La nascita della travagliata serie XENO

Con Xenoblade Chronicles: Definitive Edition, ormai ad un vicino orizzonte, vi introduciamo a una delle serie meno convenzionali e travagliate del medium.

Bazzicando nel mondo dei videogiochi, prima o poi ci si imbatterà in uno dei titoli con prefisso “Xeno”. Dopotutto i giochi appartenenti a questa serie han lasciato un segno in ogni generazione di appartenenza, che sia il cult Xenogears di SquareSoft o il capolavoro Xenoblade pubblicato da Nintendo. Tuttavia una domanda spesso posta davanti a giochi dal titolo simile è se questi abbiano un collegamento o meno. La risposta non è così semplice, ma l’argomento è affascinante poiché il prefisso “Xeno” non raccoglie solo sette magnifici JRPG, ma racconta anche la travagliata storia di un’epopea che, pur con favore di critica e stato da cult classic, non è mai riuscita a concretizzare le enormi ambizioni del proprio creatore.

Quindi con il remake del probabilmente più importante titolo della serie (del quale discuteremo l’importanza in chiusura) all’orizzonte, è il momento perfetto per introdurvi a una delle serie più affascinanti e travagliate in ambito videoludico: la serie Xeno.

Xenogears Grahf encounter

La storia di questa serie coinvolge una fetta molto importante del settore videoludico giapponese, arrivando a toccare anche leggende dell’industria come il grande Satoru Iwata e nascendo nella storica SquareSoft degli anni d’oro. Il primo titolo di questa serie difatti, viene pubblicato in piena era d’oro del JRPG, durante la generazione PS1, dall’azienda che allora fungeva da leader del genere videoludico. Tuttavia, Xenogears non può vantare le romantiche storie di sviluppo che si sentono spesso al riguardo del fratellino Final Fantasy VII.

Per il progetto la strada partiva già in salita, dato che il concept del gioco venne proposto come possibile titolo della serie Final Fantasy, venendo però rifiutato a causa dell’esagerata pesantezza dei temi. Erano gli anni in cui, in Giappone, si stava vivendo una rivoluzione culturale causata dallo tsunami mediatico portato da Neon Genesis Evangelion, anime dello studio Gainax che portò il settore dell’intrattenimento a ridimensionarsi prendendo una forma più matura e cupa. Il concept di Xenogears, così come il prodotto finale, prendeva forte ispirazione dall’anime Gainax, affrontando quindi tematiche molto pesanti e difficili da trovare all’interno dei videogiochi persino in epoca moderna.

Xenogears

A causa di ciò, il progetto non riuscì a diventare Final Fantasy VII, lasciando spazio alle avventure di Cloud e degli Avalanche, tuttavia la premessa venne ritenuta abbastanza interessante per essere materializzata tramite altri brand. Le due menti dietro il concept in questione, Tetsuya Takahashi e sua moglie Soraya Saga, cominciarono quindi a costruire una nuova struttura per la loro storia, prima cercando di progettare un sequel per Chrono Trigger, poi finendo per adottare un’ambientazione più fantascientifica e creando un titolo completamente originale: Xenogears.

Il gioco si presentava come un progetto ambizioso, tanto ambizioso da cadere sulle sue stesse fondamenta, essendo costretto a scendere a compromessi per raccontare l’epopea prefissata. Il secondo disco difatti si presentava come un contenuto quasi unicamente composto da dialoghi e cutscene, risultando quindi molto pesante da giocare. Nonostante ciò il titolo incontrò il favore del pubblico, diventando uno dei più riveriti titoli della SquareSoft.

Xenoblade Chronicles 2 Torna The Golden Country

C’erano piano per un continuo della serie, cosa dimostrata anche dall’esistenza di Xenogears Perfect Works, un libro che racconta non solo la storia del gioco, ma anche quella del suo universo di appartenenza, che avrebbe dovuto contenere altri lavori firmati da Takahashi. Purtroppo, Xenogears non ebbe un seguito. Square decise di concentrarsi, comprensibilmente, su Final Fantasy a discapito di Xenogears, scelta che portò Takahashi ad abbandonare la compagnia e a fondare la propria casa videoludica: Monolith Soft.

I sogni di creare un franchise erano ormai morenti, con l’IP Xenogears nelle mani di una compagnia ormai rivale, a Takahashi non restava che concentrarsi su qualcosa di nuovo…o trovare una via di mezzo. Fu così che, trovato un supporto economico da parte di Bandai Namco, Monolith Soft espanse i temi e i concept di Xenogears creando un altro titolo divenuto cult nel settore JRPG: Xenosaga Episode 1: Der Wille zur Macht.

xenosaga I II III

Xenosaga rappresentava una nuova IP, tuttavia si basava largamente non solo sulle idee che Takahashi aveva per un eventuale Xenogears 2, ma anche su un universo estremamente simile a quello trattato nei Perfect Works. Essenzialmente un seguito spirituale di Xenogears, che condivideva i temi e le simbologie religiose, oltre che il mood generale. Parleremo della Xenosaga più approfonditamente in un futuro editoriale, per discutere del contenuto di questa trilogia, in una vena simile a come abbiamo fatto per il 20esimo anniversario di Xenogears, all’interno di un editoriale che potete trovare al seguente link.

Concentrandoci più sull’aspetto produttivo, Xenosaga fu il primo effettivo successo della serie, che lasciò Bandai abbastanza soddisfatta da finanziare un seguito, ma comunque non convinta dall’epopea in sei parti proposta da Takahashi, a causa di vendite comunque inferiori alle aspettative. Il primo Xenosaga venne accolto molto bene dai fan, che attesero con trepidazione il seguito, che uscì 2 anni dopo col titolo Xenosaga Episode II: Jenseits von Gut und Böse. 

Tuttavia, il secondo progetto di Xenosaga prese una via inaspettata. Takahashi in una mossa coraggiosa e ammirevole lasciò il volante ai suoi collaboratori più giovani, che lavorando con Soraya Saga, portarono tante idee nuove per Xenosaga II, andando però in contrasto con l’aspettativa dei fan che non apprezzarono questo seguito. Dopo aver trovato un possibile modo per concretizzare i propri progetti per anni avvenire, Takahashi si trovo a dover fronteggiare nuovamente una crisi a causa del fallimento di Xenosaga II.

Il brand avrà un terzo capitolo nel 2006, assieme a un remake dei primi due giochi per Nintendo DS pubblicato solo in Giappone, ma pur soddisfacendo i fan, non riuscì a salvare la serie che si interromperà senza concludere la grande visione di Takahashi.

Xenosaga Episode I KOS-MOS

Il fallimento di Xenosaga fu un colpo duro per Monolith Soft, che perdette morale e si ritrovò senza un progetto principale a cui poter lavorare. Per una seconda volta Takahashi doveva ricominciare da zero. Nella situazione deprimente della compagnia però, arrivò uno spiraglio di luce. In una mossa commerciale molto particolare, Nintendo comprò gran parte delle azioni di Monolith Soft, e Takahashi sfruttò l’occasione per riprendere un nuovo, grande progetto usando un’idea geniale che partorì durante lo sviluppo di Disaster: Day of Crisis. Monolith Soft sarebbe tornata a fare JRPG, ma con un’ambientazione totalmente nuova, il gioco si sarebbe svolto sui corpi congelati di due divinità morenti, e si sarebbe chiamato Monado Beginning of the World.

Abbandonando quindi il prefisso Xeno, Takahashi voleva quindi partire da un nuovo brand in esclusiva Nintendo Wii. Se le cose fossero andate come pianificate inizialmente, non esisterebbe alcune serie Xeno, e questo articolo non avrebbe un senso.

Dopotutto Xenosaga, pur come seguito spirituale di Xenogears, non riuscì a lasciare un’eredità sull’industria videoludica, dando un senso al termine “Xeno” che accumunava i due brand. A dar forma a questa serie fu infatti una figura esterna a Monolith Soft, che riconoscendo il valore di Takahashi propose di trasformare il titolo di Monado Begininng of the World in Xenoblade. Quest’uomo era Satoru Iwata, che come successo in altre occasioni, incise attivamente sul progetto Xenoblade e diede forma alla saga Xeno. Da quel momento in poi Xeno venne adottato come prefisso delle opere di Takahashi, e Xenoblade venne interpretato come seguito spirituale di Xenosaga.

Nel 2010 Xenoblade finalmente uscì, con il titolo “Xenoblade Chronicles” adottato dalla localizzazione occidentale, e rappresentò la luce in fondo al tunnel di questa meta-serie. Il titolo fu accolto da quasi unanime elogio mediatico, e si impose tra i migliori giochi per Nintendo Wii, facendo fiorire la relazione tra Monolith Soft e Nintendo. Grazie all’acquisizione della compagnia da parte di Nintendo, avvenuta nel 2012, Monolith Soft uscì dal limbo dell’incertezza per cui aveva vissuto sin dalla sua fondazione, e aiutò la grande N in diversi titoli di successo, oltre ad avere il finanziamento per espandere e consolidare le basi della serie Xeno.

Xenoblade 2 KOS-MOS Gladius Xenosaga HD

Dopo Xenoblade, son statti pubblicati altri due titoli appartenenti alla serie Xeno, che seppur meno importanti a livello di storia della compagnia Monolith, e meno ben ricevuti del primo Xenoblade, rappresentano la chiusura effettiva del cerchio che permetterà a Takahashi di poter portare la serie Xeno in qualsiasi direzione sia intesa dalla sua visione artistica. Xenoblade Chronicles X e Xenoblade Chronicles 2 per Wii U e Nintendo Switch han infatti la capacità di connettere tutti i titoli Xeno in un unico pseudo-canon, che rimane non ufficiale solo a causa della gabbia politica in cui Xenogears è rinchiuso, essendo IP Square Enix. Xenosaga viene invece integrato in modo più ufficioso, grazie all’influenza Nintendo e ai buoni rapporti con Namco infatti KOS-MOS, protagonista di Xenosaga è presente in Xenoblade Chronicles 2.

Con Xenoblade Chronicles: Definitive Edition che sembra voler costruire ulteriormente sulla struttura finalmente solita della meta-serie Xeno, finalmente tutti i cult sfornati da Takahashi potranno essere uniti sotto un’ufficiosa, quando non ufficiale, visione autoriale, e non vediamo l’ora di capire in che direzione andrà l’epopea Xeno.

Vai alla scheda di Xenoblade Chronicles
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