP massivo di Cyrodill, un’enorme istanza che riprende le stesse location che i giocatori hanno già potuto esplorare durante il quarto capitolo della serie. L’accesso a questa zona è possibile solamente dopo il superamento del livello 10 e, per bilanciare i vari giocatori, gli utenti più bassi di livello ricevono un buff alle statistiche per permetter loro di tener testa agli avversari più esperti. La mappa comprende numerosi avamposti e castelli “collegati” fra loro e catturabili dalle tre fazioni in conflitto. Gli assedi prevedono l’utilizzo di tre tipologie di macchine d’assedio (trabocchi, baliste e catapulte) ognuna di esse con altre tre diverse tipologie di munizioni, assieme a potentissime cisterne ricolme d’olio bollente. Gran parte dei siege che abbiamo affrontato hanno contato centinaia di persone su schermo, risultando il più delle volte in assalti massivi determinati principalmente dal numero di partecipanti per fazione.
I momenti più divertenti li abbiamo trascorsi a esplorare le zone un po’ più isolate della mappa, ricca di dungeon e luoghi da scoprire. Gli incontri con gli avversari hanno trasformato le nostre uscite esplorative in piccole battaglie campali dove era possibile mettere alla prova le proprie build. Inoltre, l’assenza di target e skill AOE ridondanti, ci ha permesso di vincere battaglie in condizioni di netta inferiorità numerica, respingendo il nemico grazie alle proprie abilità di giocatore e non al numero di alleati. Nota di demerito per la poca persistenza del sistema PvP, marcato da una suddivisione in più campagne (“server”) e caratterizzato da una preminenza eccessiva dello zerg e della rapida cattura di avamposti. Un gameplay che non si discosta poi molto dal WvW di Guild Wars 2 e dal sistema di cattura adoperato da PlanetSide 2. Abbiamo invece apprezzato l’implementazione dell’imperatore, correlata alla cattura delle scroll, come fine ultimo degli scontri, andando a donare quel pizzico di competitività in più al PvP; purtroppo però, siamo rimasti delusi e dall’attuale impostazione di Cyrodill, tremendamente casual e poco sentita da parte delle gilde.
 Le bellezze e le mostruosità di Tamriel
The Elder Scrolls Online è stato realizzato con l’ormai noto Hero Engine, motore con cui è stato sviluppato anche Star Wars The Old Republic. In ESO, Zenimax è riuscita a ricreare delle ambientazioni davvero belle e credibili, permettendoci di esplorare splendide aree che non erano ancora state viste nella serie single player. Avendo giocato come Dumner per gli Ebonheart Pact, abbiamo avuto il piacere di esplorare la bellissima Morrowind di ESO, ricca di quei tratti caratteristici direttamente ispirati all’amata Vvanderfell. Le istanze sono piuttosto grandi, ben caratterizzate e ricolme di dettagli tutti da scoprire. I dungeon sono sicuramente il punto forte, vantando di una cura del dettaglio davvero alta. Gli effetti di luce sono splendidi e le texture sono in linea con le varie produzioni online massive. I modelli dei personaggi si discostano invece dallo stile più verosimile intrapreso da Skyrim, rispecchiando una rappresentazione più cartoonesca e surreale; un vero peccato che Zenimax abbia adottato delle atmosfere meno cupe rispetto a Skyrim e Morrowind, ricadendo su uno stile più colorato e brillante. Pessime invece le animazioni, che avrebbero meritato maggiore fluidità e credibilità nelle movenze dei vari personaggi. Per quanto riguarda le performance, il motore gira per lo più bene e fluidamente, con grossi cali di frame solamente in occasione delle battaglie massive di Cyrodill. Purtroppo, anche con macchine performanti, è pressoché impossibile gestire centinaia di giocatori a più di 20 frame al secondo; ciò non accade nella sezione PvE del gioco, sempre godibile anche a dettagli massimi (ovviamente a patto di disporre dei requisiti di sistema adeguati).
Restando nell’ambito tecnico del prodotto, abbiamo invece potuto riscontrare diversi bug alcuni dei quali piuttosto gravi. Tra i più noti, e che noi stessi abbiamo avuto modo di sperimentare, citiamo il caricamento infinito delle mappe (che ci ha costretti più volte a riavviare il client per riuscire a entrare in gioco), varie quest impossibili da completare, e la possibilità di sfruttare i mercati e le banche di gilda per moltiplicare il denaro in proprio possesso; quest’ultimo, assai grave e largamente sfruttato, ha spinto Zenimax a bannare gran parte degli utenti identificati come exploiter, facendo ricadere nella propria morsa di ban anche utenti “innocenti” e ignari del fatto. Una catastrofe che ha rappresentato, a poche settimane dal lancio, la goccia che ha fatto crollare la fragile credibilità della software house in questione. Il vero male non è il fatto che ESO presentasse bug al lancio; ormai, a questo genere di problemi, ci siamo abituati, ed è una prassi che si ripete al lancio di ogni nuovo MMO. Il problema risiede nella notorietà che sta dietro al titolo, e ai grossi fondi che sono stati investiti sul progetto, assieme all’ingente costo richiesto dagli utenti per poter giocare. Senza contare la poca efficacia con cui il customer service ha affrontato i suddetti problemi.


A conti fatti, The Elder Scrolls Online è un titolo che, per il momento, non ci sentiamo di consigliare. Motivo principale, l’alto costo che è necessario sostenere per dover giocare ad un MMO che nulla offre di diverso rispetto a quanto è già uscito fino a oggi, e che purtroppo ha presentato numerosi bug tecnici molto gravi e certamente ingiustificabili per un prodotto in cui è stato svolto un beta testing di diversi mesi. L’immersività tratta dalla serie The Elder Scrolls è sicuramente il punto forte del gioco, grazie a una grafica tutto sommato godibile e a delle ambientazioni realizzate davvero maestosamente. Il PvP è divertente e strategicamente interessante, ma dopo alcune ore lascia quella sensazione di già visto per via della forte somiglianza alle meccaniche adoperate da Guild Wars 2; una maggiore persistenza e interazione fra le gilde, avrebbe sicuramente giocato a favore di Cyrodill. Inoltre, tralasciando le varie imprecisioni e incongruenza con il lore delle serie in singolo, il PvE ha smesso di intrattenerci per via della pessima gestione del phasing; ESO ci ha chiaramente (e banalmente) dimostrato che voler forzare una trama da single player (con un protagonista che è affiancato da altri migliaia di altri giocatori) in un MMO, non è assolutamente realizzabile, e anzi va a rovinare il lato social, e per l’appunto massivo, di cui il titolo dovrebbe invece vantare. A ogni modo, malgrado i suoi difetti, qualcosa di buono ESO ce lo ha comunque trasmesso, e in particolare, la voglia di rigiocare ai vecchi capitoli della saga, Morrowind su tutti.

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