Back in Time – 3D Out Run

Per la seconda puntata della rubrica “Viaggio nei ricordi videoludico/motoristici”, ci ritroviamo – dopo il motociclistico Super Hang-On – a rivisitare un’altra perla arcade di produzione Sega, ancor più antica di Super Hang-On in quanto uscita nell’ormai lontanissimo 1986: parliamo immancabilmente di Out Run.

Che lo abbiate giocato nell’allora avveniristico coin-op con tanto di volante e cabinato semovente, nelle decine di port sulle console più disparate (fra cui vale la pena di segnalare quantomeno quello per Mega Drive del 1991, purtroppo non incluso nella SEGA Mega Drive Classics) o magari nei panni di Ryo Hazuki in una sala giochi di Shenmue II, non importa: se vi considerate amanti o esperti di videogiochi, avrete almeno una volta avuto a che fare con questo geniale “driving game”, come il suo autore, l’ancora più geniale Yu Suzuki, ama definirlo.

Concentriamoci ora sul presente e iniziamo a parlare di 3D Out Run, la vera ragione per la quale il sottoscritto è tornato a scrivere e a giocare ad Out Run, nonché la versione del gioco con cui Back in Time vi propone la sua retrospettiva del celeberrimo “simulatore di corse da riccastri con una cabrio e una bella biondazza a fianco”.

Doppi frame, doppio divertimento?

Non proprio doppio, ma la grande novità di questa edizione di Out Run è senza dubbio quella del frame rate, ora fissato a 60 fps (contro i 30 originali), con il team di sviluppo M2 che ha dovuto intervenire manualmente programmando i frame mancanti. In un titolo di guida arcade come questo, il senso di velocità dovuto da questo aggiornamento a schermo così veloce è fantastico e dona tutto un nuovo feeling al gioco, pur non rivoluzionandolo.

Tecnicamente è chiaro che un videogame con oltre trent’anni sul groppone mostri i suoi limiti, ma lo splendido lavoro artistico e i colori accesi di Out Run non lo fanno comunque sfigurare sullo schermo – comunque a bassa risoluzione – della portatile Nintendo. Aiuta, e tanto, il nuovo look 3D stereoscopico aggiunto per l’occasione, ovviamente sfruttando la tecnologia di 3DS. Passare sotto le gallerie o attraverso le città sfrecciando a capofitto e capelli al vento impressiona non poco, grazie appunto alla profondità donata dalla stereoscopia.

L’esperienza con 3D Out Run poi è resa sublime dalla colonna sonora, l’originale di Hiroshi Kawaguchi (Bayonetta, Space Harrier e tanti altri), già magnifica, è arricchita da due nuove composizioni, di cui una,“Camino a mi amor”, ci ha conquistato subito ed è sicuramente al livello delle tracce già conosciute.

Invecchiare decisamente bene

Al di là dei comparti tecnici, il gameplay di Out Run rimane pressoché invariato, eccezion fatta per le possibilità di customizzazione offerte dagli splendidi remaster 3D made in SEGA.

Il gioco è abbastanza difficile: l’obbiettivo è quello di arrivare ad uno dei cinque traguardi esplorando le variopinte lande virtuali create da Suzuki e il suo team, cercando nel frattempo di evitare il traffico. Il grande nemico, come nella maggior parte degli arcade, è il timer inesorabile che scorre in alto, scandendo il tempo che rimaneva prima di dover inserire un nuovo gettone della sala giochi per continuare. Qui nessun gettone, anzi: le opzioni ormai presenti in tutte queste riedizioni 3DS dei classici della casa del porcospino blu ci permettono di gestire il livello di difficoltà e di modificare quasi tutti i parametri del gioco, inclusi dei potenziamenti per le auto introdotti ex novo. Un ottimo lavoro come sempre, stante la cronica mancanza delle leaderboard online, così come avevamo rilevato nel caso di 3D Super Hang-On.

Out Run


Out Run resta un capolavoro senza tempo e la versione 3D è forse l’incarnazione più riuscita dai tempi dell’immaginifico coin-op originale. L’opera di Yu Suzuki è invecchiata bene ed è ancora godibile, oltre trent’anni dopo il suo debutto.

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