Layers Of Fear – Recensione

Nell’estate del 2014, al Gamescom di Colonia, venne annunciato il Teaser Trailer di un misterioso titolo horror in soggettiva, dal semplice titolo di P.T.

Rivelatosi in seguito come una vera e propria demo di un nuovo episodio della saga di Silent Hill, P.T. venne cancellato per questioni mai del tutto chiarite tra Konami e Hideo Kojima, vero deus ex machina dietro al progetto. Ma il successo della demo, caratterizzata da meccaniche originali e da un’atmosfera horror mai sperimentata prima, dimostrò agli sviluppatori come il pubblico fosse ormai sazio di invasioni di zombi, sparatorie, salti sulla sedia ed enigmi riciclati e fosse invece curioso di provare nuove strade.

L’eredità di quel geniale progetto viene oggi raccolta da alcuni sviluppatori, spesso piccoli e indipendenti, desiderosi di sperimentare nuovi sentieri videoludici. Uno di questi coraggiosi è senza dubbio Bloober Team Studio, piccola azienda polacca finora responsabile di titoli semi sconosciuti come Double Bloob e Basement Crawl, fondata nel 2008 da Peter Bielatowicz e Peter Babieno. Proposto inizialmente in via sperimentale per testarne le reazioni del pubblico, poi rivelatesi molto positive, Layers Of Fear è ora supportato da un ottimo sito ufficiale ed è disponibile su piattaforme Steam, Playstation 4 e Xbox One.

Dopo un po' la tensione diventa una costante...
Dopo un po’ la tensione diventa una costante…
La follia dell’arte

La mia sembrava una vita in grado di raggiungere la perfezione artistica, sentimentale, umana e professionale. Ero sposato con una splendida donna, mia musa ispiratrice, la cui bellezza veniva persino citata nei giornali locali, ero padre di una bambina altrettanto bella, e le mie abilità come pittore avevano portato i critici a paragonarmi ai grandi del passato come Caravaggio e Jan Van Eyck.

Vivevo e lavoravo in una in una splendida magione circondata da boschi, nel più classico degli scenari di un’Inghilterra vittoriana. Ma era tutta un’illusione, che nascondeva il mio tormento interiore e la mia ossessiva ricerca della perfezione, dell’opera d’arte assoluta. Una ricerca che mi portò a trascurare la mia famiglia, i miei amici, la mia salute, fino a rendermi costantemente folle e zoppo.

Ora non riesco più a distinguere la realtà dalle allucinazioni, e nel corso della mia avventura in questa villa ormai maledetta, che sembra cosciente, devo raccogliere lettere di famiglia, fotografie, appunti, esaminare scritte sui muri e leggere ritagli di giornali locali, nel tentativo di ricostruire quella che sembrava inizialmente la classica crisi di coppia di un artista frustrato, la mia crisi, ma che ben presto mi svelerà i dettagli di uno scenario ben più inquietante, che ha trasformato la mia ossessione nel voler creare l’opera d’arte assoluta in un viaggio nella follia, la mia follia.

...con qualche infarto in attesa dietro l'angolo
…con qualche infarto in attesa dietro l’angolo
La casa sull’abisso

Il sistema di controllo di Layers Of Fear su Xbox One e PlayStation 4 è in gran parte ripreso dalla versione PC, e funziona altrettanto bene. Alle levette analogiche, utilizzate per il movimento e per spostare la visuale (interamente in soggettiva), si aggiunge la semplice pressione del grilletto destro per afferrare e spostare oggetti ed elementi dello scenario. Non abbiamo una mappa, né un inventario (solo in rari casi l’unico oggetto raccolto viene visualizzato in basso a destra) e nemmeno un HUD su schermo. Un meccanismo ridotto quindi al minimo, che permette di concentrarsi esclusivamente sulle atmosfere e le ambientazioni della nostra avventura.

Come nella migliore tradizione delle avventure horror, ci ritroveremo in una villa che sembra cosciente, viva, senza sapere nulla di noi stessi, né del nostro passato. Anche le meccaniche di gioco risultano semplificate, forse un po’ troppo: oltre a esplorare le stanze della villa, raccogliere indizi e risolvere i pochi enigmi (alcuni dei quali decisamente ispirati) si fa poco altro. Più una sorta di incubo interattivo, quindi, piuttosto che un vero e proprio titolo videoludico.

Ma la forza del titolo di Bloober Team non sta nel voler proporre meccaniche complesse e ricercate, quanto nell’imporre al giocatore l’immersione in un’atmosfera ricercata e in una costante sensazione di ansia e impotenza. E qui il titolo mostra il suo lato migliore: le numerose stanze che compongono la magione sembrano dotate di vita propria, si spostano e cambiano in continuazione, eliminando qualsiasi punto di riferimento (e rendendo inutile la presenza di una mappa). Non sono rari i momenti in cui, dopo aver tentato di aprire una porta, torneremo indietro solo per scoprire che la stanza in cui ci trovavamo prima è ora totalmente cambiata. La villa stessa sembra essere un nemico, ma non l’unico: poco dopo l’inizio della nostra avventura inizieremo ad avere allucinazioni, a sentire voci e lamenti, a risolvere enigmi nel tentativo di uscire da una stanza bloccata e a incontrare varie presenze, tra le quali una particolarmente angosciante.

L’unica zona tranquilla è rappresentata da una sala dove potremo raccogliere i sei inquietanti oggetti legati alla trama, che troveremo nel corso delle nostre indagini, e archiviare le foto e i file più importanti. Ma anche qui è una tranquillità solo apparente: il progredire delle nostre indagini farà in modo che la stanza si popoli di reperti in grado di ricordarci l’incubo in cui ci troviamo, e al centro della sala un quadro, forse l’opera d’arte perfetta che volevamo realizzare, si arricchirà a mano a mano di particolari. Nella stanza si trova anche una lettera, inizialmente con solo due o tre parole scritte, ma che nel corso dell’avventura diventerà sempre più ricca di dettagli.

Il sistema di salvataggio è qui automatico, una costante ormai nei titoli attuali, ma con una nota di originalità che sottolinea ancora di più quanto questo sia in realtà un viaggio nella follia: una volta usciti dal gioco e ricaricata la posizione, inizieremo di nuovo nella stanza del quadro citata prima, ma usciti da questa ci ritroveremo subito nell’ultima stanza visitata nella sessione precedente, anche se questa si trovava inizialmente dalla parte opposta della villa. Un ulteriore tocco di classe che conferma quanto gli sviluppatori abbiano voluto scardinare qualsiasi certezza nel giocatore.

Gli enigmi, colonna centrale dell’opera di Bloober Team insieme all’eccellente atmosfera, variano dalla classica ricerca di codici per aprire le porte fino al tentativo di comprendere il senso delle allucinazioni del protagonista. Molte volte la possibilità di uscire da una stanza chiusa è strettamente legata al nostro modo di reagire davanti all’ennesima, riuscitissima allucinazione. In certe situazioni è sufficiente volgere lo sguardo in un’altra direzione per non trovare più la porta varcata in precedenza, e scoprire poco dopo un corridoio che, fino a qualche istante prima, non esisteva affatto. Altre volte invece dovremo venire a patti con le paure e i rimorsi più nascosti del protagonista in una serie di eventi scriptati, casuali, che rendono ogni sessione diversa dall’altra.

Nonostante l’impossibilità di morire, che se da una parte permette di concentrarsi sulle atmosfere dall’altra rovina un poco la natura horror del titolo, dopo un po’ diventa costante l’ansia (ma anche la curiosità) di scoprire cosa si celi dietro la prossima porta.

Alcune stanze sembrano quasi tranquille...
Alcune stanze sembrano quasi tranquille…
Tra pianti, lamenti e sussurri nelle tenebre

Il lato tecnico di Layers Of Fear, pur senza raggiungere i virtuosismi grafici delle produzioni più recenti (e dal budget più alto) risulta d’atmosfera e perfettamente studiato nel suo compito di incutere ansia e insicurezza nel giocatore. Le varie stanze della villa e gli ambienti sono realizzati con una cura più che sufficiente e con un ottimo uso di texture e illuminazioni, anche se alcune zone sono forse un po’ troppo scure e rendono necessario giocare in una stanza completamente buia. Solo in rari casi, in presenza di numerosi elementi sullo schermo, si assiste a un calo di frame rate. Ma se il lato puramente tecnico risulta abbastanza buono, è quello artistico a risultare di gran lunga il migliore. Ogni elemento della nostra avventura, dal design delle singole stanze fino alle apparizioni dei nemici, dall’uso quasi psichedelico delle allucinazioni fino ai quadri sulle pareti, è perfettamente realizzato allo scopo di trascinare il giocatore in un autentico viaggio nella follia, scardinando qualsiasi punto di riferimento a cui eravamo abituati in avventure simili.

Allo stesso livello del design artistico troviamo il comparto sonoro. Le poche musiche, tra le quali spicca il tema principale realizzato con un pianoforte, sono ben realizzate e perfettamente inserite nel contesto, senza mai risultare invadenti o fuori luogo. Discorso ben superiore per quanto riguarda invece gli effetti sonori (che coinvolgono anche il piccolo altoparlante del pad). A fronte di un doppiaggio inglese (con sottotitoli in italiano) più che buono, il titolo di Bloober Team offre un insieme di rumori ambientali, sussurri, pianti, grida, scricchiolii, voci e tuoni ottimamente realizzati, perfettamente studiati per incutere anch’essi un costante senso di disagio nel giocatore, senza fargli mancare qualche improvviso salto sulla sedia. Effetti sonori, precisiamo, che non sono stati messi solo per spavento gratuito o per semplice contorno sonoro, ma che costituiscono talvolta anch’essi degli indizi per capire cosa sia realmente accaduto nella nostra villa.

...sembrano, appunto
…sembrano, appunto

[signoff icon=”quote-circled”]Layers Of Fear è un titolo che riprende i canoni del genere horror e li stravolge, li riscrive, li rielabora fino a tramutare il titolo di Bloober Team in una sorta di viaggio da incubo nella follia e nell’incertezza. Gli unici punti deboli del titolo sono rappresentati da una longevità piuttosto breve, intorno alle 3-4 ore complessive (specialmente se confrontata alla ventina di euro necessari per scaricare il titolo), e da una interattività piuttosto scarsa. Ma ogni elemento, dagli eccellenti effetti sonori fino alle scritte sui muri, passando per l’ottima atmosfera e per gli enigmi talvolta geniali, anche se piuttosto rari, si incastra perfettamente in un mosaico progettato per incutere un perenne senso di malessere. Decisamente ispirato a Silent Hill P.T. e alla migliore corrente cinematografica degli horror psicologici, Layers Of Fear è un eccellente e coraggioso esempio di come si possa rinnovare completamente un genere videoludico che, tra zombi, soldati, vampiri e alieni, stava iniziando a mostrare segni di scarsa originalità. [/signoff]

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