Shinobido 2: Revenge of Zen – Recensione Shinobido 2: Revenge of Zen

 

  


Finire il gioco vuol dire aver accesso a molti altri modelli poligonali

selezionabili, alcuni dei quali un po’, ehm… "difficili"

 

Ambientato sei mesi dopo il capitolo precedente visto su PS2 (sorvolando quindi sull’intermezzo visto su PSP), le vicende di Revenge of Zen 2 si vedono ancora idealmente ambientate sul finire del periodo Sengoku, dove a una fittizia guerra locale ne fa da sfondo una, reale, di portata nazionale. La storia può grossolanamente essere ripartita nelle vicissitudini personali del protagonista e in quella della lotta intestina che si sta susseguendo nella regione di Utaka. 

 


Una foto ricordo non si nega mai.

 

Come ci suggerisce il titolo, vestiremo i panni di Zen che, tradito e scampato per poco alla morte, partirà alla ricerca di – tenetevi pronti – vendetta. Il resto della trama principale va dal mediocre al trascurabile, condita da un doppiaggio inglese dei più scadenti. Al contrario, sebbene circoscritta in via testuale, la storia che si svolge in parallelo alle nostre missioni ha un suo certo fascino. Come il suo predecessore, infatti, anche Shinobido 2 è un gioco che lascia una grande libertà di scelta al giocatore, che potrà decidere di missione in missione quale dei tre signori feudali presenti servire e che tipo di compito portare a termine. 

 


Pessimi i dialoghi in inglese, così come mediocre è la storia che raccontano.

 

Nessun tipo di restrizione: sia l’optare per una condotta di assoluta fedeltà verso un singolo sovrano che l’evitare meticolosamente di schierarci con qualcuno, magari logorando lentamente le parti in gioco, è una scelta che spetterà, di volta in volta, unicamente a noi. E anche non trattandosi di un’esperienza innovativa, a chiunque consideri a fondo l’offerta di un’esperienza videoludica, il sistema di gioco rimane intensamente intrigante nella sua elementarità. Eseguire perfettamente una richiesta significherà rafforzare un vincolo di fiducia con il committente, e indebolire le risorse (offensive, strategiche) di qualcun altro; essere scoperti comporterà invece l’inevitabile perdita di fiducia nel signore bersaglio – e questo accresce notevolmente l’esigenza di farsi invisibili agli occhi nemici; aiutare qualcuno nello sviluppo di una specialità (archibugi, frecce speciali, tecniche segrete) farà sì che se mai vi ritrovaste contro la stessa fazione in futuro vi ritrovereste di conseguenza alle prese con quella stessa specialità (e il consiglio qui è di boicottare gli archibugi, sempre). Mentre decidendo di quando in quando di affrontare una delle missioni che farà avanzare la trama principale faremo, indubbiamente, avanzare la trama principale. 

 


Che siano zankoku o meno, gli omicidi sono sempre caratterizzati da una gran quantità di sangue

 

Shinobido 2 non solo offre una mezza dozzina di tipologie di missioni (annientamenti, rapimenti, salvataggi, assassinii, furti e così via) ma si permette il lusso di aggiungere alla ricetta il complesso sistema alchemico di creazione e sviluppo della propria, esclusivissima attrezzatura ninja. Pertanto, oltre a una pioggia incessante di missioni, al barcamenarsi nel delicato equilibrio di fazioni in guerra, all’assegnare i punti esperienza per incrementare le abilità dei due personaggi di gioco (Kaede è resa disponibile da circa metà dell’avventura in avanti), l’articolato sistema alchemico non manca di appoggiare differenti strategie di gioco in-game attraverso la possibilità di creare manufatti ninja dei più bizzarri grazie a oggetti procacciati nel corso dei mandati stessi. Sushi esplosivo, pozioni che inducono gli avversari ad attaccarsi a vicenda, tecniche segrete tramandateci da strane lettere anonime. 

 


In base alle nostre performance verremo valutati e ci verranno dati punti esperienza. Nel caso di risultati eccellenti, uno dei daimyo potrebbe addirittura ringraziarci con alcuni oggetti speciali…

 

 

Oltre a una serie di abilità di spessore inserite nell’economia di gioco, come le esecuzioni istantanee “Zankoku” o la possibilità di sorvolare gli stage grazie allo strano Fukurou in dotazione, o ad aggiunte minori quali la funzione di scambio prevista per “near” o lo sfruttamento alquanto becero del touchpad posteriore, è l’imprinting culturale di Revenge of Zen che infine trova fondamenti più consistenti di quelli che potrebbe rivelare una scialba scenografia che potrebbe essere quella di un qualunque “ninja game”. Drasticamente esotico, l’allestimento scenico scelto nel titolo Aquire dà piena espressione a un Giappone culturalmente e cronologicamente distante, rinunciando a ogni sfarzo poligonale. Quelle cupe strade lastricate malamente e in cui pervade ancora l’odore di ubriachezza dei contadini delle risaie, ci vedranno più volte intenti a contemplare, in piedi, immobili e carichi di zelo, un ambiente che si svela autenticamente seducente. 

 


Semplici emozioni al chiaro di luna.

 
 
In Breve
 

Per quanto i giocatori vadano a informarsi e spesso giochino solo i migliori esponenti tecnologici del videogioco, a volte capita che un titolo lontano dai riflettori li catturi in modo inaspettato e particolarmente stuzzicante. Questa è proprio la circostanza che genera questo Shinobido 2: The Revenge of Zen, un gioco che riconsegna ai ninja il piacere di fare il tipo di lavoro che fanno, ed entro il quale ciò trova una felice collocazione per poter, in conclusione, essere preso in giusta considerazione. Non c’è nulla di particolarmente nuovo in questo; i veri ninja non vengono addestrati per essere visti troppo spesso, e questa è una delle rare occasioni che abbiamo di poterne vedere uno.

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