Top 10 Platform su PlayStation

Il 18, il 19 e il 20 settembre noi di Gamesource siamo stati al Videogameshow di Napoli, con uno stand interamente dedicato al retrogaming. Abbiamo avuto un gran numero di visitatori, appartenenti a tutte le fasce di età, ma non appena annunciavamo i vari tornei di Bomberman o Crash Team Racing, venivamo completamente assaliti. Questo perché noi videogiocatori siamo tipi nostalgici, inutile negarlo. Un bel paradosso, considerando che ci piace un mondo che è proiettato verso il futuro. Persino le Software House lo hanno capito, propinandoci edizioni Remastered di vecchi capolavori. Una cosa che ci infastidisce parecchio, ma su cui puntualmente caschiamo.

Ecco, vorrei sfruttare questo lato tenerone che ci caratterizza, approfittando dei vent’anni compiuti da PlayStation, per scrivere un articolo carico di nostalgia e ricordi, in cui vi elencherò dieci titoli platform usciti per la scatoletta grigia targata Sony, divenuti importanti sia per me perché, nonostante la loro natura apparentemente scanzonata, mi hanno emozionato in maniera indelebile, sia per il mondo videoludico, essendo ormai delle vere pietre miliari.
Sto esagerando? Voi intanto tenete a portata di mano i fazzoletti.

10 – Hercules

Nella nostra infanzia la Disney è stata una grande maestra, anche per quanto riguarda i videogiochi. È stata dura scegliere un titolo rappresentativo, ma alla fine ha prevalso Hercules. Un gioco fedele al film, in cui ogni livello rappresenta le scene più importanti, attraverso la riproposizione della colonna sonora che in Hercules – il film d’animazione – è eccezionale.

La cosa più bella è che i livelli presentavano strutture sempre diverse: si andava dal classico platform in 2D in cui raccogliere oggetti e saltare da un punto a un altro, al galoppare Pegasus sparando saette, sino a trovare una strategia adatta per battere i boss. Parliamoci chiaro però: il reale motivo per cui ci piaceva questo gioco era il pugno potente. Premere il tasto per iniziare a far roteare il polso, sentire Hercules fomentarsi, udire il segnale della campanella, rilasciare il tasto per far partire il pugno, e vedere il nostro obiettivo sgretolarsi, era una cosa troppo soddisfacente. Nessuno poteva scampare a questa mossa potentissima, tranne un insulso, inutile personaggio. Il pazzo della città di Tebe, il quale correva all’impazzata e l’unica cosa che potevi fare per non ricevere alcun danno era evitarlo con il salto. In quei casi ho invocato più volte il nome di Zeus.

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9 – Bugs Bunny Lost in Time

Bugs Bunny Lost in Time è nel cuore di tutti i giocatori nati negli anni 90, e non è difficile comprendere il perché. Si tratta di un mix efficace fatto dall’idea sempre interessante del viaggio nel tempo, da un gameplay vario, e da enigmi sfiziosi. Il tutto è arricchito dallo stile umoristico tipico dei cartoni della Warner Bros. Anche in chiave videoludica, infatti, l’impertinente Bugs è riuscito a farci ridere prendendo in giro i classici antagonisti, come il grande Taddeo che nel capitolo in questione lo troviamo in simpatiche vesti primitive.

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8 – Rayman

Tra gli esempi più riusciti nell’ambito platform, non posso non citare Rayman. Sebbene ci siano tratti in comune con molti dei titoli citati, come il principio di dover salvare gli abitanti imprigionati dal cattivo di turno, Rayman riesce ad avere un carattere unico, probabilmente grazie al suo protagonista:  l’omino melanzana con mani e piedi fluttuanti è di per sé un’idea geniale, infatti. Ciò ha permesso una libertà di movimento senza pari, donando dinamicità al gameplay. Il tutto è immerso in scenari naturalistici dai colori sfavillanti. Ecco perché se si dovesse descrivere Rayman con una sola parola, quella sarebbe allegria.

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7 – Pandemonium 2

Capita di ritrovarsi davanti a qualcosa di allucinante, come un quadro di Salvador Dalì o la scena dei rosa elefanti di Dumbo, e venirne quasi ipnotizzati. Mia sorella ha provato la stessa sensazione con Pandemonium 2, difatti è stato l’unico gioco nella sua vita che le ho visto completare fino alla fine. E a lei i videogiochi non piacciono molto. Faccio questa introduzione personale per far capire il potere attrattivo di Pandemonium. Un potere reso forte dai mondi surreali fatti di colori sgargianti e di percorsi irregolari, e dai protagonisti eccentrici stilisticamente tanto quanto i nemici. Tutto ciò sarebbe paragonabile quasi a un viaggio immaginario con l’LSD.

Pandemonium 2 ha un fascino troppo particolare per non far parte di questa classifica: far divertire attraverso il surrealismo e l’inquietudine – perché alcune scenografie e alcuni boss erano davvero inquietanti per un bambino – è proprio la sua più grande qualità.

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6 – Klonoa: Door to Phantomile

Sinora abbiamo parlato di storie un po’ strampalate e fuori dall’ordinario, ma questo paragrafo vorrei dedicarlo a Klonoa: Door to Phantomile, il titolo Namco uscito nel 1997, dalle forte tinte fiabesche. Le musiche, le ambientazioni, i dialoghi: ogni elemento gioca un ruolo fondamentale per far sì che il giocatore venga immerso in una dimensione magica. Nonostante all’apparenza possa sembrare infantile, Klonoa narra una storia meravigliosa fatta di principesse e di eroi, di miti e di bestie leggendarie. È stato uno dei titoli che emotivamente mi ha coinvolto di più, che si discosta un po’ dalla narrazione tipicamente irriverente del classico platform. Klonoa: Door to Phantomile infatti non solo diverte attraverso il suo gameplay, ma emoziona grazie a tutto il resto che lo compone.

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5 – Oddworld: Abe’s Oddyssee

Non c’è molto da dire come presentazione. Esclamazioni come “Seguimi!“, sono ormai troppo popolari  tra i vecchi giocatori. Questo perché Oddworld: Abe’s Oddyssee ha un gran carattere, capace di far provare subito simpatia per i Mudokon e pena per la loro triste sorte, portando il giocatore a trovare una soluzione ottimale per riuscire nell’intento. Non potete immaginare quanto ci rimanevo male quando non riuscivo a portare in salvo un amico di Abe, cosa che capitava abbastanza spesso, soprattutto quando non avevo ancora compreso la natura di Oddworld. A differenza dei giochi presenti in questa classifica, infatti, esso ha un ritmo lento, ragionato. Prima di fare qualsiasi mossa, che sia un salto, aprire una porta, o tirare una leva, bisogna pensare e tentare, per capire se l’approccio adottato sia quello giusto. Una bella dose di sfida, inserita in un contesto umoristico e affascinante, permette a Oddworld: Abe Oddyssee di ottenere con dignità questa posizione.

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4 – Tombi

Il motivo per cui da piccola desideravo avere la PlayStation è stato Tombi.

Ero a casa di un amico e lui stava giocando proprio a quello. Era esattamente all’inizio del gioco, e non appena vidi i fiori a forma di chiappe, i quali reagivano con rumorose flatulenze se ci si aggrappava, scoppiai a ridere. Avevo circa sette anni, e quello all’epoca era un tipo di umorismo che apprezzavo particolarmente.

In realtà il titolo di Whoope Camp è dotato di uno stile e una simpatia così particolari da risultare esilaranti pure per un adulto. L’intero gioco è basato su una storia apparentemente senza senso: un selvaggio dai capelli rosa, armato di sfollagente, si avventura per dare la caccia ai temibili maiali cattivi, i quali gli avevano rubato il bracciale del nonno, oltre a maledire i villaggi sparsi per il mondo. Attraverso questo incipit, ci siamo ritrovati a esplorare mondi paradossali, passando per foreste abitate da funghi che riescono a farci piangere o ridere, a boschi in cui abbiamo incontrato gnomi e farfalle con le ali fatte di foglie; o ancora a volare da immense montagne in groppa a una fenice, per poi scendere nella giungla. Tombi è un riuscitissimo mix fatto di fascino e stravaganza, in cui le storie, le atmosfere e i personaggi stessi appaiono strambi e travolgenti.

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3 – Ape Escape

Mentre oggi i tasti direzionali sono quasi diventati elementi decorativi, vent’anni fa era più o meno la stessa cosa con le levette analogiche. Queste servivano principalmente per controllare la telecamera, ma il personaggio si muoveva solo con i tasti direzionali. Poi arrivò Ape Escape e tutte le mie convinzioni crollarono. All’inizio fu un trauma, anche perché obiettivamente i comandi erano davvero scomodi, tuttavia decisi di non mollare la presa perché l’idea di base di andare a catturare con un retino delle scimmie rese scalmanate da un esperimento, mi aveva fortemente conquistato.

Aggiungiamo poi che oltre al retino potevi sbloccare nuovi gadget per riuscire ad acchiappare pure le scimmie più ostiche, che la storia mostrava personaggi interessanti e ben caratterizzati (Specter era veramente cazzuto come cattivo), e che il tutto era arricchito da uno stile nipponico, sia per quanto riguarda i personaggi dai tratti “mangosi”, sia per le idee pazze che hanno portato alla realizzazione dei gadget, dei quali citiamo la macchinina telecomandata e l’hula-hoop per correre più velocemente.

In poche parole, Ape Escape è un titolo che ha osato, proponendo una nuova tipologia di comandi, e soprattutto un umorismo tutto nipponico, paradossale ed esilarante, percepibile sia nella storia che nel gameplay stesso.

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2 – Spyro 2: Gateway to Glimmer

Di solito il secondo capitolo è sempre snobbato dai fan, un po’ per timore, un po’ per prevenzione. Esistono delle eccezioni però, e in questo caso è rappresentata da Spyro 2. Io ho letteralmente amato il primo capitolo, seppur, una volta finito, ci rimasi un po’ male perché credevo di vedere Spyro da grande. Dunque ero molto speranzosa per il secondo. Non fui accontentata ma rimasi comunque sorpresa piacevolmente. Mi bastò cadere per sbaglio  nel laghetto della Foresta d’Estate, e notare che Spyro non moriva come accadeva in precedenza, bensì nuotava. E non solo, poteva andare sott’acqua.

Fui felicissima.

Al di là di queste piccolezze, oggettivamente Spyro 2 è un gran titolo. Foresta d’Estate, Pianura d’Autunno, Tundra d’Inverno e le fantastiche Spiagge del Drago, hanno permesso con i loro mondi un viaggio meraviglioso, alla scoperta di nuove personalità come Hunter, il Professore, il Riccone ed Elona. La bellezza dei personaggi non sta solo tra i comprimari, ma anche tra i secondari incontrati nei vari livelli, capaci di coinvolgerci con le loro storie, e a renderci impazienti di aiutarli attraverso prove di abilità e di arguzia sempre diverse. Vorrei pure menzionare le musiche. Queste non fanno semplicemente da mero sottofondo: pensate che me le ricordo tutt’ora, e inevitabilmente, quando le canticchio, sento un peso nostalgico nel petto.

Ah, quanto mi manca.

Spyro 2 - Gateway to Glimmer

1 – Crash Bandicoot 3: Warped

Un primo posto forse scontato ma innegabile. Certamente il primo capitolo di Crash fu innovativo e di grande impatto, ma con il terzo è evidente una crescita qualitativa incredibile. La storia si fa più articolata, Crash e Cortex ormai sono già popolari, ma la vera forza del terzo capitolo è stata la varietà dei livelli e la interazione con essi. Ci siamo divertiti da morire nei classici livelli alla Crash Bandicoot, facendo volare nemici e raccogliendo frutti wumpa, ma anche scappando da furiosi Triceratopi, o gareggiando in motocicletta, o nuotando sott’acqua a caccia di squali, o ancora correndo sulla muraglia cinese con Coco in sella all’adorabile Pura. E questi sono solo alcuni esempi, infatti non dobbiamo dimenticarci del Bazooka!

Insomma, Crash Bandicoot 3: Warped è la massima espressione del divertimento, a oggi forse ancora unica per quel che riguarda il panorama PlayStation e il mondo dei platform.

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[signoff icon=”quote-circled”] È stata dura comporre questa classifica, non solo perché ho dovuto tralasciare altri titoli interessanti come Croc, Gex, Ralph il Lupo all’Attacco o il platform di Pacman, ma soprattutto perché i dieci giochi sopracitati, per un motivo o per un altro, meritano tutti il primo posto. Insieme compongono un’epoca d’oro del videogioco: niente spettacolarizzazione, niente sensazionalismo; il loro obiettivo principale era semplicemente quello di farci divertire, ma con stile. La loro bellezza risiede nelle loro originalità, proprio perché, nonostante alcune somiglianze nella struttura e nelle dinamiche, ognuno ha una sua caratteristica che li ha resi, e li rende tutt’oggi, unici. [/signoff]

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