Withering Rooms RECENSIONE | Brividabad…ibridi

Recensito su PlayStation 5

Lo studio di Seattle Moonless Formless ci porta a scoprire un’ennesima ibridazione di generi ed elementi, questa volta quella fra elementi roguelike e il genere horror a scorrimento: Withering Rooms è un esperimento riuscito o la dimostrazione che forse ci ingredienti che non ha senso (ancora) mescolare?

Withering Rooms RECENSIONE | Un genere, diverse influenze

Withering Rooms è un horror a scorrimento 2.5D che vi vede vestire i panni di Nightingale, ragazzina gentilmente spedita in un manicomio dai suoi genitori; ovviamente, come la storia un po’ ci ha già mostrato, i luoghi nei quali decidiamo di nascondere gli elementi della società che non siamo riusciti ad aiutare non sempre sono gestiti con dignità ed empatia.

Stiamo parlando di un horror, quindi le corruzioni che dovremo affrontare non saranno solo morali, ma anche e soprattutto fisiche, in questo caso non-morti, fantasmi invisibili, streghe e pazzoidi che brandiscono asce, tutte creature derivate dalla morte degli “ospiti” del manicomio, intrappolati in un sogno/incubo dal quale ora tocca a noi tentare di uscire.

Le ispirazioni sono piuttosto evidenti, a livello di meccaniche, con un horror che si imbratta le mani di elementi rougelike (stanze procedurali, perdita di parte del loot al momento della morte, ecc) e che decide di farlo rinunciando ad una – o mezza – delle tradizionali dimensioni dell’horror, avvicinandosi più ad un Little Nightmares che alla tradizione di Resident Evil.

Parlo di sacrificio di dimensioni perché, come dicevo nell’intro, Withering Rooms è un gioco a scorrimento orizzontale, con un goccio di profondità in più offerto dalla mezza dimensione di profondità che ci permette di nasconderci o esplorare “in lungo” le stanze del manicomio da incubo. Potrei prolungarmi per almeno altri 4 paragrafi sulla natura di quella “mezza dimensione”, tanto in Withering Rooms quanto in altri titoli, magari chiamati erroneamente 2.5D, ma c’è già abbastanza orrore in questa recensione, non ne voglio aggiungere altro.

Un roguelike horror non troppo bravo a nascondino

Nello stilare il mio giudizio verso il titolo (tra l’altro arrivato prima in Early Access e ora alla sua versione 1.0) non posso quindi non partire proprio dagli elementi rogue di Withering Rooms: la mappa procedurale e il loot.

Con una interessante giustificazione narrativa, quella dell’incubo che ti riferivo prima, il titolo di Moonless Formless consolida una ciclicità di gameplay che, lo confesso, funziona: non innova, certo, ma materializza comunque un loop di gioco che proprio nella coesione tra narrazione e roguelikecità si giustifica e non regala la frizione che magari un titolo con un design meno deciso avrebbe inevitabilmente portato con sé. Ad ogni loop Nightingale si risveglia a letto, senza equipaggiamento (almeno finché non sbloccheremo alcuni upgrade) e di nuovo costretta a tentare la fuga, stealth o aggressiva che sia. La mappa è solo parzialmente procedurale, con stanze importanti sempre connesse agli stessi corridoi, restituendo quindi un senso di déjà vu che non delizia né disgusta.

Anche per quanto riguarda il loot, prevalentemente costituito in Withering Rooms da armi, incantesimi, artefatti e accessori, la struttura è interessante, anche se regolare nel suo aderire al binario tracciato da altri. Di base avremo un’arma melee, per difenderci o attaccare, e poi una serie di strumenti che alterano le nostre capacità difensive o offensive. Essendo solitamente sempre più deboli del nemico più debole, a difficoltà normale, e in presenza di uno dei roll più lenti che io abbia mai incontrato, Withering Rooms è quasi più un gioco di gatti e topi, che un vero survival horror. Se solitamente è infatti la scarsità di risorse a dettare la nostra ansia e disperazione, qui è la legnosità del movimento e del combat system a farci dannare.

Le hit box nemiche sono infatti piuttosto difficili da giusticare, e l’introduzione, a 3 quarti dell’avventura, di nemici che non ricevono alcun danno da armi melee sposta un po’ troppo l’ago della bilancia verso l’estremo della frustrazione. La natura 2D del gioco posiziona infatti il primo bastone fra le ruote del flow del quale ultimamente vi parlo così spesso: se le opzioni di fuga e occultamento in un ambiente 3D sono molte, in un piano di scorrimento unico tutto diventa un po’ più lineare e meno aperto a sperimentazioni o strategie dettate dall’urgenza.

Questa stanza giurerei di averla già vista

Un aspetto molto connesso alla proceduralità è la varietà degli ambienti: non tutti possono permettersi di essere Returnal, con 6 biomi molto diversi sia nell’aspetto che nelle opportunità esplorative, ma Withering Rooms rimane profondamente radicato in un’estetica vittoriana (con una spolverata di industrial punk) alla quale si trova involontariamente ammanettato, se non per piccoli sprazzi di colore e varietà. La Dimora Mostyn regala sì labirinti di siepi, tombe, grotte, chiese e rovine, ma mai in una varietà tale da non scadere in una samey-ness piuttosto maleodorante. Ci sono anche diversi NPC, sparsi per la storia, ma nulla di memorabile.

Una meccanica che aiuta in questo, faticando a portare tutto il peso di questa responsabilità, è una delle due barre presenti nella UI di gioco: c’è quella della salute, tradizionale e intoccata a livello di UX, e quella della “maledizione”. Più resteremo sveglie nel sogno, più sopravviveremo, più ci troveremo faccia a faccia con i tanti nemici che popolano le folli mura della Dimora Mostyn, più quella barra si riempirà, distorcendo gli ambienti intorno a noi, tanto da costringerci a far ricordo a candele ristoratrici che, sul lungo periodo, offrirano solo un piccolissimo e forsennato respiro prima di doversi rituffare fra corridoi angusti e mannaie schivate per un centimetro.

A barra piena il flow di gioco si spezza però del tutto, anche nel contesto di un contributo nemico, a quella barra, sempre superiore delle nostre capacità di curarci o almeno mantenerci vivi. L’equilbrio meccanico dell’equazione gatto-topo era già fragile prima, complice una struttura stealth troppo rigida e chirurgica nella sua necessità di costante considerazione della legnosità di base dei movimenti, ma una Barra Maledizione piena è la goccia che fa traboccare il vaso di una pazienza solitamente piuttosto generosa. L’unico aspetto positivo della mappa completamente corrotta dalla maledizione è la possibilità di recuperare equipaggiamenti persi in precedenti run fallimentari.

“Mi sa che per stasera stacco…”

Il difetto più grande che si può attribuire a Withering Rooms è il sistema di progressione: non posso che definirlo “fallato” e frustrante, costruito con una tale superficialità da non avvicinarsi nemmeno a scivoloni ad una solida meccanica o struttura di riferimento. Il loop con il quale approccerai il titolo è, te lo assicuro, sempre questo: risveglio dal sogno, esplorazione, incontro con un nemico, fuga e nascondino, esplorazione, enigma, esplorazione, risoluzione enigma, incontro con un nemico, fuga o morte, risveglio. Riesci a capire la legnosità del loop anche solo dalla mia descrizione?

Un modo di godersi Withering Rooms un po’ di più è abbassare la sua difficoltà, portandola a “Narrativa”, livello al quale però diventa tutto troppo facile e, potenzialmente, si rompe ancora di più il senso di immersione. Sound design e soundtrack non sono elementi ai quali dedicare troppo: fanno il compitino e non esaltano né azzoppano l’opera.


Non mi è facile essere ostile verso uno studio di sviluppo che vuole cambiare, anche solo in parte, un genere, o ibridarlo (leggiti la mia recensione di quel capolavoro chiamato Balatro), ma Withering Rooms necessita assolutamente di una maggior definizione della propria identità a prescindere dalle derivazioni estetiche o meccaniche che porta sulla pelle. Un equilibrio troppo precario tra immersività e rottura del flow, dei movimenti e un combat system legnosi visivamente e meccanicamente, e un environment che non riesce a restituire troppo gusto visivo al di fuori delle solite 3 mura vittoriane, sono tutti elementi di un equazione di gioco che intriga più nelle premesse che nella sua materiale identità.

6.5
Troppo peso sulle influenze, poco sulla definizione di una propria identità

Pro

  • L'atmosfera inizialmente funziona
  • Ibridare generi ed elementi diversi è sempre una premessa interessante...

Contro

  • ...ma il gioco non riesce a trovare una propria identità
  • Loop di gioco troppo viziosamente "gatto e topo"
Vai alla scheda di Withering Rooms
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