The Elder Scrolls V: Skyrim – Recensione The Elder Scrolls V: Skyrim

Luoghi, non-luoghi e suoni

Occorre dare un volto a tutto ciò di cui si è parlato finora, esaminando l’aspetto visivo del titolo. Nel 2006 Oblivion fu la causa scatenante di molti cambi di PC, grazie al suo motore grafico, tale Gamebryo, che all’epoca sembrava il non plus ultra della tecnologia. Un motore che purtroppo non è invecchiato bene e che trascina i suoi difetti anche in questo episodio, dal momento che il Creation System di Skyrim altro non è che una versione migliorata del medesimo. Tra questi difetti possiamo notare, ad esempio, una gestione delle ombre piuttosto povera ed anche insensatezze quali la pioggia sotto i tetti. È comunque da riconoscere come il gioco sia piuttosto scalabile, rendendolo giocabile sia alle basse configurazioni (rendendolo però inguardabile) come alle alte, in cui il buon uso di filtri grafici rende il gioco decisamente più appetibile. Il vero problema sono il comparto delle animazioni e quello fisico, le più grandi spine nel fianco della serie, di cui ci si rende particolarmente conto durante esecuzioni, salti e corse a cavallo – peraltro, gli sviluppatori hanno avuto l’ingrata idea di forzare la visuale in terza persona mentre si è in sella, costringendo ad osservare le prodezze anti-gravitazionali del nostro equino, che anche in questo episodio riesce a scalare le montagne meglio di un fuoristrada 4×4.
 


Semplicemente maestoso

In generale, è evidente che questo episodio non rappresenti un grande passo avanti come il predecessore. Ciononostante, a prescindere da tutti i difetti, l’impatto è notevole: non si può non rimanere meravigliati dall’immensità del gioco, particolarmente sentita per via dell’ambiente montuoso che ci pone continuamente di fronte a vedute panoramiche notevoli. Inoltre, la biodiversità del territorio è coerente alla sua geografia, mostrando un ambiente via via più rigido e impervio mentre ci si muove da sud a nord, passando dai popolati avvallamenti meridionali ai gelidi e solitari strapiombi sulla costa nord, perennemente innevata e affacciata su di un mare pieno di iceberg, con fauna e flora adattatesi di conseguenza. La cura del dettaglio non si ferma agli ambienti naturali: le città, rispetto a Oblivion, sono cresciute e sono molto più caratteristiche, sviluppandosi sulla base dell’influenza culturale del luogo ed adattandosi alla sua morfologia, tant’è vero che c’è una città praticamente scavata sulla facciata di un monte. Menzione speciale anche per i dungeon, disegnati e curati uno ad uno da un apposito team. Ce ne sono di varia natura, da caverne a rovine antiche di nord, nani ed orchi, ma essenzialmente la loro esplorazione prevede il classico raggiungerne il fondo (o la vetta) evitando di farci uccidere da nemici e trappole (magiche e fisiche) per trovare ciò che ci interessa, ed in genere concludendo un combattimento contro il boss di turno.
 


Non promette affatto bene…
 

Un altro aspetto della grafica, che potrebbe sembrare secondario ma non lo è, è l’hud (l’interfaccia di gioco). A gioco in corso è perfetto, gli unici indicatori sempre presenti sono bussola e mirino, mentre tutte le barre compaiono solo quando in uso. Ciò che invece è riuscito a diventare ancora peggiore di Oblivion sono i menu: eccezion fatta per la sezione delle abilità rappresentate come costellazioni, gli altri menù sono stati ridotti all’essenziale, riducendosi a dei listoni di nomi senza nessuna icona o anteprima. Ancora una volta la "consolizzazione" ha colpito l’utenza PC, facendo sentire la nostalgia del menu perfetto di Morrowind.
Due parole infine sulla colonna sonora: è curata dal solito ed impeccabile Jeremy Soule, che riesce ad infondere serenità durante i viaggi ed epicità e/o dramma durante ogni scontro, senza mai risultare monotona, banale o inadatta. La durata e la quantità di tracce sono maggiori del passato, eliminando l’unico problema che affliggeva i predecessori su questo versante.


Dicono faccia freddo
 


Nell’immensità

Abbiamo parlato in lungo e in largo delle novità del gioco con particolare riguardo per i fan della saga, probabilmente dimenticandone anche alcune per via della sua immensità. Ma per un neofita, bisogna rispondere alla domanda "perché dovrei giocare Skyrim?". Come gioco in sé, i motivi sono sottintesi in tutto ciò che avete letto finora sulla grandezza e sulla libertà che lascia. Ciò che invece è meno evidente è il fascino intrinseco di scoprire un universo originale e sul quale non si finisce mai di imparare. Come detto in precedenza, ogni quest approfondisce il lore del gioco senza mai scadere nel banale, ma ancora di più lo fanno le decine di libri che si trovano in giro, in grado di rappresentare un gradino di interazione che molti altri prodotti non possono vantare, e se questo non fosse già un bell’incentivo, o se non foste giocatori particolarmente pazienti, ci pensa il mondo di gioco a fermarvi a guardare.
Uno dei pregi di Skyrim relativamente ai predecessori è la maggior interazione dell’IA con l’ambiente circostante ed il giocatore. Prendiamo un esempio: supponiate di essere un bretone mago stanziato al collegio di Winterhold, che dopo due giorni passati a riordinare la propria stanza e leggere libri sulla storia di Skyrim ha appena accettato un incarico per conto di uno dei maestri del collegio di Winterhold, con l’obbiettivo di recarvi in un’antica rovina in cerca di un manufatto. Uscite dal collegio, e venite fermati da un fattorino che dice di avere una lettera per voi, e leggendola scoprite che un misterioso "amico" vi dà appuntamento in un certo luogo. Siete incuriositi, ma rimanete concentrati sul vostro obbiettivo. Prima di partire vi recate alla locanda a comprare del cibo per il viaggio. Entrate, e notate un bardo che intona una canzone popolare con l’approvazione dei presenti, che alzano i bicchieri e applaudono, ed un individuo solitario, probabilmente un mercenario, che non aspetta altro che qualcuno chieda il suo servizio. Fatte le vostre spese, uscite e vi allontanate dal villaggio, ma non prima di essere passati dal fabbro locale a comprare una nuova arma, distogliendolo per un’attimo dal suo lavoro quotidiano. Comincia così il vostro viaggio tra la foresta innevata, con la circospezione di chi sa di poter essere attaccato da un momento all’altro da un branco di lupi. Fate buona metà del percorso sterrato in tranquillità, fermandovi di tanto in tanto a raccogliere bacche dagli arbusti circostanti, finché non vi trovate ad un incrocio e notate su una via secondaria una carovana rovesciata. Vi avvicinate per vedere che succede, fate appena in tempo a vedere il cadavere del cocchiere che venite colti di sorpresa da due banditi, probabilmente gli autori dell’omicidio. Con le vostre conoscenze magiche evocate un famiglio per aiutarvi nello scontro, che comunque vi costringe a prendere le distanze per evitare un confronto fisico nel quale sareste in svantaggio. Ma proprio mentre vi distanziate, qualcosa di inaspettato piomba sulla zona: un drago, che mette immediatamente in fuga i due ladri iniziando a soffiare fuoco su tutto ciò che vi circonda. Prende così inizio uno scontro di proporzioni epiche che non avevate minimamente previsto.


Uno dei tanti incontri inattesi…
 

Questa è una delle tantissime esperienze che possono capitare in modo quasi casuale e che rendono il mondo di Skyrim un’esperienza incredibilmente varia e complessa, invogliando il giocatore ad esplorare ed esaminare senza farlo sentire un’entità a sé stante. In realtà non è tutto rosa e fiori: sebbene si sia fatto un decisivo passo in avanti, soprattutto rispetto ad Oblivion, dopo molte ore di gioco il fan avrà l’impressione che si potesse comunque fare di meglio, e sono da citare in particolare i compagni d’avventura che si possono trovare in giro, purtroppo poco caratterizzati e che finiscono col diventare nulla di più che dei bersagli per i nemici e dei portapacchi per noi, senza contare un sacco di bug che li affliggono.
 


Un evidente bug…

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