Lost in Blue: Shipwrecked – Recensione Lost in Blue: Shipwrecked

Lost in Blue è una serie nata sul Game Boy Color, inizialmente con il nome di Survival Kids. A quel tempo Konami aveva regalato ai videogiocatori questa piccola perla, completamente fuori dai canoni e molto divertente, nella quale impersonavamo un ragazzino finito su un isola deserta da solo, mischiando un survival con uno stile di gioco che ricordava quello di Zelda. Lost in Blue ha quindi continuato il suo cammino verso il Nintendo DS con 3 titoli, e ora è approdato su Wii con Lost in Blue: Shipwrecked.

Una trama all’ultima spiaggia

Il gioco presenta una trama pressocchè identica a tutti quelli della serie. Il protagonista, Aidan Sanders, è un ragazzo su una nave capitanata da suo padre e in compagnia di una piccola scimmietta di nome Hobo. La nave sulla quale si trova però ha uno sfortunato incidente, e mentre tutti fuggono sulla navetta di salvataggio lui cade in acqua. Al suo risveglio si ritrova da solo con la sua scimmietta su un isola deserta, e in attesa dei salvataggi deve cercare di cavarsela da solo. Sulla storia purtroppo non c’è molto di più da dire. Ci saranno dei minimi risvolti sulla trama man mano che andiamo avanti, ma si tratterà sempre di pochi minuti di cutscene e che non avranno grosse ripercussioni su ciò che dovremo fare.

Come sopravvivere su un’ isola deserta

Quando acquisiremo il controllo del nostro personaggio vedremo la barra della vita, sotto la quale sono presenti le percentuali della nostra sazietà, l’idratazione, e riposo. Nella nostra esplorazione infatti dovremo sempre tener bilanciati questi aspetti cercando cibo da mangiare, pozze d’acqua da cui bere, e luoghi in cui sederci o dormire. All’inizio il gioco ci mette subito in luce alcuni modi per farlo: per mangiare ci consiglierà di scuotere (utilizzando il movimento simultaneo di nunchuk e wiimote) alcune palme per far cadere delle noci di cocco, che utilizzate dal nostro inventario ci sfameranno. Per bere ci mostrerà l’ubicazione di una bottiglia d’acqua da raccogliere, spiegandoci poi che i contenitori che ci portiamo dietro vengono automaticamente riempiti ogni volta che ci abbeveriamo da una fonte d’acqua. Per riposare ci basterà utilizzare il comando apposito dal menù, ricordandoci però che durante il riposo la fame e la sete salgono di molto.

Proseguendo con l’esplorazione incontreremo alcuni minigiochi che hanno a che fare con lo scopo generale: potremo creare un fuoco utilizzando la legna che raccogliamo, e tramite questo cucinare le erbe e la frutta a nostra disposizione tagliandola tramite un tempismo adatto di oscillamento del wiimote. Alcune strade sono sbarrate da ostacoli, quindi dovremo affidarci a delle oscillazioni dei nostri joypad per liberarci la strada o per arrampicarci. Un altro esempio sono le ostriche sepolte che possiamo far tornare alla luce tramite un minigioco di scavo, nel quale agitando il puntatore sullo schermo che visualizza la sabbia potremo scostarla per fare dei ritrovamenti. Avremo la possibilità anche di fare delle semplici costruzioni per ripararci, oppure di usare Hobo per raccogliere più velocemente ciò che si trova sugli alberi invece di agitarli.

Sono tutte idee abbastanza buone, ma finiscono per annoiare presto. Oltretutto da un certo punto in poi incontreremo una ragazza, Lucy Raine, assieme al suo cane Max, il che significa che dovremo badare alle esigenze di ben 2 personaggi. Se aggiungiamo il fatto che la sua AI è piuttosto scarsa e finiremo per lasciarla spesso a riposare in un punto, dovendo tornare indietro per sfamarla e abbeverarla, il tutto tende a diventare velocemente ripetitivo e stressante.

 

 

  Per entrambi i personaggi dovremo controllare fame, sete, e stanchezza.

 

 

Konami, cosa ci combini?

Andando a parlare del comparto tecnico, la cosa tende purtroppo sul disastroso. Graficamente il gioco è molto sotto la media, con modelli poligonali poco curati, texture inadeguate, e animazioni ben poco convincenti. Nonostante i paesaggi siano molto colorati e luminosi, l’occhio non riesce proprio a trovare piacevole un livello così basso. Anche il comparto audio non raggiunge la sufficienza: i motivi e gli effetti sonori sono ben fatti, ma sono pochissimi e quindi avremo continuamente una o due musiche per tutto il gioco, cosa che, non c’è bisogno di dirlo, stanca in fretta. Anche la longevità, nonostante possa attestarsi su buoni livelli grazie alla durata del gioco, alcuni extra sbloccabili, delle sfide da superare e dei minigiochi in multiplayer, non riesce a mantenersi alta per il semplice motivo che il gioco principale tende a stanzare così velocemente che è difficile che qualcuno riesca a raggiungere tali elementi sbloccabili.

 

 Modelli poligonali e textures sono molto sotto lo standard qualitativo di questi tempi.

 

 

In definitiva

Lost in Blue: Shipwrecked è un gioco che è partito con delle buone idee, ma sviluppate orrendamente. Il Gameplay seppur vario tende a stancare dopo poco tempo, la AI del personaggio secondario è poco sviluppata, e graficamente il prodotto è ben lungi dall’essere sufficiente. Se siete stati dei fan sfegatati dei vecchi titoli della saga siete liberi di provarlo, ma il consiglio è quello di cercare su altri lidi.

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