Lux-Pain – Recensione Lux-Pain

Luce e dolore

Lux Pain è una visual novel, genere videoludico che ha trovato terreno fertile su DS, grazie a giochi come Phoenix Wright, che hanno contribuito a renderlo popolare. Lux Pain non ha grandi pretese, ma riesce nello scopo di coinvolgere il giocatore. Vediamo come.

Il potere della mente

Lux Pain narra la storia di Saijo, agente di un agenzia chiamata Fort, che ha il compito di rintracciare ed eliminare gli "Shinen", residui spirituali dei pensieri umani che corrompono la gente, spingendola a commettere omicidi e compagnia bella. L’indagine su uno di questi Shinen porta Saijo nella altrimenti tranquilla cittadina di Kisaragi, nella quale si stanno infatti verificando degli strani avvenimenti. Saijo si dovrà infiltrare nel liceo locale e familiarizzare con i cittadini, portando nel contempo avanti l’indagine e facendo conoscenza di soggetti quantomeno singolari. La trama non è delle più originali, ma le premesse piuttosto banalotte nascondono delle "scuse" per giustificare il gameplay: grazie ai poteri psichici di Saijo, infatti, sarà possibile di tanto in tanto (a discrezione del gioco) esplorare la mente del nostro interlocutore per trovare indizi utili ai nostri fini o semplicemente sapere di più di una certa persona. La caratterizzazione dei personaggi è buona, anche se alcuni risultano piuttosto stereotipati; la grande quantità di colpi di scena nella storia supplisce a questa mancanza: non affezionatevi troppo a un qualsiasi personaggio, perchè potrebbe morire da un momento all’altro.
Purtroppo, se la trama risulta nel suo piccolo ben scritta, l’esposizione si merita una critica pesante, non tanto per colpa degli sceneggiatori ma per via della localizzazione Inglese del gioco: fin dalle prime battute è possibile rintracciare errori grammaticali in quantità industriale, oltre a un Inglese che anche i più anglofoni avranno difficoltà a comprendere. Spesso i dialoghi non avranno nessun senso, arrivando persino a essere del tutto differenti dal doppiaggio, e vi chiederete più di una volta chi abbia eseguito il proofread del gioco. Speriamo che un’eventuale release europea corregga questo rilevante difetto, che a volte inficia l’esperienza di gioco in modo piuttosto pesante.

 

 

 

 

Il potere di Saijo non si può usare in continuazione, e le opportunità sono evidenziate in modo prepotente dal gioco stesso

 

 

 

Telepati e scolari

Come menzionato, il protagonista del gioco possiede poteri psichici che gli consentono di scandagliare la mente dei vari personaggi, per proseguire la storia o semplicemente approfondire i rapporti con qualcuno. Durante il dialogo con qualcuno, potrebbe fare un’apparizione il simbolo Sigma, che se toccato dà il via al minigioco che vi terrà compagnia fino alla fine del gioco: si tratta in breve di "grattare" via gli ambienti e i personaggi con lo stilo per trovare gli Shinen, che si aggirano come vermicelli per tutto il touch screen. Una volta scovato il pensiero molesto, si tratterà di tenerci il pennino sopra per un tempo sufficiente a farlo scomparire; a quel punto potrete visualizzarne il contenuto. Dopo ognuna di queste sessioni vi verrà assegnata dell’esperienza che farà aumentare di livello il protagonista, permettendogli di scandagliare le menti per più tempo. Di tanto in tanto vi imbatterete in delle boss battle, in cui vi troverete ad affrontare degli Shinen particolarmente ostici, colpendo i loro punti deboli sul touch screen dopo averglieli fatti scoprire.
Il gioco è piuttosto lineare: sebbene sia possibile aggirarsi per gli ambienti e parlare con chi desideriamo, c’è una sola storyline e un solo modo per farla proseguire. Anche la presenza di un indicatore di affetto provato nei vostri confronti dai vari personaggi (disponibile nelle fasi più avanzate del gioco) sembra un’aggiunta superflua, visto che ottenere i favori di un PNG non comporta nessun tipo di vantaggio. Nonostante tutto, Lux Pain si rivela un’esperienza godibile e longeva, oltre che varia.
 

Trovare gli Shinen dopo un po’ si fa ripetitivo e non è mai troppo difficile 

 

Un mese di due dimensioni

Il gioco è interamente in due dimensioni, a parte dei brevi siparietti rappresentati dalle boss battle, in cui il nemico si mostra in tre dimensioni. Il character design non è molto originale, ma piacevole: ogni personaggio ha una qualche caratteristica che lo rende riconoscibile.
Anche il sonoro è discreto: le musiche sono ben realizzate, ma hanno il difetto di ripetersi in continuazione. C’è poca varietà, anche nel doppiaggio, che è piuttosto generico: non di grande qualità, ma nemmeno pessimo; almeno è in un Inglese corretto, a differenza del resto del gioco. Peccato che non tutte le battute siano doppiate: se pensavate di aggirare la pessima localizzazione grazie al doppiaggio, siete fuori strada.
Anche la longevità si attesta su buoni livelli, nonostante il gioco non inciti particolarmente alla rigiocabilità: completato il gioco, sarà disponibile un’opzione "Nuovo gioco +", che permetterà di ricominciare al livello raggiunto alla fine della partita precedente. Ricominciare il gioco però non comporta dei premi particolari, a parte delle giornate extra ambientate dopo la fine. Un incentivo valido solo per chi ha davvero apprezzato il gioco.


Vi manca Phoenix Wright?

Se la risposta è sì, Lux Pain è indubbiamente una buona alternativa: è una visual novel adatta a passare il tempo, in quanto non richiede una grande dedizione ed è piuttosto lineare. L’orribile localizzazione Inglese grava parecchio sull’esperienza complessiva, ma dategli una possibilità: potreste affezionarvici parecchio.

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