Limbo – Recensione PS3

Approdato in esclusiva temporale sul Microsoft Live Arcade di Xbox nel 2010, Limbo arriva in questo periodo nei lidi del Playstation Network e su Steam per mostrare al mondo del Videogioco quanto poco vale la grafica, quanto poco vale il replicare lo stesso gioco in diversi seguiti e soprattutto quanto sia dominante, ancora oggi, l’intuizione e l’immaginazione di un genio, un visionario, un creativo, in barba al bilancio fiscale di fine anno. Limbo è un gioco creato dallo studio di sviluppo danese Playdead e appartiene al genere dei platform games di stampo retro, dove il proverbio “prova, muori, riprova e sopravvivi” è costante dall’inizio alla fine.

Scopriamo insieme cosa si cela dietro a questo gioco in bianco e nero, campione di incassi e mattatore di diversi riconoscimenti artistici.

Benvenuti alle porte dell’Inferno: il Limbo

Basandosi sul termine latino “limbus” che tra le tante cose significa anche “orlo” oppure “limite”, gli sviluppatori guidati dal geniale Arne Jensen sono riusciti a creare una propria, personale ed inquietante visione dell’Inferno, per la precisione di quella zona che funge da ingresso, quello che Dante definisce “Limbo”. Il protagonista sottoposto al controllo del giocatore è un ragazzino senza nome che si sveglia in una radura circondata da alberi scuri e spigolosi. Egli non sa da dove viene e probabilmente non ricorda neanche come si chiama, ma una cosa la sa perfettamente: è arrivato lì per trovare qualcuno, sua sorella, forse perché vuole essere sicuro che non sia finita nei recessi più oscuri dell’inferno o forse perché non vuole restare solo, adesso che anche lui è finito laggiù. Le chiavi di lettura sono centinaia e non ci sarà una stringa di testo o una voce narrante a dissipare dubbi, sospetti o intuizioni. C’è solo un ragazzino, un Limbo da affrontare, mille insidie e una sorella da ritrovare: tutto il resto è lasciato alla fantasia del giocatore.

È inquietante notare che le tonalità dell’intero gioco siano in bianco e nero con scale di grigi. Il chiarore del sole, in lontananza, è anch’esso grigio e freddo e dopo l’insidiosa selva oscura di dantesca memoria ci ritroveremo in un ambiente urbano, industriale, animato da infernali e letali macchinari che sovvertono le naturali leggi fisiche.


Ragni giganti, vermi mangia-cervello, seghe circolari, trappole mortali

Dopo i primi istanti di smarrimento, seguiti da un timido tentativo di ambientamento, capiamo subito che nel Limbo le distrazioni vengono pagate con il più alto dei conti: la vita del protagonista. Dapprima il nostro compito è quello di evitare voragini sul vuoto o tagliole per orsi. Ben presto avremo a che fare con un gigantesco ragno che vorrà banchettare con le nostre carni, senza dimenticare dei fastidiosi invertebrati che ci cadono in testa rosicchiano il cervello e prendono possesso delle nostre facoltà motorie, spingendoci verso un’unica direzione senza possibilità di tornare indietro. Oltre al già citato ragno gigante, la foresta è abitata da quelli che sembrano esseri umani come noi, ma questi fuggono appena ci avviciniamo oppure tentano di ucciderci. Qua e là si trovano anche dei cadaveri o – come crediamo noi – abitanti del limbo non ancora svegli.

Lasciata la foresta alle nostre spalle, ecco entrare in un ambiente in netto contrasto con il primo, che ci ricorda una zona industriale. Le insidie di questo ambiente sono principalmente delle enormi seghe circolari come quelle che si vedono nelle grandi fabbriche di lavorazione del legno, pavimentazioni elettrificate che ci fulminerebbero all’istante, presse e meccanismi idraulici che hanno la pessima abitudine di attivarsi quando passiamo noi, provocando una violenta e triste dipartita.


Prova e muori. Muori e impara. Impara e sopravvivi

Il concetto alla base di Limbo è molto semplice: si controlla la direzione del protagonista con la levetta o i tasti direzionali. Possiamo farlo correre o camminare. Con un tasto possiamo farlo saltare ed infine, con un ultimo comando, possiamo fargli afferrare qualcosa. Alla semplicità di utilizzo fa da contraltare un continuo presentarsi di situazioni enigmatiche in cui l’osservazione, il tempismo e la logica sono necessarie per andare avanti.

La primissima volta che si gioca a Limbo occorre fare i conti con una quarta risorsa: la morte del protagonista. È quasi impossibile risolvere un enigma senza prima provare a fare qualcosa, che spesso si traduce in una una morte violenta del giovane avventuriero. Da qui si traduce il modo di approcciarsi a Limbo, definito dagli stessi autori “Trial and Death”, cioè provare e morire. Noi aggiungiamo che morire ci dà una lezione e questa lezione possiamo attuarla per sopravvivere alle insidie del Limbo: dove prima una tagliola decapita il protagonista, dopo verrà usata la stessa per azzoppare un ragno. Dove c’era una pressa che ci schiacciava senza pietà, c’è una trappola da evitare per schiacciare un losco inseguitore. La difficoltà degli enigmi è tarata semplicemente alla perfezione, tanto da sembrare molto bassa all’inizio e impietosamente alta sul finire del gioco.


Non servono tanti poligoni e un’orchestra sinfonica per fare Arte

Un motore grafico e fisico di proprietà, praticamente nessun arrangiamento musicale e qualche effetto sonoro riprodotto nella maniera più fedele possibile. Questo è Limbo sotto il profilo tecnico, poca roba sulla carta ma ce n’è abbastanza per fare impallidire certe produzioni milionarie che non riescono minimamente nella propria missione: emozionare e divertire.Limbo, pur non vantando un “graficone” e una colonna sonora, riesce in quella missione in maniera semplicemente monumentale. L’impatto visivo è comunque di quelli che non si dimenticano, basandosi su uno stile monocromatico che strizza l’occhio ai film noir e all’espressionismo tedesco.

Gli unici difetti che non riescono a portare Limbo alle soglie della perfezione sono: un prezzo di vendita troppo alto per quello che oggettivamente il gioco offre e una durata totale dell’esperienza quantificabile in un paio d’ore o tre. La rigiocabilità è garantita dalla presenza di una manciata di trofei/steam achievements che vengono ottenuti esplorando i livelli alla ricerca di oggetti oppure cercando di finire il gioco senza mai morire una volta. Le versioni Playstation 3 e Microsoft Windows, infine, godono di una zona extra che diventa disponibile solo avendo ottenuto il trofeo “Alone in the Dark”.


Conclusioni

Limbo è una produzione indipendente di matrice danese, un platform denso di enigmi che richiede la loro risoluzione per arrivare ai titoli di coda. Va affrontato secondo quello che i programmatori definiscono “trial and death” (prova e morte) e gode di un bellissimo aspetto monocromatico in scale di grigi, bianco e nero. Di tutte le produzioni indie, è forse quella più raffinata, metaforica e artisticamente più elevata e a rafforzare questa affermazione vi sono i numerosi riconoscimenti della critica mondiale, che hanno premiato gli sforzi di Playdead ad ogni occasione. Dove non riesce la forza del vil denaro hanno fatto breccia il coraggio, la fantasia, la determinazione di un certo Arne Jensen e di coloro che gli hanno dato fiducia (Playdead di Dino Patti) che hanno snobbato tutti i luoghi comuni dell’industria videoludica quali tutorial, grafica, multigiocatore online, colonna sonora, decine di ore di gioco, per creare un titolo destinato ad essere ricordato in eterno per il suo fascino: Limbo.

Limbo è un capolavoro. Uno di quei rari viaggi onirici che solo il Videogioco può inventarsi e offrire. Pochi altri titoli, pochi libri e pochi lungometraggi possono vantare tanto fascino e tanto coinvolgimento. Il travaglio del protagonista diventa il travaglio di chi lo guida. La disperata ricerca di una persona conosciuta, l’ambiente silenzioso e desolante, le trappole mortali, le reiterate, violente e strazianti morti a cui siamo costretti, prima di conoscere la via d’uscita, la solitudine da trovare, esplorare ed affrontare in quell’inferno in bianco e nero: tutto concorre a far rientrare la perla di Playdead nel novero dei giochi “emozionali” e metaforici più belli di sempre. Indimenticabile.
9.5

Pro

  • - Stilisticamente unico
  • - Ottima curva di difficoltà
  • - Onirico, metaforico e coinvolgente

Contro

  • - Costa tanto rispetto alla media
  • - Dura poco rispetto alla media
  • - Se odiate gli enigmi lasciatelo stare
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