War of the Roses – Recensione War of the Roses

Il Medioevo è una delle ambientazioni più ricorrenti all’interno dei videogiochi. Raramente però è riprodotto al di fuori di una storia fantasy, ed in questo secondo contesto è ancor più raro che non si tratti di un RTS. Entra dunque in scena War of the Roses, distribuito da Paradox Interactive, già distributore per il popolare brand Mount & Blade, e creato da Fatshark, software house svedese nota per titoli di discreto successo, come il recente Krater, i quali però non hanno ancora lasciato un’impronta indelebile tra i giocatori. Sarà dunque questo il punto di svolta?
Il titolo eredita il nome dalla guerra civile che prese luogo in Inghilterra nella seconda metà del quindicesimo secolo, nel quale le rose erano i simboli delle due rispettive casate in conflitto per il trono del regno: la rosa bianca della famiglia York, la rosa rossa della famiglia Lancaster. Tale conflitto viene ricordato dagli storici come uno dei più violenti della storia inglese, e come meglio rivivere la cruenza delle battaglie medievali se non con un gioco d’azione a metà fra prima e terza persona?
 


All’attacco!

War of the Roses è un action votato al multiplayer che relega il single player a un semplice allenamento contro l’IA (scadente, invero). Una volta entrati in un server, si scelgono la casata per quale combattere e la classe di appartenenza. Le cinque classi di base si dividono tra corpo a corpo, cavalleria e distanza, ognuna con differenti armi e abilità (perks), che potranno essere combinate per ottenere classi personalizzabili sbloccando tutto con esperienza e soldi ottenuti di partita in partita. Ci si getta in battaglia nella tradizione di fps quali Battlefield, scegliendo un aerea di spawn o un alleato nella propria squadra (intercambiabile dal menù), godendo inoltre della possibilità di scegliere il momento esatto in cui diventare materiali nel campo. Il sistema di controllo invece ricorda molto il già citato Mount & Blade: nel corpo a corpo, controllato in terza persona, si direziona l’attacco premendo il tasto sinistro del mouse nella rispettiva direzione, usando il destro per parare. Gli sviluppatori hanno posto particolare attenzione al realismo, rendendo necessario al combattente tirare fendenti mirati alle parti scoperte e meno protette: non è dunque possibile ferire con una spada leggera un avversario coperto da un’armatura a piastre, tanto per citare un esempio. E sempre in tema di realismo, quando si gioca in stile FPS con archi e balestre, si devono dimenticare la frenesia e semplicità delle armi da fuoco: ricaricare una balestra richiede non meno di 20 secondi, e tirare con l’arco richiede capacità di calcolare rapidamente la parabola che compirà la freccia prima che la presa si allenti e si perda precisione di tiro.
Infine, bisogna citare le esecuzioni: qualunque sia la classe giocata, è possibile porre fine al dolore dei nemici atterrati, vivendo persino in prima persona gli ultimi momenti di vita se ci si trova dalla parte del malcapitato. Un’azione cruenta che frutta diversi punti, esponendo al contempo all’attacco di altri avversari.


Vittoria o morte, sembra chiaro…
 

Le premesse sembrano buone, invitanti quanto l’aspetto estetico: pur non raggiungendo le produzioni a tripla A, il motore grafico mantiene un buon livello di dettaglio, e risultano in particolar modo riusciti gli effetti di post-produzione, rendono gli ambienti carichi di atmosfera – se mai aveste il tempo di fermarvi ad osservarli. Ciò che invece si nota continuamente è il buon lavoro di registrazione fatto sulle armi, ed è lodevole anche che le poche frasi dei personaggi denotino l’accento britannico e tutte le sue variopinte espressioni.
Eppure, nonostante i punti dopo alcune ore di gioco, nemmeno la grafica impedisce di notare parecchi difetti, primo fra tutti la mancanza di contenuti: il gioco si compone di sole sette mappe e due modalità, ovvero team deathmatch e conquista. Quest’ultima non è altro che il classico "squadra che possiede più punti di controllo vince". La varietà di gameplay ne risente parecchio, e da un ambientazione del genere tutti avremmo voluto quantomeno una modalità assedio. Appare chiaro, dunque, che il paragone con le battaglie di Mount & Blade si ferma a quanto citato, mentre sarebbe più opportuno il paragone con un datato mod gratuito per Half-Life 2, ovvero Age of Chivalry, un vero e proprio FPS medioevale, e peraltro più divertente del recensito. Proprio così, purtroppo, in quanto l’apparente realismo dei combattimenti si tramuta in un’eccessiva legnosità dell’azione: il duello composto dallo scambio di attacchi mirati e parate tempistiche pubblicizzato dagli sviluppatori non rispecchia la reale situazione, fatta di un continuo "spamming" di colpi casuali sperando di beccare una parte scoperta, soprattutto quando il duello diventa una rissa di massa. Non parliamo poi dello sbilanciamento degli archi, che spesso e volentieri sembrano ignorare qualsiasi protezione rendendolo molto più semplice che padroneggiare il mal calibrato corpo a corpo.


La bellezza di certi effetti è innegabile
 

Siamo onesti: War of the Roses non funziona. È un titolo che ha puntato tutto sulla relativa originalità del contesto, mancando però di una concreta offerta di gameplay: solo due modalità di gioco, poche mappe, classi male equilibrate ed un sistema di controllo discutibile. Se si trattasse di un prodotto venduto a prezzo budget potremmo alleggerire la critica, ma non è così, e considerando che da ben più anni Age of Chivalry offre un intrattenimento maggiore senza spesa, non si può assolutamente sorvolare.
Fatshark purtroppo non smentisce il suo passato, proponendo ancora una volta un titolo dalle grandi aspettative che finisce poi col rivelarsi un prodotto incompleto che se non otterrà consistenti aggiornamenti rischia di finire completamente nel dimenticatoio entro breve, anche grazie all’uscita ormai prossima di Chivalry: Medieval Warfare, "sequel" del mod citato in recensione.

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