Call of Juarez: Bound in Blood – Recensione Call of Juarez: Bound in Blood

Una mitologia inutilizzata

Per gli amanti degli FPS non è propriamente una novità essere trasportati su un pianeta alieno, oppure dover abbattere qualche mostro dimensionale imbracciando un fucile al plasma. La fantascienza al servizio degli sparatutto in prima persona è come il fantasy ed i giochi di ruolo: un cliché duro a morire. Certo, non bisogna dimenticare nemmeno le riproposizioni belliche della seconda guerra mondiale, ad oggi abusatissime. Quante volte siamo stati partecipi di un videogioco del genere? E quante volte abbiamo implorato per qualcosa di nuovo, di originale? La risposta a questa supplica pareva giunta con Call of Juarez, FPS di stampo squisitamente western, ambientazione dalle enormi potenzialità ma stranamente usata pochissimo. Peccato però che il gioco parve non convincere pienamente.
Ora, dopo una severa iniezione di esperienza, la Ubisoft torna a riproporci il mito del Far-West, proprio con il seguito di Call of Juarez, ossia Bound in Blood (su PC, Xbox 360 e Playstation 3). Dopo aver passato le redini dello sviluppo ai ragazzi della Techland, ci si potrebbe attendere un netto miglioramento rispetto al passato. Non ci resta che osservare con i nostri occhi se questa volta la Ubisoft riuscirà a fare il colpaccio e a surclassare il predecessore.
 

Il richiamo dell’oro

La storia prende il via nel 1864, con due fratelli. Ray e Thomas McCall sono reduci della guerra civile, ricercati dopo aver abbandonato la causa sudista pur di proteggere la loro fattoria, assediata dalle truppe unioniste. Da quel momento, dopo la distruzione della loro dimora e la morte della madre, i due si muovono in un Far-West spietato e rovente alla ricerca di soldi e fortuna, diventando ben presto due fuorilegge senza padroni e senza regole. La svolta arriva quando Ray sente parlare di un mitico tesoro, un antico oro Azteco sperduto nelle montagne presso Juarez, in Messico. I due, seguiti dal fratello minore prete e timorato di Dio, William, iniziano una corsa che li porterà alla scoperta della mitica ricchezza messicana, che li vedrà partecipi di sparatorie sanguinolente in quel del Messico e dell’Arizona.
Pur non brillando per originalità e, anzi, dimostrandosi devota a molti film Western dei più riciclati (come l’amore dei due per una sola donna), la trama alla base di Bound in Blood si farà comunque piacere. Grazie ad ottimi personaggi e a situazioni solitamente piacevoli, la trama riuscirà a tenerci incollati per la decina di ore necessarie a portare a termine il titolo. Sin da subito, dunque, a partire dal plot narrativo e dalla varie e mai banali cut scene, si capisce che questo seguito (che sarebbe in realtà un prequel) può davvero puntare a superare il predecessore.

Spaghetti Western

Se c’è un nome con il quale qualsiasi amante del Western deve fare i conti è Sergio Leone. Dopo i suoi "spaghetti western" il genere non è più stato lo stesso, e le sue scelte stilistiche ed inquadrature hanno dettato legge, diventando il vero e proprio simbolo di sparatorie tra cowboy e fuorilegge (non solo, visto che registi come Tarantino usano spesso inquadrature alla Leone nei loro film). Anche gli sviluppatori di Bound in Blood non sono rimasti indifferenti davanti agli insegnamenti del maestro del Western, e le idee di Leone si possono notare un po’ ovunque in tutto il titolo, come vedremo più avanti.
Prima di tutto, però, è bene dire sin da subito che questo Bound in Blood non cerca in alcun modo di innovare il genere degli FPS. Anzi, le meccaniche presentate sono molto simili a quelle di titoli blasonati come Call of Duty, presentando la giusta dose di realismo e semplicità. Le vere chicche arrivano dal sapiente utilizzo dell’ambientazione.
 


Il lazo sarà utilissimo per salire in luoghi altrimenti irraggiungibili

All’inizio dell’avventura, passati i due livelli introduttivi, potremo scegliere quale dei due fratelli utilizzare, se Ray o Thomas. Il primo è un vero e proprio Tank, resistente, potente e capace di usare due pistole alla volta (gli scontri a fuoco in questo modo risultano estremamente veloci ed adrenalinici), di lanciare e piazzare esplosivi e di sollevare una quanto mai distruttiva Gatling portatile; Thomas invece è molto più devoto al ragionamento e all’approccio stealth. Non solo sarà un maestro con le armi a distanza, come la carabina, ma potrà utilizzare dei silenziosissimi coltelli o un preciso arco indiano, oltre che un lazo utilissimo per appendersi e ad arrampicarsi in luoghi altrimenti inaccessibili. La possibilità di scegliere i due fratelli sarà un toccasana per la longevità del titolo, visto che rigiocare i vari quadri scegliendo l’uno o l’altro ci svelerà aspetti di gioco sempre nuovi ed intriganti. Ma questa scelta renderà ancor più incomprensibile la totale mancanza di una modalità co-op, che in questo frangente sarebbe stata davvero preziosa.
Al di là di quale fratello useremo, il gameplay del titolo si dimostrerà molto vario ed intrigante, raramente avvezzo alla noia. Le varie sparatorie saranno sempre veloci ed adrenaliniche, e sempre stracolme di avversari da abbattere, dove però non sarà mai molto prudente scendere in campo sparando all’impazzata. Al contrario, sarà bene sfruttare le molte coperture disponibili (dissimulate in maniera perfetta nei vari scenari, così da non stonare mai con l’ambiente). Il sistema di copertura, infatti, sarà ben gestito e molto semplice. Avvicinandoci ad una copertura ecco che potremo, muovendo semplicemente la levetta analogica, affacciarci da ogni lato per prendere la mira e sparare in tutta sicurezza. Il sistema, pur risultando un po’ limitato rispetto ad altri esponenti del genere, si dimostra comunque validissimo e riuscitissimo all’interno dell’avventura.

Quando un uomo col fucile incontra un uomo con la pistola…

A dar ancor più freschezza ad una giocabilità più che buona, ecco che si intromettono occasionali elementi stealth (quando saremo nei panni di Thomas), di cecchinaggio, di demolizione (nei panni di Ray), di utilizzo di postazioni fisse (come la gatling o un potentissimo cannone), o alcune sessioni puramente western dove, su cavallo o dentro una diligenza, dovremo far piazza pulita di cavalieri sin troppo fastidiosi. Proprio le parti a cavallo si riveleranno inaspettate, presentando alcuni livelli aperti devoti al free roaming, dove potremo imbarcarci in qualche side-quest utile per racimolare un bel gruzzoletto e potenziarci l’equipaggiamento o semplicemente gironzolare qua e la nello scenario.
Un altro aspetto puramente Western del titolo si dimostrano i duelli, e qui ritorniamo al discorso precedente su Leone ed il suo lascito. Quando saremo chiamati a duellare, ecco che la telecamera inquadrerà la nostra fondina e la nostra mano, con l’avversario in lontananza, anche lui in posizione. In questo frangente dovremo muovere la levetta sinistra per spostarci a destra e sinistra, così da avere l’avversario sempre al centro della visuale, e con la levetta destra avvicinare la mano al calcio della pistola, senza toccarla. Quando sentiremo il rintocco della campana, ecco che i nostri riflessi dovranno scattare e scendere velocemente alla fondina, così da estrarre la pistole, mirare l’avversario e sparare. In una frazione di secondo si deciderà chi dovrà vivere e chi invece andrà a far da mangime ai vermi. L’atmosfera che queste situazioni riusciranno a sollevare sarà fantastica ed avvolgente, in puro stile western.
 


Spiacente, troppo lento!

Per finire, non rimane che spendere qualche parola sul sistema di bullet time. Esso si chiamerà Concentrazione e sarà diverso per i due fratelli. Con Ray, una volta caricata al massimo la concentrazione, potremo selezionare i nemici e le loro parti del corpo da colpire entro un tempo limite, finito il quale egli sparerà in maniera velocissima a tutti i bersagli selezionati. Con Thomas, invece, la mira verrà puntata automaticamente, e noi dovremo velocissimamente tirare in basso la leva analogica destra (come se fosse un grilletto) e sparare, cosa che se fatta con il palmo della mano ci farà sentire dei veri Cowboy.
Tutto sommato, dunque, il gameplay del titolo si dimostra convincente e divertente, minato qua e la solo da una pur superficiale sensazione di linearità. Mai, infatti, potremo decidere quando interagire con il fratello non giocante, se non in determinati punti prestabiliti (come farci aiutare per salire su un tetto, oppure sfondare una porta in due sparando all’impazzata in bullet time). Nonostante questo, e nonostante un vuoto lasciato dalla mancanza di una modalità Co-op, situazioni sempre diverse, un’IA nemica tutto sommato buona e mai banale ed idee assolutamente vincenti (i duelli tra tutti) riusciranno a sancire l’ottima qualità del gameplay del titolo. Si può dunque dire che da questo punto di vista il predecessore è stato surclassato in maniera visibile e palese.

I banditi giocano On-Line

La ciliegina sulla torta in questo marasma di sparatorie e cavalcate della morte sarà la modalità multiplayer. In essa ritroveremo tutti gli stilemi del genere, ossia ruba bandiera, deatmatch e così via, ma chiamati con nomi ben più adatti all’ambientazione come: caccia all’uomo, banda, ricercato, sparatoria e leggende del west. In queste modalità i giocatori (per un massimo di 12) potranno destreggiarsi in una serie di mappe abbastanza buone, devote a quanto visto nella modalità in singolo, dove si potranno vestire i panni di varie classi tipiche del filone western, come lo sceriffo, il bandito, il messicano, l’indiano apache e così via, distinte tutte dall’arma utilizzata. Le classi, all’inizio poche, andranno sbloccate con potenziamenti in denaro, fino ad un totale di 13.
Interessante, in alcune modalità, l’inserimento di una taglia sulla testa dei giocatori. Più uccisioni si faranno e più la taglia salirà, donandoci alla fine della partita una somma in denaro utile per potenziarci le armi o per ampliare le classi disponibili.
Pur non distanziandosi dalla concorrenza, il multiplayer del titolo si dimostra di ottima fattura, rimanendo stabile anche in mappe molto affollate e non presentando alcun lag o alcun rallentamento. Peccato che non sia possibile alcuna opzione cooperativa o alcuna modalità multiplayer in locale, se non con l’utilizzo del system link.

Un deserto da cartolina

Abbiamo appena visto come questo Bound in Blood abbia superato il primo Call of Juarez sia nella trama che nel gameplay. La cosa vale anche per quanto riguarda la totalità del comparto tecnico, soprattutto quello grafico, inaspettatamente ottimo ed appagante.
Gli sviluppatori si sono serviti del Chrome Engine 4, motore proprietario, per dar vita ad un far west assolutamente credibile e di grandissimo impatto. Se da un lato i vari modelli poligonali risulteranno buoni ma non eccezionali, le texture usate invece brilleranno per nitidezza e bellezza. In questo modo andranno a crearsi scenari dal fortissimo impatto visivo, con miriadi di elementi su schermo, una linea di orizzonte distantissima e nitidissima, per un risultato finale veritiero e molto bello. Addirittura, nelle zone desertiche, sarà presente l’effetto tremolo dovuto al caldo torrido, un effetto di grande impatto.
Tra tutti questi elementi positivi, però, stonano le espressioni facciali dei vari personaggi. Se i visi saranno comunque ben fatti, grazie anche ad un ottimo character design, le loro animazioni facciali saranno abbastanza parodistiche e limitate. Un vero peccato, perché le varie cut scene, forti anche di una cura registica devota alle idee di Leone, saranno davvero godibili, ma minate da una cura dei movimenti facciali quasi assente. E peccato anche per qualche caricamento di troppo che, bloccando il gioco per qualche secondo, potrebbe risultare fastidioso. Nonostante tutto, però, il comparto grafico risulta di pregevole fattura, un ulteriore aspetto positivo capace di surclassare il primo Call of Juarez.
Parlando del sonoro, ecco che anche qui ci si trova davanti ad un lavoro ottimo e piacevole. Le varie musiche di sottofondo, su tutto il resto, brilleranno per bellezza compositiva, ricordando qua e la i fasti delle composizioni di Morricone che, legate ai film di Leone, hanno oramai fatto scuola. Buoni anche i vari suoni ambientali, mentre pessimo il doppiaggio italiano. A parte qualche voce (Ray), tutte le altre risulteranno fuori luogo e assolutamente scarse, dando atto ancora una volta dell’altalenante livello dei doppiatori italiani.

In conclusione

Inaspettatamente, questo Call of Juarez Bound in Blood si erge molto al di là di quanto ci si attendeva, surclassando in maniera diretta il predecessore in praticamente tutti i campi. Un gameplay ottimo e mai banale, idee capaci di immergere in uno scenario western ricreato in maniera egregia e un comparto grafico eccellente, riescono a donare quell’atmosfera da far-west che molti amanti del genere attendevano da tempo.
Se siete amanti degli FPS o dell’ambientazione western potete acquistare questo gioco semplicemente ad occhi chiusi. Se invece siete rimasti colpiti dalle potenzialità del titolo, ma non siete cultori dei generi sopra citati, ebbene, sarebbe bene provare prima di comprare, potreste rimanerne piacevolmente rapiti.

 
 

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