The Last of Us Stagione 2 Episodio 6 “The Price” Recensione

"I hope you'll do a little better than me"

The Last of Us Stagione 2 Episodio 6 “The Price” Recensione
The Last of Us Stagione 2 Episodio 6 “The Price” Recensione

Manca un solo episodio alla fine della stagione. Una sola domenica, una sola settimana, e poi ci si vede fra 2 anni.

Alla fine dell’ultimo episodio abbiamo visto Ellie (Bella Ramsey) come non l’avevamo mai vista prima di quel momento: una Ellie in corsa verso la perdizione, un animo scalfito volontariamente colpo dopo colpo, lo sfogo di rabbia verso una Nora sì meritevole, agli occhi di Ellie e forse anche di qualcuno di noi, ma che in quella violenza rappresentava più di una colpevole del dolore di Ellie. Nora era un passo in più verso Abby, e un passo in più verso forse l’unico vero modo che Ellie ha di elaborare un lutto, o di un’offesa subito: la vendetta, la ritorsione verso chi ha causato il dolore.

Ora quel “Dovrebbero essere terrorizzati da te, Ellie” sussurato da Dina a inizio stagione ha molto più senso, vero?

E nel punto peggiore in cui abbiamo visto Ellie finora nella serie, l’episodio 5 faceva un passo indietro nei suoi momenti finali, per mostrarci chi era quella ragazzina prima che qualcuno le togliesse Joel (Pedro Pascal, probabilmente nell’ultimo episodio in cui lo vedremo), prima che perdesse la figura più simile ad un padre che avesse mai avuto in modo così violento e traumatico.

L’episodio 6, intitolato “The Price”, scritto da Neil Druckmann, Haley Gross e Craig Mazin, e diretto da Druckmann stesso, riprende – circa – da quel flashback, e trascorriamo l’intero episodio in compagnia di Ellie e Joel in una serie di flashback che nel gioco componevavo le conclusioni dei giorni a Seattle ma qui sono state elegantemente condensate in un unico blocco.

The Last of Us Stagione 2 Episodio 6 “The Price” Recensione

Partiamo nel 1983, ad Austin, in un flashback che ci rivela qualcosa in più rispetto al gioco sul passato di Joel, e lo raffigura in un modo relativamente nuovo, almeno ai miei occhi, ossia qualcuno con il complesso del salvatore.

Due giovani Joel e Tommy (Andrew Diaz e David Miranda) discutono delle conseguenze di qualcosa che ha fatto Tommy, e Joel si offre di prendersi la colpa. Il padre è un uomo violento, e Joel, il fratello maggiore tra i due, è pronto a prendersi i colpi al posto del fratellino, appena il padre tornerà a casa. Il padre arriva, ma non succede quello che ti aspetti.

Il flashback a Joel da piccolo è essenziale a dare ancora più profondità al ruolo paternale del personaggio
Il flashback a Joel da piccolo è essenziale a dare ancora più profondità al ruolo paternale del personaggio

Di fronte ad un cambio fondamentale e finora forse mai avvenuto nel giovane Joel, il padre Javier (interpretato da Tony Dalton che rivedremo in Intergalactic e che già conosciamo per l’ultimo cameo in Daredevil Born Again) scompone il suo modo di essere genitore agli occhi di Joel e contestualizza – attenzione, contestualizza e NON giustifica – il suo utilizzo della violenza sui figli. Suo padre lo menava di più, in fondo, e una volta l’ha colpito talmente forte da rompergli la mascella per aver rubato una barretta di cioccolato.

Javier fa il meglio che può con gli strumenti che ha, e non posso non vederci un parallelismo con i genitori di molti di noi: in fondo sono cresciuto negli anni 90, e mia madre qualche schiaffo e botta me l’ha tirata, ma certo mai al punto da farmi del male; mio nonno, in compenso, picchiava spesso mia madre e mia zia, in modi ben più duri di quanto faceva mia madre con me e mia sorella. Se penso al genitore che voglio essere e sarò, so senza dubbi che non alzerò mai le mani sui miei figli, perché ho degli strumenti migliori di quelli che aveva mia madre e sicuramente migliori di quelli che aveva mio nonno.

“I hope you’ll do a little better than I do” (“Spero tu farai un po’ di meglio di quanto ho fatto io”), dice il padre al giovane Joel, e questo è forse già sulla vita della genitorialità, in un certo senso, proprio per il cambio fondamentale al quale mi riferivo prima: per la prima volta Joel usa la violenza – subita in questo caso – per proteggere, non per fare del male. E il padre di fronte a questo reagisce, per la prima volta, senza alzare le mani.

Proprio su una mano mi voglio soffermare prima della prossima scena, perché c’è la backstory di un oggetto fondamentale nella prima stagione: l’orologio di Joel era di suo padre, cosa che aggiunge così tanti livelli di complessità a ciò che già sapevamo.

Tanti auguri, Eli

Saltiamo in avanti al 2024, 2 mesi dopo l’arrivo di Joel ed Ellie a Jackson. Joel ha recuperato dei Lego per Seth, e ora può chiedere qualcosa in cambio: “Vaniglia o cioccolato? Dì vaniglia perché è più facile”. Ma ha anche bisogno di una seconda cosa, qualcosa che Seth ha in abbondanza.

Vaniglia o cioccolato
Vaniglia o cioccolato

Joel sta infatti costruendo una chitarra per Ellie, come regalo di compleanno. Ci incide una falena, l’insetto del quale Ellie sembra ossessionata, ed è tutto pronto per far vivere forse il primo compleanno decente che Ellie abbia mai avuto. “You’ll do a little better than I do” riecheggia forte nella testa di chi guarda, e il texano dal cuore d’oro ha modo di dimostrarlo molto velocemente. La voce di Tommy proviene dal piano terra, mentre rientra con una Ellie medicata al braccio e rintontita dagli antidolorifici. Si è bruciata il braccio apposta, sopra la cicatrice. “Volevo davvero tornare a usare le maniche corte”.

Non avranno legami di sangue, i due, ma Joel fa quello che riesce a fare meglio e anche l’unica cosa che un genitore, di fronte al dolore del figlio, può fare: dirgli che andrà tutto bene, e stargli accanto finché non passa.

Quando Ellie si risveglia dal necessario riposino, Joel è pronto con la torta, che ovviamente Seth ha cannato sbagliando lo spelling del nome di Ellie, e in pochi secondi capiamo quanto Joel sia istintivamente un genitore: si gira per prendere dei piatti e delle posate, per mangiare la torta “come si deve”, ma Ellie ci ha già ficcato una mano dentro e se la sta gustando. È impossibile non tornare, con il cuore, alle scene tra Joel e Sarah del primo episodio della prima stagione: Ellie è la sua bambina, legami di sangue o meno.

Ho citato una chitarra, però, ed è ora di quella scena: Joel la imbraccia e, non staccando quasi mai gli occhi da QUALSIASI PUNTO NON SIA LO SGUARDO DI ELLIE, le canta “Future Days” dei Pearl Jam. Sappiamo quanto profonde e significative siano le parole di questa canzone per Joel, Ellie e per Druckmann stesso (le cantava a sua figlia piccola per farla addormentare), e di conseguenza conosciamo il peso di questo momento, il significato sul lungo termine e, finalmente, perché Ellie non è riuscita ad andare oltre le prime parole nell’episodio precedente.

“Se mai ti perdessi, sicuramente perderò me stesso”. Ho amato come Pedro Pascal qui stia quasi parlando più che cantando, come se fosse l’unico modo che ha di dire quello che pensa a Ellie, i suoi sentimenti verso di lei, per lui che deve sembrare fatto di cemento, immortale, imbattibile. Un salvatore.

Joel ha un complesso del salvatore al quale non posso sentirmi affine
Joel ha un complesso del salvatore al quale non posso sentirmi affine

Il museo

Altro salto in avanti, di un anno: 16esimo compleanno, e stiamo camminando verso il “regalo” di quest’anno da Joel a Ellie. Sì, è il museo, e Druckmann ha portato a schermo la scena di Ellie che scala il T-Rex quasi 1:1. “I’m on a motherfucking dinosaur”.

Non vediamo molto del museo in sé, ma come dicevo in passato ogni scena serve ad uno scopo, e lo scopo di questa sezione è mostrarci Joel e Ellie come un perfetto duo di padre e figlia, nel momento più felice che avranno mai, nel momento più sereno che il mondo concederà loro. Ellie sceglie un casco, lei e Joel entrano nel modulo di comando Endeavour (quello dell’Apollo 15), ma manca un ultima cosa: una cassetta, che Joel allunga a Ellie. Le dice di ascoltarla, e qui, come nel gioco, noi e la serie lasciamo la realtà e chiudiamo gli occhi insieme ad Ellie.

Ho apprezzato finora ogni singolo momento nel quale i creatori della serie hanno deciso di tracciare un percorso diverso rispetto al gioco, sono onestamente i momenti in cui c’è qualcosa “in più” per chi ha già giocato i due titoli, ma qui, forse proprio grazie alla regia di Druckmann stesso, la trasposizione è semplicemente perfetta. L’aggiunta della lacrima di Joel a fine scena è una ciliegina sulla torta.

Non c’è momento migliore, per un genitore, di quando riesci a dare tuo figlio la cosa che più desidera, quando tua figlia ti guarda come se fossi il suo eroe, quando finalmente capisci di essere un genitore migliore di tuo padre.

C’è qualcosa che però Ellie nasconde, sia a Joel che a sé stessa: una domanda, un dubbio che bisbiglia da dietro le quinte, e che Ellie al momento ancora non ascolterà. È il dubbio su ciò che Joel le ha giurato, poco fuori Jackson: ci sono altre persone immuni, l’ospedale è stato attaccatto da predoni, e gran parte delle Luci sono state uccise nel combattimento, compresa Marlene.

Questo bisbiglio si esprime visivamente, perché prima di chiudere la scena, qualcosa fuori schermo attira l’attenzione di Ellie, qualcosa che ferma Ellie e le toglie per un attimo il sorriso: delle lucciole (il nome inglese delle Luci è “Fireflies”, letteralmente le lucciole).

Per andare nello spazio serve l'elmetto e un uomo che ti ama come una figlia
Per andare nello spazio serve l’elmetto e un uomo che ti ama come una figlia

Teenager

17esimo compleanno, nel 2026. Joel ha una nuova torta, questa volta al cioccolato (nel frattempo ha scoperto che ad Ellie piace più il cioccolato della vaniglia, mi sa), ma arriva il primo evidente scontro con i 17 anni di Ellie: è in camera con una ragazza, che l’ha tatuata mentre fumavano erba. Tutti i problemi adolescenziali insieme, in una botta sola.

Ne scaturisce ovviamente un litigio, ed Ellie capisce di aver bisogno di uno spazio da chiamare suo. Nella litigata le esce un “You don’t own anything” (“Tu non possiedi nulla”) che ferisce Joel in un modo che possiamo capire tutti, se mai abbiamo litigato con i nostri genitori e abbiamo detto cose di cui ci siamo pentiti poco dopo, quando la rabbia ci ha lasciato ed è rimasto solo l’amaro.

Torna l’ossessione di Ellie per le lucciole, sia nel soggetto del tatuaggio che nella serie di disegni fatti da lei, a circondare un importantissimo messaggio, forse scritto da Ellie a sé stessa: “You have a greater purpose” (“Hai un destino più grande”).

Le lucciole in sogno però, a differenza dell’interpretazione di Joel, significano morte, come gli spiega Gail in un altro momento di straordinaria dimostrazione di come Catherine O’Hara sia perfetta in questo ruolo.

Giuramenti

Nel penultimo flashback dell’episodio siamo al 19esimo compleanno di Ellie, nel 2028. Sin da subito c’è un tono molto diverso: il bisbiglio del dubbio ora è una voce ben udibile, per la ragazza, e ha delle domande da fare a Joel, domande che si prepara per quando ci sarà l’occasione, ma il regalo di Joel stavolta è qualcosa che lei gli ha chiesto più e più volte: finalmente Ellie può andare in pattuglia, ma ovviamente è la prima volta e Joel ha scelto un percorso facile.

È egoismo quello di Joel o amore
È egoismo quello di Joel o amore

Dopo qualche chiacchiera tranquilla, nella quale Ellie non accenna alle domande che la attanagliano e alle quali vorrebbe risposta, un’emergenza porta lei e Joel verso altre due persone in pattuglia, attaccate dagli infetti: arrivano troppo tardi, e una dei due è morta, e l’altro, Eugene (Joe Pantoliano), è stato morso.

C’è ancora tempo, però: Ellie usa il sistema che così tante volte Marlene e le luci hanno usato con lei, e capisce che c’è assolutamente tempo per esaudire l’ultimo desiderio di Eugene, quello di rivedere Gail prima di morire. Joel è Joel, però, e non ha intenzione di mettere in pericolo Jackson, o forse di mettere in pericolo Ellie. Ellie però lo ferma, gli fa promettere che non farà del male a Eugene prima che lui abbia avuto modo di vedere Gail un’ultima volta. Lui lo giura, lei va a prendere i cavalli.

Rimaniamo con Joel mentre conduce Eugene fuori dal bosco, verso i cavalli… ma non lo sta portando là. Ha deciso che è troppo pericoloso riportarlo a Jackson, ma vuole anche concedergli pace prima di ucciderlo, ed è sul bordo della radura che Eugene, terrorizzato dal fatto che sta morendo – e chi non lo sarebbe – cede alla tristezza e alla rabbia. “Portami da Gail. Voglio sentire le sue ultime parole per me prima che io muoia”.

The Last of Us HBO continua a scegliere attrici e attori eccellenti per le sue parti più piccole, e Joe Pantoliano qui, in pochi minuti a schermo, dà corpo a quello Eugene del quale nel gioco sentivamo solo parlare, lì destinato ad una morte molto più accettabile rispetto a questa, e soprattutto non per mano di Joel.

“If you love someone, you can always see their face” (“Se ami qualcuno, puoi sempre vedere il loro volto”)

Ellie arriva con i cavalli, e vede il corpo di Eugene. Aveva giurato di non fargli del male, e le ha mentito. A Jackson non lascia ossigeno alle bugie che Joel ha pronte per Gail, bugie che rendono Eugene una morte più accettabile, e Joel un salvatore di Jackson. “Avevi promesso.”

L’hai notato? “Promesso”, non “giurato”. Non si riferisce al fatto che ha giurato di non fare del male a Eugene, ma alla promessa fatta fuori Jackson anni prima.

La promessa di Joel è un peso che prima o poi va affrontato da entrambi
La promessa di Joel è un peso che prima o poi va affrontato da entrambi

La verità, per Ellie e per noi

Un nuovo flashback della scena di inizio stagione, quella del primo bacio fra Ellie e Dina durante il potluck in chiesa e la successiva spinta a terra di Seth da parte di Joel, finalmente ci mostra qualcosa in più, un pezzo mancante del puzzle che l’episodio 2 ci aveva fatto intuire ma mai chiarito.

Ellie rientra, Joel è sulla veranda a suonare, ad aspettarla sveglio come i genitori che davvero valgono: i loro sguardi si incrociano, lei però tira dritto e lascia Joel solo con i suoi pensieri… poi però torna indietro.

La serie è molto più radicata alla realtà rispetto al gioco, e i creatori hanno confessato che l’idea di far tornare Ellie a Salt Lake City per scoprire la verità come in The Last of Us Part II era impensabile, quindi è qui che la 19enne scopre la verità. È però una verità che già, silenziosamente, sapeva e immaginava. È sveglia, semplicemente non voleva crederci perché capiva le conseguenze dell’eventuale chiarimento con Joel.

Lo diceva però Gail ad inizio stagione. Se vuoi che un dolore emotivo guarisca, devi dire le cose ad alta voce, e questo momento catartico serve a due funzioni: quella di far capire con assoluta certezza anche a noi che Ellie ha più o meno sempre saputo della bugia di Joel, e quella di rendere il personaggio di Ellie ancora più complesso alla lettura, più matura e sostanzialmente più tragica nella sua caduta nella spirale di violenza di Seattle.

Tra l’altro Joel, prima di parlare, non dice ad alta voce sì e no alle domande di Ellie, ma muove solo la testa. Pezzo dopo pezzo Ellie ha le sue risposte, pezzo dopo pezzo scompone gli spigoli della bugia di Joel e Joel stesso, perché su quella bugia lui ha costruito gli ultimi 5 anni, il suo rapporto con Ellie, il suo amore per la figlia che il destino le ha messo sulla strada. Su quella bugia ha ordinato torte, costruito chitarre, recuperato registrazioni di decolli stellari.

Sulla bugia a Ellie, Joel ha costruito la sua intera vita a Jackson
Sulla bugia a Ellie, Joel ha costruito la sua intera vita a Jackson

Potrebbe sembrare sminuito, questo confronto, rispetto a quanto avviene nel videogioco: lì in fondo c’è stato tempo tra la scoperta della bugia di Joel e il momento nel quale Ellie confessa di voler provare a perdonarlo, anche se non è convinta di poterci davvero riuscire. Qui invece avviene tutto in un colpo, ma c’è da andare oltre l’impressione a pelle, quindi lo ridico: Ellie già sapeva che Joel aveva mentito, e doveva solo affrontare Joel.

Era pronta ad arrabbiarsi, era pronta ad allontanarsi definitivamente da lui se le avesse mentito di nuovo, ma Joel interrompe il ciclo di violenza – in questo caso psicologica e mentale – e dice la verità. Di fronte ad una Ellie che per la prima volta mette sul tavolo la cosa che sanno entrambi (l’incredibile bugia di Joel), lui, come suo padre decenni prima, contestualizza la sua scelta. Ha fatto il meglio che poteva con i mezzi che aveva.

No, non esistono altre persone immuni.

Sì, le Luci avrebbero potuto creare una cura.

Sì, Joel ha ucciso tutti, Marlene inclusa. La stessa Marlene che era la figura più vicina ad una madre che Ellie avesse mai avuto, per la cronaca.

“L’hai fatto perché sei egoista!”
“L’ho fatto perché ti amo, in un modo che non puoi capire. Forse un giorno, quando avrai la fortuna di averne uno tuo. E forse farai un po’ meglio di come ho fatto io”

Ellie ha sempre saputo la verità, ha solo bisogno che Joel confessi
Ellie ha sempre saputo la verità, ha solo bisogno che Joel confessi

Il conflitto non si chiude così, però, ma si chiude con la voglia di Ellie di almeno provare a perdonare Joel. È una rivelazione che nel gioco giustifica l’intero The Last of Us Part II, dando ad Ellie una motivazione vendicativa che va ben oltre il semplice homo homini lupus, ma contestualizza il suo violentissimo percorso di vendetta all’interno di uno stato mentale che non posso non capire e condividere.

In fondo Abby e soci hanno tolto a Ellie la persona più importante della sua vita nel momento in cui finalmente avrebbero potuto iniziare a rimarginare il rapporto, nel momento in cui finalmente hanno iniziato a dirsi reciprocamente la verità. Hanno fatto una scelta al posto suo, esattamente come la scelta di Joel di salvarla invece che permetterle di sacrificarsi. Mai come in questa scena Ramsey hanno espresso perfettamente tutta la frustrazione che il personaggio prova, nel non essere al comando della propria vita come vorrebbe, e il suo pianto ha tutta la potenza che merita.

Come l’episodio precedente, che dopo 40 minuti di violenza ci regala due minuti di pace, questo “The Price” si chiude tornando a Ellie, post-ospedale, sotto la pioggia e di fronte al teatro, ufficialmente varcata la soglia della perdizione morale. Ci aspetta un altro episodio, un ultima discesa all’inferno, e rimane forte la curiosità di dove si chiuderà la serie.

“The Price”, il mio momento preferito

La scena sulla veranda e quella nel modulo spaziale. Sono quelli più paralleli al gioco, e sono quelli sui quali ero più curioso, a livello di trasposizione. Il fatto che l’episodio sia girato da Druckmann sicuramente innalza il livello di una serie che già trovo quasi perfetta e che in questo episodio raggiunge livelli qualitativi altissimi, e che ridefiniscono in toto il medium intero.

Applauso a…

Pedro Pascal. Date un Emmy a quest’uomo, e nessuno si farà male. Quel “I love you” che nel gioco non è mai stato detto è potentissimo: certo, mette nero su bianco,

Citazione dell’episodio

“You’ll do a little better than me”, perché dobbiamo essere genitori migliori dei nostri. Per il bene di tutti, prima ancora che il nostro.

A lunedì prossimo.

Dopo il dolore della verità, la guarigione del perdono
Dopo il dolore della verità, la guarigione del perdono
10
Facilmente la miglior puntata della serie

Pro

  • Il flashback iniziale è inaspettato e aiuta moltissimo a capire di più il personaggio di Joel
  • È bellissimo vedere Ellie e Joel insieme di nuovo
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