Star Ocean: The Last Hope International – Recensione Star Ocean: The Last Hope

A zonzo per le stelle

Finito il discorso sul sistema di battaglia non resta che parlare della parte esplorativa del titolo. Ebbene, qui si apre un sipario davvero interessante, poiché la fasi di pura scoperta saranno non solo importanti, ma anche relativamente divertenti. Raramente ci si ritroverà a sbuffare per questo o quell’altro dungeon, anzi, poiché saranno forieri di nuovi incontri o tesori. Ad aiutarci nell’esplorazione, comunque, sarà presente l’oramai irrinunciabile mappa, consultabile in maniera più ampia grazie al tasto START, che ci presenterà vari simboli facili da imparare velocemente, i quali ci indicheranno la giusta via da percorrere, la posizione dei negozi e dei preziosi punti di salvataggio (a volte davvero rari, sopratutto quando ci si troverà in fin di vita dopo aver mazzolato il fastidioso Boss di turno).
 


 
Durante le fasi esplorative avremo a che fare con luoghi decisamente vasti e vari. Gli ambienti andranno da inestricabili giungle a spiagge dall’acqua cristallina, da montagne innevate a deserti incandescenti. La varietà, dunque, sarà un punto saliente del gameplay, il che è anche scontato. In un gioco dove è possibile gironzolare tra vari pianeti grazie ad una mappa galattica semplice, intuitiva e accattivante, la varietà dei mondi diventa quasi un obbligo. L’unica cosa che ci darà fastidio durante queste fasi esplorative sarà la telecamera, che non solo si rivelerà ostica e frustrante, ma nei luoghi stretti parrà quasi impazzire facendo scomparire il nostro personaggio.
Comunque, continuando il discorso, durante i nostri viaggi troveremo un certo quantitativo di oggetti strani di tipologie differenti, tra i quali spiccherà un grosso assortimento di materiali. Grazie a questi elementi, ecco che ci sarà possibile diventare provetti fabbri e costruirci da noi oggetti rari ed introvabili. Naturalmente sarà impossibile farlo ad occhi chiusi, e dunque sarà indispensabile possedere delle particolari ricette. Per averle non resta che trovarle o comprarle durante l’avventura, oppure istituire dei gruppi di ricerca. In questo modo sarà possibile costruire non solo armi ed oggetti vari, ma anche decorazioni per le astronavi e altre diavolerie.
Da segnalare, infine, la possibilità di entrare in un simulatore di battaglia direttamente dalla schermata iniziale del menù principale. Scelta stramba ma che si farà apprezzare, sopratutto per il fatto che il simulatore si rivela un ottimo modo per imparare e migliorarsi nell’utilizzo del BS del gioco.
Tutto sommato dunque, oltre alle battaglie, il videogame verrà impreziosito da una serie di classici segreti da gdr. Tra quest secondarie, dungeons segreti, ricette da trovare, armi da creare, tornei ai quali partecipare e molti boss secondari da abbattere, la longevità media riuscirà ad avere una brusca accelerazione. In questo frangente, dunque, il gioco non può che brillare, riuscendo a donarci una quantità enorme di ore di intrattenimento, ancor più impreziosite dalla possibilità di collezionare i trofei di battaglia e da una serie di finali alternativi che faranno la gioia degli amanti del genere.
 

Il ponte di comando della Calnus, la nostra porta verso le stelle!

 

Colori di nebulose lontane

Se dagli screen che si potevano ammirare prima dell’uscita del gioco la grafica poteva sembrare davvero bella ed appagante, la realtà si dimostra un po’ meno idilliaca di quel che appariva in un primo momento. Intendiamoci, in linea di massima il comparto grafico si comporta egregiamente, mostrando modelli poligonali apprezzabili e quasi mai grezzi, ottime texture ed effetti speciali, tra i quali spicca per bellezza la realizzazione dell’acqua, davvero eccelsa. Anche le animazioni saranno belle e, in linea di massima, verosimili. La cosa è vera sopratutto se parliamo delle battaglie, poiché in quel frangente le animazioni delle varie fasi e dei vari attacchi si mostreranno in tutta la loro bellezza e fluidità. Inoltre non si possono che elogiare i caricamenti, sì presenti, ma comunque velocissimi e per nulla pesanti o frustranti.
Nonostante qualche picco, comunque, la grafica non sarà tutta rose e fiori. A volte ci troveremo davanti a qualche texture bruttina e ripetitiva o a qualche modello poligonale grezzo e fuori posto. Inoltre, la cosa che lascia di stucco, sopratutto se abbinata alla cura nel design dei vari personaggi, è l’immobilità facciale che contraddistinguerà tanto le normali fasi di gioco quanto le varie cut scene. I personaggi avranno la complessità espressiva di un manichino, con occhioni quasi vitrei e viso immobile. La cosa, seppur marginale ai fini del gioco, non può che far storcere la bocca, sopratutto in un periodo come questo dove le nuove tecnologie permettono "magie" ben più poderose. E poi, una profondità espressiva praticamente nulla non può che risultare comica se accoppiata a qualche scena un po’ drammatica.
 

Peccato per le pessime animazioni facciali

 

Lasciando da parte un attimo il comparto tecnico, parliamo della parte prettamente artistica. La scelta di colori brillanti e sgargianti, abbinata al design molto stile "manga" dei personaggi riesce a sposarsi davvero bene alle ambientazioni spaziali e planetarie che andremo a visitare. Certo, se non amate lo stile molto femmineo di alcuni protagonisti e se, in linea di massima, non apprezzate un approccio un po’ cartoonesco ad un avventura che tutto sommato si dimostra matura e seriosa in molte sue parti, ebbene, avreste fatto meglio a cercare altrove. Nel caso invece non facciate parte di questo gruppo, allora non potrete che trovare accattivante la scelta stilistica del titolo.
La creazione degli ambienti, inoltre, si dimostra davvero riuscita, presentando alcuni scorci decisamente evocativi. Anche il sistema di illuminazione riesce a farsi apprezzare, creando dei giochi di luce sull’acqua davvero belli, capaci di impreziosire, e non poco, l’esplorazione dei vari luoghi.
Per finire questa carrellata sul comparto tecnico, non ci si può esimere dal commentare la splendida colonna sonora creata dal maestro Motoi Sakurabi. I vari pezzi riusciranno a fondersi in maniera splendida con le varie scene, risultando ora tremendamente adrenalinici, altre volte toccanti o, ancora, evocativi. Molti temi sono così riusciti che si fanno apprezzare anche al di fuori del loro contesto, riuscendo ad avvolgere l’ascoltatore. Davvero un lavoro certosino, dunque, che riesce a non sprofondare nemmeno tra i mostri sacri del genere, come le opere di Uematsu. Peccato che il voto al sonoro vada inficiato da un doppiaggio inglese quasi inutile e poco ispirato. Molti attori andranno a doppiare molti personaggi diversi e, a volte, dimostreranno di trovarsi quasi fuori posto dietro un microfono da doppiaggio.

In conclusione

Se per molti frangenti può aver deluso le aspettative, sopratutto per quanto riguarda un comparto grafico altalenante e meno dotato di quanto si credeva, questo Star Ocean: The Last Hope rimane comunque un ottimo titolo da prendere in considerazione. Questo è vero sopratutto se cercate un gioco dal gameplay profondo ed ispirato. In tal caso questo The Last Hope riesce a brillare grazie ad un battle system divertente, energico e mai banale, capace di incollare, da solo, allo schermo per ore. Se invece volete anche una trama con i fiocchi ed una grafica curata, ebbene, nonostante i palesi difetti, questo prequel alla saga di Star Ocean riuscirà comunque a soddisfare i meno maliziosi.
In linea di massima, dunque, ci troviamo di fronte ad un titolo che, seppur non arrivando alle vette attese, colpisce nel segno e riesce a divertire in maniera diretta.
Consigliato a tutti gli amanti degli Jrpg, e sopratutto a chi predilige un approccio action agli scontri. Per tutti gli altri si rivela un acquisto da ponderare con cura, ma capace di regalare grandi emozioni.

 

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