L’Accademia della Crusca risponde: «l’ho giocato» o «ci ho giocato»?

Lo sfogo dell’editore e della sua battaglia con i mulini a vento, ndr.

Quando nel 2000 ho deciso di imbarcarmi in quell’avventura che poi è diventata GameSource.it, nonostante i miei voti in italiano che variavano dal due al quattro, ho sempre lamentato un doloroso formicolio al leggere l’espressione «l’ho giocato», presente in centinaia di nostre (e non solo) recensioni.

Dopo infruttuosi anni a cercare di convincere i colleghi a utilizzare l’espressione  «ci ho giocato», appurato che altre autorevoli firme utilizzavano «l’ho giocato», mi sono rassegnato al fatto che si trattasse solo un fastidio irrazionale, che quella era la forma corretta o almeno assimilata dall’utilizzo di derivazione inglese to play.

Sconfitto, prima di chiudere la questione, ho esposto il quesito all’Accademia della Crusca, che, tramite l’accademico Vittorio Coletti ha pubblicato la risposta al seguente indirizzo, che riporto integralmente.

Giocare è un verbo prevalentemente intransitivo che si lega a un argomento tramite preposizione: giocare al pallone, con la bambola, al lotto. Ha però anche usi transitivi con complemento diretto nel senso di scommettere, puntare (giocare due numeri), calare, mettere in tavola (giocare l’asso); e, figurativamente, ingannare, raggirare qualcuno. Nessuno di questi significati si ritrova nei casi proposti dai lettori, dove il costrutto transitivo è usato per “fare un certo (video)gioco” e quindi giocarlo.

Credo che questo uso sia prevalentemente un calco sintattico dell’inglese play, costruito con questo significato senza preposizione, e attecchisca anche perché non del tutto estraneo all’italiano, che prevede il costrutto transitivo anche con l’oggetto interno giocare un gioco, specie nelle varianti giocare una partita, un torneo. Si può mettere in conto anche qualche riluttanza ipercorrettiva a usare il ci, che qui invece occorrerebbe, al posto di lo come pronome di richiamo: giocaci non giocalo.

Tuttavia sarebbe bene evitare queste costruzioni (all’attivo come all’improbabile passivo), che possono produrre nell’esempio di un lettore anche l’equivoco di l’ho giocato (che significa “l’ho preso in giro”). Poiché a un gioco si gioca, la risposta all’eventuale domanda sarà: sì, ci ho giocato, ci gioco. Ci e non vi, come sembra sospettare un lettore: col valore di pronome, ci non ha in vi un sinonimo, come invece accade nella funzione di avverbio, quindi giocarci (fare quel dato gioco), non giocarvi (che significa “prendervi in giro”).

ffffff

Come si può interpretare questa risposta accademica, sempre che ci sia spazio alle interpretazioni? Cosa rispondereste all’esimio Vittorio Coletti? Fateci sapere la vostra!

 

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