Uncharted: un single-player che oggi non potrebbe esistere

Così dice la co-creatrice Amy Hennig

Undici anni sono tanti, in particolare per un medium così continuamente mutevole come il videogioco, tanti anche per un capostipite dell’intero panorama videoludico come Uncharted.

In un’intervista tenutasi al DICE Summit a Las Vegas Amy Hennig va a toccare proprio questa dolente e assoluta realtà.

Uncharted

Non credo nessuno possa dire con assoluta sicurezza che i giochi single-player sono morti. Guardando l’offerta attuale, più che altro, ce ne sono veramente pochi. Un gioco come Uncharted ha una campagna breve che, una volta finita, non ha contenuti aggiuntivi da offrire. Un gioco di adesso non può durare 8 ore e basta, come Uncharted, ma dovrebbe avere qualche modalità online. Basti guardare come ora tutto il mercato stia spingendo verso i game as a service, i battle royale e i vari servizi online, tutti aspetti che non vanno mano nella mano con la tradizionale narrativa di un gioco profondamente e quasi esclusivamente single player. Una storia deve avere un preciso arco narrativo con un inizio ed una destinazione, una fine, archetipo che un game-as-a-service non può rispettare.

Sia Uncharted 2 che il 3 avevano modalità multiplayer, inizialmente viste come aggiunte forzate ma che, alla fine, hanno creato e fatto crescere un sottogruppo di fan che ad anni dall’uscita del gioco ancora ci dedicano energie e tempo.

Non avrebbero mai potuto raggiungere un pubblico più mainstream come i tradizionali sparatutto multiplayer, ma il fatto che esistano giustifica tutto ciò che è stato speso e investito nella campagna single player.

Prendendo anche solo in considerazione God of War, Marvel’s Spider-man o Red Dead Redemption, il paragone in durata con il primo Uncharted è in totale sfavore di quest’ultimo.

Games as a service

Si, sono profondamente narrativi, ma sono anche incredibilmente longevi. C’è una parte di giocatori che non ne vedrà mai la fine, questa è la tacita verità. La lunghezza e la complessità di questi prodotti, la presenza di missioni secondarie e alberi di abilità, sono tutti aspetti assolutamente positivi, per il mercato e per i giocatori stessi. Inevitabilmente però sono anche ulteriori “ostacoli” nella creazione di un gioco completamente single-player e che vuole fare della narrazione il fulcro e motore.

E voi, che ne pensate?

Il single player è il nuovo vinile, un prodotto di qualità indubbia e con una fan-base incredibilmente fedele, ma un po’ anacronistico rispetto ad un panorama sempre più attirato dalla diluita continuità di esperienza di un game-as-a-service?

Fatevi sentire nei commenti.

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