Battlefield 3 – Recensione Battlefield 3

I due Bad Company hanno oscurato non poco la serie madre da cui derivano, Battlefield, offrendo un gameplay molto particolare e ottimo sia in singolo che in multiplayer. In molti non sentivano la mancanza di un nuovo titolo che abbandonasse gli stravaganti personaggi che ci hanno accompagnato nei due spin-off, ma quest’autunno, a quasi due anni d’uscita da Bad Company 2 e dall’ultimo lavoro Dice, il multiplayer di Medal of Honor, esce sul mercato, carico d’aspettative, Battlefield 3. Uno sparatutto per certi versi diverso e per altri molto simile ai passati titoli prodotti dalla casa di sviluppo svedese.

La delusione narrativa

Era chiaro sin da prima dell’uscita che il cuore pulsante del gioco non sarebbe stato il single-player; nonostante questo, il team svedese è riuscito a mettere su una campagna di assoluto valore per quel che concerne il gameplay e le situazioni proposte, ma molto debole sul lato narrativo. 
La storia raccontata, ambientata quasi completamente in medio oriente, ci propina la solita tiritera tra russi e americani, e quindi un ipotetico terzo conflitto mondiale. La narrazione è molto particolare, e attraverso dei flashback nidificati (cioè flashback dentro i flashback) racconta, molto grossolanamente, le vicende. Quel che più manca alla storia non sono i colpi di scena o delle intricate trame tipiche dei thriller fantapolitici, ma dei personaggi caratterizzati. Alla fine del gioco, l’unico comprimario che ricorderete è una comparsa che appare per la prima volta nelle battute finali, e nonostante il tempo intercorso tra la sua entrata e uscita sia molto trascurabile, tale personaggio, di cui si sa praticamente nulla, probabilmente vi rimarrà impresso. Ciò prova che non ci vogliono background profondi per ottenere un personaggio di spessore, ma bastano poche azioni da fargli compiere che siano contestualizzate e colpiscano l’attenzione del videogiocatore. Non ci saremmo aspettati la caratterizzazione vista in Bad Company, che a oggi, molto probabilmente, rimane il punto di riferimento per quel che riguarda il carisma dei personaggi in ambito FPS, però qualcosa di più la si poteva, anzi doveva fare. Per il resto la storia scorre via liscia senza alcun picco qualitativo o colpo di scena, cosa dovuta anche ad uno stile narrativo non adatto a questo tipo di sorprese.

La fiera delle buone intuizioni

Dicevamo che le meccaniche sviluppate lungo la campagna ci sono invece piaciute: non per idee particolarmente innovative od originali, ma bensì per il grande impatto scenico di ogni missione. La spettacolarità è senza dubbio il punto di forza della modalità in singolo. Molte situazioni sono state ispirate da Call of Duty, mentre altre scelte non sono così comuni: per esempio, quella di far scoppiare un terremoto proprio nel bel mezzo di un conflitto a fuoco, con il crollo di palazzi a corredo. Altre missioni, come quella in cui saliamo come passeggeri su di un aereo militare, fanno vedere al giocatore scene a dir poco spettacolari, anche se poco interattive. In generale, questa spettacolarità aiuta l’immedesimazione del giocatore, che si sente nel bel mezzo della guerra. Per aumentare questa sensazione sono state aggiunte anche alcune scene in cui si perdono dei compagni, ma a causa della piattezza generale dei personaggi questi momenti finiscono per avere l’effetto contrario e lasciano assolutamente indifferente il giocatore.
Il gameplay vero e proprio del titolo è una via di mezzo tra il realismo assoluto di un Arma e la spettacolarità ad ogni costo di un Call of Duty. Con pochi colpi si viene abbattuti e ciò porta il giocatore a seguire uno stile molto tranquillo e ragionato, pena la ripetizione, più e più volte, degli stessi spezzoni. Il rinculo delle armi è parecchio accentuato e diventa fondamentale utilizzare il mirino per ottenere un minimo di precisione in più. Molto particolare è l’utilizzo delle fonti di luce nel gioco. 
Dice è riuscita a inserire al meglio nel gameplay l’eccellente sistema d’illuminazione creato: i nemici dotati di torce, ovviamente durante le missioni notturne, accecano il giocatore, che deve cercare di defilarsi per mirare con più precisione e abbattere l’attaccante. 

Lo spettacolo rovinato da qualche sbavatura

Le ambientazioni migliori dal punto di vista grafico sono proprio quelle in notturna, o almeno che si svolgono in ambienti non illuminati dal sole. Questo perchè la gestione delle luci e le varie riflessioni sono davvero eccezionali, probabilmente uno dei punti più alti raggiunti dalle console dell’attuale generazione. Pur non raggiungendo la qualità della versione PC, quindi, Battlefield 3 si dimostra all’altezza anche su console (ricordiamo che la versione da noi testata è PS3). I vari difetti, dovuti principalmente ai limiti hardware, non pregiudicano pesantemente il giudizio grafico del gioco, ma ne abbassa di qualche punto percentuale la valutazione: pop-in e pop-up sono senza dubbio quelli più diffusi. Le texture non sono sempre di alto livello, ma in linea di massima, ripetiamo, ci troviamo di fronte a un titolo graficamente eccezionale, o almeno a tratti. Le ambientazioni in spazi aperti, con il sole che picchia in testa ai soldati, non sono malvagie, ma gli effetti di luce che si hanno di notte, grazie anche a un particolare filtro applicato alla visuale in prima persona, rende queste scene indimenticabili. Gli effetti particellari, inoltre, rappresentano un altro aspetto positivo dell’impianto grafico; non solo le esplosioni sono rese al meglio, ma anche le colonne di fumo e la sabbia spazzata via dal vento sono rese in maniera ottima. Il doppiaggio è in italiano, ma non raggiunge alti livelli e si attesta su standard medi. La colonna sonora, purtroppo, non regala grandi brani e si attesta anch’essa sulla media. Ciò che rende incredibile il comparto audio di Battlefield 3 sono invece gli effetti sonori: tra ottimi campionamenti del rumore delle armi, i boati delle esplosioni in lontananza, il sibilo degli aerei che ti passano di fianco lasciano per larghi tratti davvero esterrefatti.  

Niente di nuovo sul versante dell’online

Il motore grafico si mantiene su standard abbastanza alti anche nella modalità multiplayer, dove sappiamo che il down-grade grafico è assolutamente fisiologico. Proprio il multiplayer, come detto in apertura, rappresenta per il titolo la parte più importante, e soprattutto quella che vi terrà incollati per più tempo alla console. Cercando di non andare troppo nei particolari per non tediarvi, vi basti sapere che il multiplayer di Battlefield 3 è il solito multiplayer a cui ci ha abituato Dice con Bad Company e, ancor più recentemente, con Medal of Honor. Per larga parte, infatti, la struttura dell’online è stata ripresa dal passato: la possibilità di scegliere diverse classi che crescono e si evolvono separatamente, caratterizzate da differenti qualità e tipi di armi utilizzabili, ne è l’esempio. Ora sono stati aggiunti anche diversi nuovi mezzi utilizzabili nelle mappe più grandi e in determinate situazioni.Lo sviluppo del propri soldato è molto simile agli altri giochi Dice, con un aumento dell’esperienza molto più lento rispetto a titoli come Call of Duty, ma che grosso modo si evolve allo stesso modo: sbloccando nuove armi, abilità e oggetti utili al miglioramento delle prestazioni. La qualità delle mappe è come sempre ottima, alcune sono caratterizzate da un’estensione notevole e tutte, più o meno, riprendono ambientazioni già viste nel single-player. Le varie modalità presenti non si discostano, anche queste, dal passato: oltre a due varianti di death match, è presente "conquista" e "corsa". In "Conquista" due squadre devono prendere il controllo di alcune zone della mappa, classicissima modalità molto amata dagli utenti; corsa, apparsa per la prima volta in Bad Company vede i giocatori divisi nelle solite due squadre, una attaccante e l’altra difendente: quella attaccante deve distruggere la postazione nemica e quella difendente la deve, appunto, difendere. Insomma, nulla di innovativo, le classiche cose già viste in passato. Proprio quest’ultimo è, a nostro avviso, il problema del multiplayer di Battlefield 3: sembra davvero troppo classico e non si evolve rispetto al passato; qualche miglioramento, come è normale, c’è, ma a nostro avviso, per aspirare alla palma di miglior sparatutto della generazione ci vuole ben altro.
Per finire, è presente una modalità cooperativa anch’essa classicissima che permette di giocare insieme a un amico delle missioni che riprendono per larghi tratti quelle viste nella campagna. Un’ultima cosa è doverosa: se dovete giocare online (ricordiamo che il numero massimo dei giocatori è 24), come avviene con tutti i giochi, ma in special modo con questo, entrate a far parte di un clan; se giocherete in solitaria vi perderete gran parte del divertimento.

Commento

Purtroppo Battlefield 3 non è lo sparatutto definitivo che in molti attendevano. In molti hanno criticato pesantemente la parte single-player, ma a nostro avviso è probabilmente la porzione di gioco dove gli sviluppatori hanno cercato di offrire qualcosina di nuovo; il problema della campagna è la componente narrativa e i personaggi, piatti e senza carisma. Dice, purtroppo, pur offrendo un comparto online completo e di altissimo livello non è riuscita a dare quel qualcosa in più a livello di novità, o forse non ha osato provare per non deludere i fan. Graficamente il titolo sorprende per certi versi e delude per altri, ma sta di fatto che la componente tecnica del prodotto è tra le migliori mai realizzate per console.
Probabilmente aspettarsi qualcosa di nuovo per il multiplayer in uno sparatutto è forse anche stupido, e probabilmente le novità maggiori verranno portate dalla componente in singolo, ma noi siamo dei sognatori e aspettiamo uno sparatutto che scombussoli le regole e porti aria fresca a questo genere che sta lentamente diventando sempre più stantio. 

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