Star Ocean: Second Evolution – Recensione Star Ocean: Second Evolution

Dopo gli ottimi risultati raggiunti con Star Ocean: First Departure, remake del primo capitolo della saga, mai uscito oltre i confini nipponici, tri-Ace non si ferma e regala subito ai suoi fan la “seconda storia”, già vista anche nel resto del mondo su PSOne, con il titolo di Star Ocean: Second Evolution. Gli eventi questa volta si svolgono 20 anni dopo la “prima storia” (First Departure), nella quale Roddick, Millie, Ilia e Ronyx avevano affrontato Asmodeus e Jie Revorse per la salvezza di Roak e dell’Universo. Il capitano Ronyx J. Kenny, grazie a questa impresa e ai suoi meriti nella guerra intergalattica, era diventato il più giovane ammiraglio nella storia della Federazione; ciò che più conta, però, è che egli aveva avuto anche un figlio: Claude C. Kenny.


La storia si ripete?

L’elemento che salta subito agli occhi è la presenza di due protagonisti, Claude da una parte, la dolce Rena Lanford dall’altra. Il gioco all’inizio ci permetterà di scegliere da quale punto di vista preferiamo seguire gli eventi, ma anche scegliendo quello di Rena, risulta evidente che il reale protagonista rimane Claude. Ancora una volta la trama di uno Star Ocean vede un pianeta “sottosviluppato” in pericolo, Expel, sul quale vive Rena, e un terrestre che ne dovrà risollevare le sorti (stavolta involontariamente). Catapultato su Expel, Claude, a causa della sua tecnologia avanzata, desta subito l’attenzione di Rena (da lui salvata) e degli abitanti di Arlia, che festeggiano “la venuta dell’Eroe di Luce”. Dopo diversi contrattempi, il giovane terrestre decide di partire alla ricerca di un modo per ritornare a casa, seguito da Rena. Anche questa volta, durante l’interminabile avventura sul pianeta Expel, gli orizzonti di gioco si espanderanno anche allo spazio e i giovani eroi saranno costretti ad affrontare eventi più grandi di loro. Claude dovrà lottare contro la sfiducia in se stesso, mentre Rena cercherà di scoprire chi è veramente. In ogni caso, la psicologia dei personaggi è sviluppata ancora più che nel primo capitolo, aiutata soprattutto dal numero di scene, decisamente più alto. Questo da un lato approfondisce tutti gli aspetti della trama, ma dall’altro costringe il giocatore a diventare spesso solo uno spettatore, situazione che qualcuno potrebbe non gradire soprattutto a causa del linguaggio solo inglese.
La storia non dà nulla per scontato e viene approfondita in ogni minimo particolare: si perde totalmente l’idea di progressione di città in città, considerando che molto spesso bisognerà ritornare sui propri passi per completare ciò che prima non era possibile, mentre in ogni luogo ci sarà qualcosa da fare, anche se banale.
La durata si estende ancora maggiormente che in First Departure, cosicchè solo completare la trama (senza affrontare le innumerevoli quest secondarie) richiederà un notevole sforzo e molto, molto tempo. Tuttavia, “essere interminabile” non si tradurrà in “essere noioso”, perché ancora una volta ad accompagnare quest’avventura ci penserà un sistema di sviluppo che incarna l’essenza del GDR, completo in ogni minimo particolare e capace di catturare il giocatore per ore e ore.
 


La schermata iniziale, che ci permette di scegliere tra Claude e Rena

Specialty

Parlare del sistema di sviluppo di Second Evolution equivale a descrivere quello di First Departure: non vi è alcuna differenza, di nessun tipo, se non qualche tipo di Super Specialty (come Call Bunny, che in FD era possibile solo grazie a Pericci). Ancora una volta c’è un sistema di Level Up veramente indispensabile per proseguire: oltre ad aumentare i parametri del personaggio, gli permette di guadagnare gli importantissimi Skill Points, tramite i quali è possibile imparare le diverse abilità. Alle Skill (ometto il plurale inglese per coerenza con i termini del gioco) è affidata ancora una volta tutta l’essenza del sistema di gioco: le abilità, divise per tipologia (Knowledge, Sense, Technical e Combat), si dividono in tre livelli (acquistabili proseguendo nel gioco), ognuno contenente delle skill uniche (in tutto più di 40). Imparandole, oltre ad avere alcuni vantaggi immediati come l’aumento di alcuni parametri, si possono sbloccare e attivare delle abilità superiori (le “Specialty”), appartenenti alle categorie Item Creation, Specialty e Super Specialty. Nella prima di queste si trovano le Specialty che portano alla creazione di oggetti, appunto, il cui successo è determinato da due fattori: il livello della Specialty e il talento del personaggio. Il livello della Specialty (il massimo è 10) viene determinato a sua volta dal livello delle skill che la compongono: ad esempio, la Specialty “Art“ si attiva imparando le skill Sketching ed Aesthetics, e il livello di quest’ultime determina quello della Specialty stessa. Possedere o meno un particolare talento invece influisce ancora maggiormente sulla buona riuscita della creazione, che potrà concludersi con un capolavoro oppure con un pezzo da buttare: tuttavia, anche chi non possiede un determinato talento può sperare di acquisirlo continuando a cimentarsi nell’impresa, a meno che non ne sia proprio impossibilitato (per imposizione del gioco).
Nella categoria Specialty sono presenti quelle abilità speciali che non portano alla creazione di oggetti e che presentano anche capacità particolari, come il Train (che abbassa i parametri del personaggio ma gli fa guadagnare più punti EXP in battaglia) o lo Scouting (che permette di scegliere se aumentare o diminuire la frequenza delle battaglie casuali a proprio piacimento).
Ultime, ma più importanti, sono le “Super Specialty”, abilità speciali acquisibili solo in gruppo (sia voi che almeno alcuni dei vostri compagni dovrete aver imparato le skill necessarie) il cui livello dipende non solo dal livello delle skill che le compongono ma anche da quanti personaggi del party hanno acquisito quella particolare Super Specialty. Inutile aggiungere che le potenzialità di quest’ultime sono decisamente maggiori delle normali Specialty, arrivando addirittura a permettervi di creare oggetti rarissimi e utilissimi partendo praticamente da zero.
Le enormi possibilità, unite alla varietà di gioco da loro creata (basti pensare a Customization, Blacksmith e soprattutto Pickpocketing) permettono di dimenticare che la storia sta andando avanti e riempiono le parti di gioco più statiche con una straordinaria frenesia creativa e una dedizione totale alla creazione di oggetti rari e potenti. Sotto questo punto di vista, giocare a Second Evolution (così come a FD) senza una buona guida diventa quasi dispersivo, proprio per l’immensità di questa opzione. Allo stesso tempo, essa assicura un’ottima giocabilità per tutto il gioco e rende intriganti anche le quest più difficili proprio per il consistente bottino che se ne potrebbe ricavare, utile alla personalizzazione: l’opzione di Crafting finisce così con l’essere presente e ampia in ogni ambito, dal cucinare al modificare le armi, dal rifinire gemme e metalli al comporre musica, dal replicare oggetti al modellarli dalla creta, con possibilità davvero ai limiti dell’immaginazione.
 


Qui è possibile notare la cura nelle ambientazioni e il
particolare stile dei personaggi, molto espressivo

Second Evolution ripresenta senza modifiche anche la gestione dell’equipaggiamento già vista in FD, completa di armi segrete e finali e con una notevole possibilità di personalizzazione grazie all’ampia scelta di armi, armature, elmetti, scudi, stivali (tutti diversi a seconda del personaggio) e ben due accessori a testa, ognuno con le sue caratteristiche speciali.
Infine, non poteva non essere riproposta anche la sezione riguardante la “tattica” da seguire in combattimento, sempre limitata alla gestione della posizione del party (con al massimo 4 membri in campo degli 8 totali) e a dar loro indicazioni generali, utili a stabilire su cosa debba basarsi l’azione principale di un personaggio.

Destra o sinistra?

In Star Ocean: First Departure, durante alcuni momenti della storia, era necessario scegliere se reclutare o meno un determinato personaggio nel proprio party: tale scelta, apparentemente ovvia, diventava complessa in quanto accettare avrebbe significato impedire il reclutamento di altri personaggi nel gioco, con notevoli ripercussioni nell’approccio al combattimento, sulla storia, sugli oggetti ottenibili, sul finale stesso. Questo ovviamente conduceva ad una serie altissima di combinazioni possibili che in Second Evolution porterà a ben oltre 80 finali diversi, ciascuno influenzato non solo dai personaggi scelti, ma dai rapporti instaurati con essi. La rigiocabilità è indubbia: non solo ciascun personaggio influisce sul finale, ma tutte le combinazioni possibili raddoppiano per la possibilità di affrontare la storia con l’altro protagonista. Ovviamente un gioco così lungo non si lascia rigiocare solo per minime differenze sulla conclusione, ma chi lo apprezzerà non perderà tempo a provare almeno la combinazione di personaggi totalmente opposta a quella scelta durante la prima giocata. Le possibilità sono sicuramente numerose, ma è ancora più importante il fatto che esse siano veramente esistenti per il giocatore, piuttosto che rimanere inconcludenti e presenti solo sulla carta. La lunghezza totale super di gran lunga quella di First Departure, così come la profondità della storia: questa, unica vera differenza tra questi due capitoli, diventa ancora più apprezzabile dopo aver giocato First Departure, ma ne mantiene comunque le distanze e permette di godere assolutamente il gioco anche senza aver conosciuti gli eventi di Roak.
Merita di essere menzionato, per gli ottimi risultati ottenuti anche stavolta, il doppiaggio dei personaggi, attento e curato in ogni dettaglio, capace di trasmettere ogni singola sfumatura espressiva di ciascun discorso. Offre un importante contributo anche la grafica in cel-shading dei personaggi, abbondante ed espressiva tanto quanto il doppiaggio e dunque indispensabile per apprezzare al massimo ogni parte della trama. Il resto del comparto tecnico vede uno stile mini-deformed per la grafica generale e un 3d-cartoon per le ambientazioni, insieme ad un sonoro di classico stampo gidierristico, senza risultati eccellenti ma mai scadente.
Complessivamente non c’è una sola differenza dalla realizzazione tecnica di First Departure, e ciò dimostra il chiaro intento di Square-Enix di creare dei remake di due ottimi giochi per PSOne con un sistema di gioco di alto livello e notevoli risultati per lo sviluppo e il crafting, senza la necessità di differenziarli, ma concentrandosi esclusivamente su due storie che meritavano di essere giocate anche a distanza di quasi 10 anni. In vista di Star Ocean: The Last Hope (Xbox 360) inoltre, questi due titoli costituivano un assaggio perfetto per preparare i fan del genere all’avvento di quest’ultimo capitolo della saga, sul quale Square-Enix ha puntato molto.
 


Il Dragon Roar, una delle tecniche più forti, già presente in First Departure

Tirando le somme

First Departure e Second Evolution sono due giochi che meritano tantissimo, entrambi; definendoli con un po’ di presunzione, essi incarnano il perfetto modello di remake per console portatile, con un ottimo sistema di sviluppo, giocabilità appagante, battle-system dinamico ma non distante dal genere, tanti personaggi, una quantità immensa di finali e un’opzione di crafting enormemente sviluppata. La realizzazione tecnica è ottima, con risultati più che soddisfacenti in grado di innalzarsi a livelli più alti (come nel doppiaggio); rimane un peccato la presenza della sola lingua inglese, ma non si tratta di un ostacolo insormontabile e considerando l’utenza moderna la mancanza dell’italiano non è più definita un problema. Il motivo di comprare due giochi identici? Innanzi tutto la trama, bella e avvincente in entrambi i casi; secondariamente, First Departure rappresenta in sostanza il preludio a Second Evolution, più completo, complesso e lungo. Affrontare le avventure di Roddick e Ronyx sarà un ottimo allenamento per quelle di Claude e Rena, senza che questo definisca “facili” le prime (tutt’altro, anzi). Non vi sono grossi difetti da notare, semplicemente alcuni elementi non si estendono fino a diventare “pregi”, ma il valore totale del gioco rimane comunque alto. Per gli amanti del genere vale la pena provarlo, soprattutto si è già apprezzato First Departure.

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