La vera storia della cartuccia dei videogiochi

Jerry Lawson è davvero il padre della cartuccia? Non esattamente.

Il 2 dicembre 2022 cadeva l’anniversario di nascita di Jerry Lawson, scomparso nel 2011 e che avrebbe quest’anno spento 82 candeline.
Grazie a un doodle interattivo di Google a lui dedicato, tutti i media – di settore o meno – si sono buttati a scrivere un frettoloso pezzo sulla sua figura, compreso il sottoscritto.

Il concetto di base è il medesimo per tutti gli articoli pubblicati: Jerry Lawson è stato l’inventore della “cartuccia” per i videogiochi.

Ma Lawson è stato davvero l’inventore della “cartuccia”?

Se c’è una cosa dove la stampa generalista, e recentemente quella di settore, spesso casca, è la superficialità con cui molti contenuti vengono redatti. Anche noi non siamo stati da meno con il pezzo sul doodle, in cui ho fedelmente seguito le informazioni “mainstream”. A farci tornare sulla retta via è stato uno sfogo su instagram di Carlo Santagostino, docente di informatica e sviluppatore di videogiochi che possiamo tranquillamente annoverare tra le massime figure del settore, in cui ha lamentato il fatto che noi giornalai abbiamo contribuito a diffondere una notizia falsa e che NO, Jerry Lawson non è l’inventore della “cartuccia”.

Carlo Santagostino
Carlo Santagostino – foto da Istagram con commodore

I veri inventori della cartuccia

Iniziamo la nostra storia con una immagine: il seguente screen è tratto dalla deposizione di Jerry Lawson, avvenuta il 18 Novembre 1993, in merito al processo Fairchild VS Nintendo sulla paternità della cartuccia.

Deposizione Lawson

Domanda: Quindi l’idea di utilizzare delle cartucce intercambiabili per cambiare gioco è originaria della ALPEX, giusto?
Risposta: si

Puoi scaricare l’intera deposizione in pdf qui.

ALPEX? Fairchild? Lawson? di cosa stiamo parlando?

Il giornalista Benj Edwards ha scritto, nel 2015, un lungo articolo per fastcompany.com, che, tra interessanti interviste e succulenti dettagli, fa luce sui veri inventori della cartuccia. Di seguito ne ripropongo una versione sintetica con qualche integrazione.

Alpex Computer Corporation era una piccola azienda americana fondata nel 1970, che, dopo l’uscita della console Odyssey della Magnavox e Pong della Atari (1972), cominciò a valutare l’idea di entrare nel mercato emergente dei videogiochi. Nel 1971 Intel aveva rilasciato il primo microprocessore: l’intel 4004 (e nel 1974 l’ 8080) e le sue concorrenti, tra le quali Fairchild,  iniziarono immediatamente a sviluppare le loro versioni.
Con i microprocessori che stavano venendo itegrati in tutti i campi immaginabili  Wallace Kirschner, un dipendente della Alpex, si rese conto che utilizzare un microchip programmabile al posto di hardware dedicato avrebbe potuto permettere la creazione di videogiochi più avanzati.

Nel 1974, Kirschner iniziò a lavorare su un progetto di una console basata su microchip affiancato da Lawrence Haskel, un ingegnere esperto di software con cui aveva lavorato precedentemente. Con Kirschner a lavorare sull’hardware e Haskel sul software, l’obiettivo era quello di creare una console che avrebbe permesso all’utilizzatore di cambiare gioco a piacimento. “RAVEN” (Remote Access Video Entertainment) era il nome in codice di tale console, basata sul nuovo microprocessore 8080, rilasciato da Intel lo stesso anno.

Il primo prototipo era in grado di generare un output 128*64 bianco e nero che utilizzava 8kb di memoria RAM (all’epoca estremamente costosa), mentre per il software Haskel puntò all’hockey, di cui era grande appassionato.
Successivamente sviluppò: Tic-Tac-Toe, una semplice versione su schermo del gioco; Shooting Gallery, che permetteva al giocatore di ruotare una “pistola” e sparare un proiettile per colpire un bersaglio in movimento; Doodle, un programma artistico primitivo che permetteva al giocatore di disegnare o cancellare linee bianche sullo schermo del televisore.

Hockey 1976 Channel F
Hockey 1976 Channel F (versione finale)

Man mano che aumentava la libreria di giochi, bisognava trovare un metodo per permettere agli utilizzatori di cambiare titolo senza dover acquistare un’altra console. Al tempo i computer avevano varie opzioni per intercambiare il software, spesso cassette o dischi magnetici che richiedevano hardware troppo costoso per essere implementato.
Kirschner e Haskel trovarono la soluzione nel kit di sviluppo del microprocessore 8080, dove Intel consigliava l’utilizzo della EPROM, un nuovo tipo di memoria ROM in formato chip che permetteva allo sviluppatore di scrivere e cancellare il software per risparmiare tempo.
Era evidente che un chip ROM era troppo delicato per essere dato al consumatore finale, quindi gli ingegneri dell’Alpex svilupparono un circuito stampato intorno alla ROM per rendere la connessione più semplice.
Così nacque il prototipo della prima cartuccia di per videogiochi.
I 25 pin di queste cartucce del RAVEN erano nettamente più resistenti dei pin sulla rom, ma comunque non abbastanza per essere date in pasto al consumatore finale. Ma su questo torneremo più avanti.

Alpex era troppo piccola per portare avanti il progetto “RAVEN”, quindi cominciò a cercare partner. Nel 1975 fecero dimostrazioni ai consigli di amministrazione di Sylvania, Zenith, RCA e Motorola, ma nessuno di loro risultò interessato. C’è da considerare che erano aziende che producevano televisori e che ai loro occhi il RAVEN non sembrava un prodotto commerciabile.
Tramite una serie di fortunate coincidenze (e con l’aiuto di Lawson) che puoi approfondire nell’articolo di Benji, la Fairchild risultò interessata e volle investire sul progetto.

Lawson fu messo a capo del team per lo sviluppo della RAVEN in seno alla Fairchild, insieme a un ing. industriale chiamato Nicholas Talesfore. Lawson era un ingegnere che lavorava per la Fairchild, uno dei pochi ingegneri elettronici afroamericani della Valley. Nel 1975, Lawson aveva già sperimentato ampiamente con i videogiochi, avendo creato il suo videogioco arcade due anni prima. Rinominata con il nuovo nome in codice “STRATOS” la console dovette essere convertita per ospitare il processore della Fairchild F8 al posto del Intel 8080. Anche la complessa tastiera dovette essere abbandonata a favore di un prototipo di joystick, a cura di Lawson, che fosse compatibile con il gioco di Hockey.
Successivamente la console ebbe diversi cambi di nome: prima VES e poi il suo nome definitivo, Channel F (Channel Fun).

Per migliorare il sistema di inserimento della cartuccia, Fairchild assunse Ron Smith, un ingegnere meccanico che aveva lavorato alla National Semiconductor lavorando alla progettazione di moduli di memoria ROM orientati ai consumatori. Un sistema resistente a migliaia di inserimenti non era mai stato pensato ed era un problema molto complesso, nell’articolo di Benji sono presenti gli appunti di Smith e la descrizione del sistema di protezione dei connettori della cartuccia.

Di seguito alcune immagini del brevetto con dettagli del sistema di inserimento della cartuccia firmato da Smith.

Patent Fairchild inserimento cartuccia
Dettaglio del brevetto, inserimento cartuccia channel F

Per visualizzare l’intero brevetto [US4095791A] clicca qui.

Talesfore invece si focalizzò sulla sua area di esperienza, il disegno industriale, cercando di trovare un modo per creare un involucro solido e di facile produzione in scala.
In quegli anni avevano avuto enorme successo le cartucce Stereo8 (usate nelle auto): robuste, facili da inserire e rimuovere con una sola mano e resistenti alle vibrazioni. Talesfore ne copiò le dimensioni e fattezze aggiungendo nelle nervature per migliorare la presa e facendole stampare in un giallo acceso per attirare l’attenzione.
Per le etichette Fairchild assunse l’artista Tom Kamifuji (1922-2015)

cartucce channel f

Ogni cartuccia poteva contenere più giochi e per la Channel F ne furono fatte 26: la prima, videocart-1 conteneva Tic Tac Toe, Shooting Gallery, Doodle e Quadradoodle.

Il lancio della Fairchild Channel F

Il 6 luglio 1976 il Channel F venne descritto in un articolo di businessweek intitolato “The Smart Machine Revolution” tra vari prodotti che facevano utilizzo dei nuovi microprocessori. L’idea di un sistema a cartuccia intercambiabile era rivoluzionario e aumentò in modo esponenziale le previsioni sui ricavi dei videogiochi.

L’enorme interesse intorno al Channel F accelerò gli sviluppi delle altre aziende concorrenti che stavano lavorando a un sistema a cartucce simile come lo Studio II di RCA e soprattutto l’Atari 2600.

Fairchild channel F
Fairchild Channel F

Non sempre chi primo arriva, meglio alloggia

Nonostante le aspettative. il lancio del Fairchild Channel Fun fu molto tiepido. Il motivo? I giochi.
I giochi del Fairchild Channel Fun erano principalmente mentali, e la Fairchild imparò a proprie spese che la gente vuole “pew pew e boom boom.
Seppur superiori alle vendite delle console precedenti (non a cartucce) le vendite del Channel F furono decisamente sotto le prospettive. Anche il concorrente RCA con il suo Studio II fece un buco nell’acqua, con giochi noiosi e un sistema inferiore alla stessa console Fairchild. Dopo un anno dall’uscita del Fairchild Channel F uscì l’Atari 2600, che, con vivaci giochi arcade e d’azione, si mangiò tutto il mercato. Fairchild cercò di rispondere con il Channel F System II, ma era ormai troppo tardi per competere con l’Atari. Nel 1979 Fairchild vendette il sistema alla Zircon International, che ne cessò la distribuzione nel 1983.
In totale furono vendute circa 350.000 copie a un prezzo di 169.95$ (circa 800 Euro al cambio attuale)

Le ragioni che hanno contribuito al fallimento di Channel Fun rispetto all’Atari sono principalmente due:

  1. Software
    Come scritto sopra i giochi della channel F erano mentali e poco curati rispetto a quelli dell’Atari.
    L’amministrazione era focalizzata alla vendita dei semiconduttori, mentre all’Atari era tutto focalizzato sulla esperienza e il divertimento del consumatore
  2. Costo
    I circuiti della Fairchild Channel F erano interamente prodotti dalla Fairchild Semiconductor, e la Exetron (la divisione consumer responsabile del Channel F) doveva acquistarli a prezzo fisso.
    L’Atari invece poteva scegliere da un ampia gamma di fornitori e quindi puntare a prezzi di mercato più bassi.
    Altro punto importantissimo (ancora oggi seguito dall’industria dei videogiochi) è che Atari produsse le sue console in perdita per avere una forte penetrazione nel mercato per poi recuperare sulla vendita dei giochi.

Ma quindi Jerry Lawson non è davvero il padre della cartuccia

Esatto, Lawson non ha inventato il concetto della cartuccia, questo onore spetta a Wallace Kirschner and Lawrence Haskel ma senza dubbio è stato un importante contributore dello sviluppo di questo mezzo.

Curiosità: cosa era contenuto nelle 26 cartucce commercializzate per Channel F?

Videocart-1: Tic Tac Toe, Shooting Gallery, Doodle, Quadradoodle

Videocart-2: Desert Fox, Shooting Gallery

Videocart-3: Video Blackjack
Videocart-4: Spitfire
Videocart-5: Space War
Videocart-6: Math Quiz (Addition & Subtraction)
Videocart-7: Math Quiz (Multiplication & Division)
Videocart-8: Mind Reader, Nim (aka ‘Magic Numbers’)
Videocart-9: Drag Strip
Videocart-10: Maze, Cat and Mouse
Videocart-11: Backgammon, Acey-Duecy
Videocart-12: Baseball
Videocart-13: Torpedo Alley, Robot War
Videocart-14: Sonar Search
Videocart-15: Memory Match
Videocart-16: Dodge’It
Videocart-17: Pinball Challenge
Videocart-18: Hangman
Videocart-19: Checkers
Videocart-20: Video Whizball
Videocart-21: Bowling
Videocart-22: Slot Machine
Videocart-23: Galactic Space Wars
Videocart-24: Pro-Football
Videocart-25: Casino Royale
Videocart-26: Alien Invasion

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