Ghostbuster – Recensione

L’industria videoludica è lungi dall’essere perfetta e capita fin troppo spesso di assistere a mosse commerciali di dubbio gusto; quella di oggi, ad esempio, è sfruttare un film in uscita per proporre un videogioco. C’è chi riesce a creare un buon prodotto come Goldeneye suNintendo 64 e chi riesce a far crollare il mercato come fece E.T. su Atari 2600. Non so sinceramente che fine potrà fare Ghostbusters(2016), ma di una cosa ne sono sicuro: questo gioco deve rimanere sullo scaffale del vostro negozio di fiducia e adesso vi spiego perché.

Venimmo, vedemmo…

Una volta avviato, il gioco promette bene: il tema di Ray Parker Jr. comincia a partire dalle casse della TV, il logo originale è lì in tutto il suo splendore e dentro di noi arriva la spavalderia stile Peter Venkman pronto a fare man bassa di qualunque entità ectoplasmica non appena vedremo la mitica Ecto-1. Un vortice di sensazioni pronto però a cadere nel vuoto non appena si inizierà a giocare.

La trama punta già ad essere un pretesto narrativo senza infamia e senza lode: un gruppo di acchiappafantasmi alle prime armi che, stufo di vedere le gesta dei loro colleghi in TV, decide di prendere in mano la situazione, spronati dal loro primo contratto e pronti a diventare ancor più celebri degli originali. Sfida ambiziosa già persa in partenza.

I personaggi del gioco potrebbero anche avere il loro spessore per quanto riguarda il character design, abbastanza ispirato a dirla tutta, ma falcidiati da un comparto di battute e humour scadente, nonché bambinesco il giusto da far comprendere alla perfezione chi sia il target di riferimento.

Ma è quando si gioca che sono dolori: Ghostbusters è un twin stick shooter con una forte componente cooperativa, consigliata solo in virtù della scarsissima intelligenza artificiale che altrimenti vi supporterà nel caso giochiate in solitaria. Le basi ci sono, così come alcune idee valide: ogni personaggio ha la sua arma principale ed una tipologia di bomba, rendendo il gameplay un po’ più vario e permettendo ad un’ipotetica squadra di sviluppare un minimo di strategia per non soccombere agli ectoplasmi.

Solo andando avanti ci si renderà conto di quanto tutte queste belle pensate siano inutili a fronte di un gioco dalla sfida pressoché nulla che si sviluppa in circa 10 livelli frutto del peggior lavoro di level design mai visto negli ultimi anni: ambienti banali, nemici talmente standardizzati da avere interi asset di gioco in comune e meccaniche come il surriscaldamento delle armi che, in un contesto simile, rendono l’azione di gioco ancor più frammentaria e noiosa. E’ vero, ogni personaggio può essere potenziato man mano che si andrà avanti, ma solo quello con cui giocheremo dunque, ai livelli più alti, avremo anche l’onere di dover gestire gran parte dei nemici a causa di una squadra sbilanciata in termini di potenza di attacco, a meno che non ci si metta a fare la conta per scegliere sempre un personaggio diverso ma, vi assicuro, già dover affrontare l’avventura con uno solo, nonostante la durata risibile del gioco che si attesta sulle 8 ore circa, è già abbastanza tedioso di suo.


… E spegnemmo tutto.

Anche il comparto tecnico lasciava presagire una bella situazione: mostrare con tanta opulenza il logo dell’Unreal Engine 4 dovrebbe significare “Ehi, ragazzi, qui abbiamo il graficone!” ma, nella realtà dei fatti, gli sforzi profusi per arricchire esteticamente il gioco sono pari alla mia voglia di lavorare a Ferragosto. Gli ambienti, benché gradevoli durante la prima ora, sono costantemente riciclati, così come i vari mostri presenti che, al netto di qualche cambio grafico, sono sostanzialmente gli stessi anche sotto il profilo del moveset, annullando il senso di sfida e di sorpresa. Sono incappato ogni tanto in alcuni effetti di pop up sui nemici, ad esempio texture non caricate, nonché alcuni cali di framerate durante i cambi di stanza, cosa che avrei potuto accettare in altri titoli ma non qui, perché parliamo di un gioco che sul fronte dello sfruttamento hardware dovrebbe essere una passeggiata di salute per ogni dispositivo, anche nel caso di una Xbox One spesso vessata da problemi tecnici. Il gioco nel complesso fila liscio ma, per quanto possa essere una persona compassionevole, stavolta davvero non riesco ad essere accondiscendente, e qui arriviamo al peggior difetto del gioco: il prezzo.

Ghostbusters viene venduto, sia in versione retail che digitale, a 50€. Lo scrivo a lettere, cinquanta euro.

Non sto neanche a dirvi quanti giochi migliori potreste comprarvi con quella cifra, così come non devo suggerirvi quante attività, siano esse legali o meno, si possono fare con quei soldi, magari anche con qualche spicciolo di resto.

Quel che critico è la volontà di tirare su dei soldi con un gioco marchetta, approfittando dell’ignoranza del pubblico e con un brand iconico che nemmeno il remake appena uscito è riuscito a distruggere, come potete leggere nella nostra recensione di Ghostbusters. Un prodotto del genere può valere massimo 20€, cifra per la quale sarei anche riuscito a consigliarlo, ma qui non è solo un discorso economico, ma anche etico.

Ghostbusters è un tentativo di fare soldi facili sfruttando una licenza che sulla carta farebbe sognare tutti, preferendo però alla gioia ludica il desiderio di arricchirsi con un gioco low budget e venduto ad un prezzo astronomico per il suo valore effettivo. Motivo in più per dirvi semplicemente: non compratelo, nemmeno in sconto.

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