Abbiamo provato Fate Samurai Remnant

Vi racconto le mie prime ore con il nuovo action RPG ambientato nel mondo di Type Moon, Fate/Samurai Remnant

Abbiamo provato Fate Samurai Remnant

Come potrai scoprire in questo provato Fate Samurai Remnant si è rivelato ben più di un “ennesimo” musou.

A quattro anni di distanza da Extella Link, Type Moon prova nuovamente a trasportare il brand di Fate in un videogioco, stavolta con un Action RPG sviluppato da Koei Tecmo: Fate/Samurai Remnant. Dall’annuncio è subito trapelato molto scetticismo sul progetto, un po’ causato dai titoli precedenti, un po’ dal fatto che, pur definendosi Action RPG, il gioco è sembrato sin da subito un ennesimo musou.

Forte dell’aver apprezzato, nella sua semplicità, Extella Link, mi son approcciato a Samurai Remnant con aspettative modeste. Mi bastava riprendesse il gameplay di Link ma con una narrativa più interessante. Se riuscissero ad unire i pregi dell’ultimo Musou della serie con una storia al livello dei due titoli per PSP, sarei più che soddisfatto, ma passiamo a quello che posso dirti dopo aver provato Fate Samurai Remnant.

Fate/Samurai Remnant è un bizzarro connubio di Action RPG e Musou, pur mantenendo una scrittura da Visual Novel

Tuttavia, dalle prime ore perlomeno, mi son trovato davanti un prodotto molto strano con questo provato Fate Samurai Remnant. Fate/Samurai Remnant non è un Musou ma un Action RPG con battaglie musou-like. La cosa più simile che mi viene in mente è Like a Dragon, nello specifico Ishin, ma con un gameplay musou nel momento in cui si incontra un nemico.

Koei Tecmo sembra voler evolvere la classica formula del genere musou, in un processo già iniziato con gli ottimi Persona 5 Strikers e Fire Emblem Warriors: Three Hopes. Non avremo livelli separati nel quale conquistare zone strategiche, massacrando nel processo migliaia di nemici. Invece esploreremo varie aree di Edo, incontrando sporadicamente nemici da combattere assieme a decine di loro minion.

Abbiamo provato Fate Samurai Remnant

Immaginate un Like a Dragon nel quale, una volta iniziato uno scontro, i due nemici principali chiamano a se dieci minion ciascuno, la cui presenza impatta poco sulla battaglia e la quale vita è irrisoria.  Questa scelta è molto strana, ma al netto delle prime 5 ore di gioco, l’ho trovata apprezzabile. Le bossfight sono divertenti e il gameplay ha abbastanza meccaniche da non cadere nella noia (per ora almeno).

Sarebbe stato carino avere anche attività secondarie nella forma di mini-giochi, considerando la forte ispirazione a Yakuza. Tuttavia Fate/Samurai Remnant sembra voler rimanere sul semplice e puntare tanto sulla storia: scelta che posso condividere, a patto che riescano a proporre una narrativa interessante.

Lontani dall’Extraverse, si torna a storie meno creative… ma forse è meglio così

Nei panni di Miyamoto Iori, figlio adottivo di Miyamoto Musashi (si parla di PHH Musashi, per chi seguisse Grand Order), ci ritroveremo coinvolti in un rituale chiamato Waxing Moon Ritual, nel quale verrano evocati quindici spiriti eroici. Sette di questi avranno un Master e competeranno per poter esprimere un desiderio, altri sette saranno indipendenti e potranno essere reclutati, infine uno farà da arbitro per il rituale.

Nei due capitoli che ho potuto giocare, la storia ha un pacing inaspettatamente solido. Parte con diverse scene d’azione interessanti, per poi prendersi il suo tempo e farti ambientare nella Edo del diciasettesimo secolo e farti conoscere i personaggi. Nonostante Fate/Samurai Remnant non sia scritto da Kinoko Nasu, il poco di storia che ho visto ricorda molto le sue novel e ciò non può che farmi piacere.

La struttura “Yakuza-like” si adatta bene a questo tipo di scrittura, dando tempo ai personaggi di caratterizzarsi tramite le loro azioni. Saber e Iori infatti soni riusciti subito ad interessarmi, cosa in cui i protagonisti dei due Extella hanno fallito miseramente. A discapito di un’ambientazione meno intrigante rispetto al Moon-Cell, Samurai/Remnant potrebbe avere la miglior storia videoludica degli ultimi 10 anni di Fate (escludendo Grand/Order).

Abbiamo provato Fate Samurai Remnant

Tecnicamente sufficiente, la musica grande assente delle prime ore

Almeno nel nostro provato Fate Samurai Remnant non è un titolo particolarmente solido a livello tecnico. Il frame-rate regge e l’artstyle anime lo rende gradevole alla vista, a patto che apprezziate lo stile, tuttavia i dettagli estetici sono minimi ed è evidente che non si tratti di un gioco ad altissimo budget.

Gli artwork sono molto espressivi e, prendendo esempio dalle radici Visual Novel del brand, vengono utilizzati per trasmettere molto di ciò che i dialoghi vogliono far intendere. Questo anche grazie ad un doppiaggio di buon livello.

Ciò che, per ora, mi ha lasciato con l’amaro in bocca in questo provato Fate Samurai Remnant è il comparto musicale. Type Moon ha dalla sua degli ottimi compositori, tanto che la colonna sonora di Avalon Le Fae è la mia personale preferita del 2023. Mi dispiace quindi sentire che Samurai/Remnant non sembra puntare abbastanza sulla colonna sonora.


In definitiva, Fate/Samurai Remnant si annuncia un gioco strano, ma nel senso buono della parola. Koei Tecmo non si sta limitando a proporre il solito musou ed ha scelto una struttura di gioco che sembra sposarsi bene con la narrativa. La storia ha un buon inizio, un cast interessante e tanti begli spunti da sviluppare. Il potenziale per essere il miglior videogioco console di Fate c’è tutto, spero solo che la scrittura mantenga un’alta qualità fino alla fine.

[Qui l’ultimo trailer di Fate/Samurai Remnant]

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