Back in Time – Yakuza 5

In attesa della versione rimasterizzata, un ripasso sulla quinta avventura di Kazuma.

La prossima settimana uscirà su PlayStation 4 la versione rimasterizzata di Yakuza 5, per cui ci sembra doveroso soffermarci sul mastodontico gioco di Ryu ga Gotoku Studio.

Per la prima volta non sono presenti i riassunti delle trame degli episodi precedenti. Gli eventi narrati in Yakuza 5 si svolgono un paio d’anni dopo il finale del quarto episodio, ma la situazione appare notevolmente cambiata: Kazuma si trova a Fukuoka sotto falso nome e conduce una vita normale, Haruka è a Osaka per inseguire il sogno di diventare un’artista, e anche Saejima “si è allontanato” da Tokyo. In seguito a una trama ordita da alcuni dei membri più importanti del Tojo Clan e della Omi Alliance (le due principali associazioni mafiose del gioco), le loro vite e quelle di altre facce note si incroceranno ancora una volta. Proprio la presenza di moltissimi personaggi e organizzazioni (e locali, e città) pescati dal passato della serie rende Yakuza 5 poco accessibile ai nuovi arrivati, che non conoscono gli antefatti e non sono affezionati ai vari personaggi “storici”.

L’intreccio, come al solito, riveste una parte importante nell’economia del gioco, che si dilunga spesso in cutscene e fitti dialoghi (in giapponese con sottotitoli in inglese) per spiegare i numerosi retroscena e collegamenti, alcuni dei quali davvero improbabili. La storia è avvincente, ma non esce più di tanto dai binari tracciati dai precedenti capitoli; non mancano, poi, le solite scene tragicomiche in cui la gente si picchia per ore, poi arriva uno con la pistola (vanificando risse che coinvolgono decine di persone) e spara a qualcuno, poi parla per mezz’ora, poi compare un altro uomo armato alle sue spalle, che a sua volta parla una mezz’oretta per poi venir sorpreso alle spalle da un terzo uomo dotato di arma da fuoco. Bene o male – e soprattutto, nell’era PS3, quando è cambiato writer – questo è Ryu Ga Gotoku.

Yakuza 5

Come abbiamo detto, le lunghe cutscene sono un marchio di fabbrica della serie, che punta molto su di esse per coinvolgere il giocatore. Non è un caso che gli elementi migliori dei comparti tecnici siano l’ottimo doppiaggio, forte di un cast d’eccezione che i fan già conoscono, e le animazioni facciali. In realtà, Yakuza 5 avrebbe dovuto distinguersi anche per il nuovo motore grafico, che è andato a rimpiazzare quello vetusto di Yakuza 3. Per quanto i miglioramenti rispetto al passato si vedano – persino nelle suddette animazioni facciali, che erano già curatissime in passato -, tre anni di ritardo rispetto all’uscita giapponese vanificarono questi sforzi per il pubblico occidentale, che nel frattempo era addirittura passato a una generazione successiva.

C’è da dire che probabilmente anche nel 2012 Yakuza 5 non rappresentava lo stato dell’arte su PlayStation 3, soffrendo di un gap tecnologico e finanziario notevole rispetto ai million seller della scorsa generazione. Nonostante il cambio di engine, la serie non riesce a scrollarsi di dosso quel sapore di vecchio che la accompagna almeno da Yakuza 3. Vi piacerà il doppiaggio, vi piacerà la ricca colonna sonora (d’altronde abbiamo visto che c’è pure una componente rhythm game ulteriore rispetto al solito karaoke), che spazia dal j-pop al j-rock senza tralasciare sottofondi d’atmosfera per i fitti dialoghi, vi piacerà l’espressività dei volti dei protagonisti, ma il resto non è particolarmente invitante.

Yakuza 5

La struttura ricalca quella introdotta da Yakuza 4, utilizzata poi anche da Dead Souls. Il gioco è diviso in cinque parti: le prime quattro sono dedicate ai personaggi giocabili, mentre l’ultima funge da finale e li riunisce. I protagonisti, però, non sono più quattro, ma cinque: a Kiryu, Akiyama e Saejima (mutuati dal precedente episodio) si aggiungono Shinada, un ex giocatore di baseball che viene spinto a indagare sui fatti che ne hanno causato l’espulsione quindici anni prima, e, rullo di tamburi, Haruka. Perché dico rullo di tamburi? Come i fan possono immaginare, Haruka non è adatta alle scazzottate, quindi la sua parte (in condivisione con Akiyama) traspone il concetto di lotta sul piano musicale, mettendo la giovane idol contro numerosi ballerini, alla stregua di un rhythm game.

Questa grande novità va collegata con un’altra interessante introduzione: le Side Story, che costituiscono qualcosa di più sia di un mero mini gioco sia di una sub mission. Ogni personaggio giocabile, fatta eccezione per Akiyama, ha un set di missioni che non si inquadrano nella trama e che prevedono attività del tutto inedite, come la guida di un taxi o la caccia. Questi incarichi non sono fra loro slegati – come le classiche subquest di Yakuza, presenti in abbondanza anche in questo capitolo -, bensì si inseriscono in un piccolo gioco a sé stante, dotato di regole, parametri, controlli, ecc. ad hoc. Insomma, se anche in passato sarebbe stato riduttivo etichettare Ryu Ga Gotoku come un picchiaduro a scorrimento, ora è del tutto improprio. Risulta difficile tracciare un quadro delle Side Story, a cui si potrebbe quasi dedicare una recensione a parte: si tratta, infatti, di attività eterogenee, sicché quelle di un personaggio possono risultare più interessanti di quelle di un altro, anche a seconda dei gusti (io e la caccia, ad esempio, andiamo ben poco d’accordo, NdR); quel che conta è che si tratta di materiale opzionale, quindi il giocatore può anche trascurare ciò che non gli interessa senza risultarne pregiudicato.

Yakuza 5

Il rovescio della medaglia – a volerne proprio trovare uno – è costituito da un allentamento nel ritmo della vicenda, più marcato rispetto a quello che affliggeva il prequel. Il gioco si prende il suo tempo per presentare i personaggi e le loro nuove vite, soffermandosi nelle sezioni iniziali di ciascuna parte su questioni non strettamente indispensabili ai fini dello svolgimento della trama; allo stesso tempo, si è sentita l’esigenza di rendere ogni parte quanto più possibile (e sottolineiamo il “quanto più possibile”) autonoma rispetto alle altre conferendo a ciascuna un cast e delle vicende peculiari, che non sempre si inseriscono nel filone principale, portato avanti da rivelazioni via via sempre più “sconvolgenti” (soprattutto a partire dalla terza parte) che costituiscono una sorta di filo conduttore che guida il giocatore fino alla densissima parte finale.

La vastità del gioco si riflette anche sulle location visitabili, che non sono mai state così tante. Yakuza 5 mette a disposizione cinque quartieri – fittizi, ma basati su quartieri realmente esistenti – di altrettante città diverse: uno è il solito Kamurocho (meno ricco del capitolo precedente) a Tokyo, in cui prima o poi si ritrovano tutti, uno è Sotenbori a Osaka, che torna da Yakuza 2, e gli altri, inediti, sono Nagasugai a Fukuoka (dove si è trasferito Kiryu), Tsukimino a Sapporo (dove finirà in qualche modo Saejima) e Kin’eicho a Nagoya, dove si è trasferito la new entry Shinada. Oltre a queste zone sono visitabili anche altre location.

Una delle accuse più solide che possono essere mosse alla serie di Sega è quella di immobilismo, che la caratterizza da sempre: se questo difetto non era “grave” per un paio di episodi, ha cominciato a pesare nell’era di PlayStation 3. Yakuza 5 non sceglie di percorrere la strada dell’innovazione: il gioco, nella sua essenza, è sempre quel misto di esplorazione, cutscene, combattimenti e inseguimenti, e nessuna di queste componenti può dirsi significativamente migliorata, nemmeno il battle system.

Yakuza 5


Yakuza 5 ha elevato alla massima potenza tutto ciò che abbiamo visto in precedenza, offrendoci più personaggi, più città, più materiale opzionale, più plot twist – o, almeno ci prova; chi scrive ritiene i primi due capitoli ancora i migliori sotto questo punto di vista. Il gioco si presenta come una summa di quanto ha proposto negli anni Ryu Ga Gotoku Studio, prima del salto generazionale.

Vai alla scheda di Yakuza 5
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