I bambini dormono per terra: la povertà in The Witcher 3

Un'analisi del tema della povertà nel titolo CD Projekt RED che infanga tutta la nostra avventura nei panni di Geralt di Rivia.

The Witcher 3 ha avuto un merito importante: quello di sdoganare la serie fantasy al grande pubblico arrivando su console fino a convergere alla recente e miracolosa versione per Nintendo Switch. A oggi è possibile portarsi Geralt di Rivia in tasca ed essere un po’ più coscienti della storia di Andrzej Sapkowski, che parla di un witcher che per sua stessa natura non ha una casa, un vagabondo che sopravvive contratto dopo contratto e che non gode della simpatia dei suoi padroni temporanei per via della sua natura ibrida. Agli occhi delle persone comuni, infatti, un witcher non è altro che una creatura non più umana il cui scopo è cacciare creature non umane.

witcher 3 povertà

In The Witcher 3 si viaggia da Bianco Frutteto alla devastata Velen, fino ad arrivare alle isole Skellige e spingersi fino al fiabesco ducato di Toussaint, arrivando nel piccolo villaggio di Francollarts. Attraverso gli occhi gialli di Geralt è possibile esplorare questi luoghi e guardare, da lontano, la condizione in cui versano le persone, povere e ricche.

Come la maggior parte dei giochi di ruolo comandano è possibile entrare nelle case degli abitanti del villaggio a tutte le ore anche senza invito. Accade così di entrare in una casa e poi un’altra per semplice curiosità, e ciò che si può notare è un episodio all’apparenza senza significato: i bambini dormono per terra. È un dettaglio, questo, che in realtà apre un mondo, quello della povertà in The Witcher 3. I bambini dormono per terra per vari motivi, ma riassumendo tutto in poche parole il perché è abbastanza ovvio. Il motivo per cui dormono sul pavimento, spesso in cucina accanto al fuoco o appoggiati al muro è perché sono poveri.

In un momento di lucidità ci si può accorgere di come il vasto continente tratteggiato da CD Projekt RED sia pervaso dalla povertà e dalla difficoltà di vivere – o meglio, sopravvivere. Ci sono numerosi esempi, infatti, attraverso i quali si può toccare con mano le difficoltà della povera gente; basti pensare per esempio a quando si discute la ricompensa per un contratto: spesso l’abitante del villaggio che chiede aiuto menziona che le corone che lo strigo riceverà sono il risultato di una colletta da parte di tutto il villaggio. È impossibile per il contadino pagare il witcher con le sue tasche bucate, per quanto la cifra possa apparire agli occhi irrisoria. Non a caso infatti più volte sarà possibile rifiutare la ricompensa pur di non mettere ancora più in difficoltà i villaggi vessati dalla fame.

Casa dopo casa ci si rende conto che il divario tra ricchi e poveri è abissale: nelle dimore più umili spesso c’è solo un letto per abitazione, mai abbastanza per tutti i membri della famiglia, mentre nelle zone più ricche del Continente (come Beauclair, Toussaint) pomposi letti matrimoniali foderati sembrano fare la linguaccia alle assi di legno e i materassi sporchi dei villaggi limitrofi. A Francollarts e in altri villaggi nel Velen bisogna essere davvero pignoli per trovare un bambino su un letto, arrangiato che sia o no. La maggior parte di questi sono singoli; i letti matrimoniali sono rari e sono comunque riservati alle coppie. La regola generale vuole che difatti siano gli adulti a dormire nei giacigli e i minori quasi sempre relegati al pavimento. Il motivo si può ricercare probabilmente in una naturale gerarchia data dall’anzianità – ma che sia voluta o no, una madre o un padre non divideranno mai il letto con la loro prole, nemmeno nelle notti più fredde d’inverno.

witcher 3 povertà

Un altro chiaro indicatore di povertà è il cibo. Nel villaggio di Francollarts è possibile trovare formaggio, patate, cipolle, cetrioli, zucche, pomodori, uova, grano, pesce, funghi e fragole, mentre nel Velen, rinominata ormai “Terra di Nessuno” per via della guerra che infierisce, trovare cibo si rivela più difficoltoso per via della naturale scarsità di queste terre.

Le carestie sono i sassolini del Pollicino di Perrault che uniscono tutti i villaggi del Velen, da Mezzobosco a Claywich, da Oreton a Lindenvale, tutti prototipi di villaggi impoveriti ulteriormente dalla guerra e dalle epidemie diffuse con l’arrivo dell’esercito nilfgaardiano. In queste zone si trovano spesso pane, zuppe di pesce, funghi selvatici, molto alcol e anche qualche pezzo di carne putrefatta, che in quel di Toussaint sarebbe inconcepibile trovare.

witcher 3 povertà

Ripercorrendo alcuni dei momenti del gioco, si percepisce come la povertà sia la ragnatela che tiene insieme i fili del Continente, che si rivela più precario che mai. Mezzobosco, per esempio, è uno dei villaggi più grandi del Velen “risparmiato dalla guerra ma non dalla carestia”. In questo villaggio gli abitanti fanno affidamento a una strega vicina che bisogna localizzare al fine di ritrovare Ciri, che è il motore di The Witcher 3. Una volta raggiunta la capanna della strega, si scopre che la “cuoci-tritone” non è altri che Keira Metz, vecchia conoscenza dello strigo.

Keira è occupata con due contadini, che le riferiscono che la loro unica mucca è crollata a terra in fin di vita. Uno dei due contadini spiega chiaramente che le altre sono morte di fame e senza questa mucca sono praticamente morti. Impietosita, Keira offre ai contadini la sua conoscenza e delle erbe che, bevute con acqua presa a mezzanotte, curerà il bovino entro qualche giorno. Le streghe del villaggio, presunti guaritori ed erboristi hanno così il rispetto e la fiducia più totale della povera gente, perché nessuno di rango più alto si sarebbe mai interessato ai loro problemi.

witcher 3 streghe

È quello che possiamo chiamare medicina magica, una magia di tipo popolare per questioni quotidiane a forza di erbe e ricette per curare malanni o addirittura stati d’animo, molto comuni al tempo, quando la medicina era appannaggio di pochi eletti e il pensiero medico era esso stesso primitivo, per cui si ricorreva al mago, per cui si sviluppava una devozione – e non al medico, per il quale non c’era denaro – per problemi che oggi bolleremmo come quisquilie. L’annuncio di un erborista su una bacheca che consiglia di raccogliere e masticare foglie di menta per ridurre i morsi della fame non solo è preso per vero, ma è anche oggetto del passaparola della povera gente. L’affidarsi a una strega del villaggio o uno sciamano è una pratica comune che denota la povertà e la disperazione dei residenti del Velen, che spesso si vedono addirittura costretti ad abbandonare i propri bambini nelle paludi, esattamente come nella fiaba di Pollicino in cui il taglialegna, che non riesce più a sfamare i suoi figli, esclama di non poterli vedere morire davanti ai suoi occhi ed è risoluto nel portarli nel bosco e farveli sperdere.

I bambini sono abbandonati per povertà e per fame, tanto è vero che nella Palude del Gobbo si è formato un villaggio per orfani dove i “bambini abbandonati dei villaggi vicini trovano un letto e una scodella di zuppa calda”. Come detto l’autorità non conta, e la vera triade religiosa nelle terre calpestate del Velen sono le Signore del Bosco (meno elegantemente conosciute come Megere) tanto da far dire al capo del villaggio di Mezzobosco che “se non fosse per le buone creature del bosco saremmo morti di fame tempo fa” e scrivere in un libro a loro dedicato di essere le sole a vegliare su Velen (“Nelle ore più buie, quando fame e malattie ci colpiscono, imploriamo il loro aiuto”, si legge).

witcher 3 povertà

La leggenda narra di lasciare un bambino innocente presso la Palude del Gobbo, portarlo alla Pista di Dolci e seguendola, farlo arrivare alla casa di marzapane delle Megere che “lo accoglieranno con tanto amore che non vorrà più fare ritorno”. Succede come nella fiaba di Hänsel e Gretel, soltanto con un finale più macabro: il gioco fa intuire che gli orfani sono allevati all’ingrasso per poi sparire misteriosamente, vittima delle Megere che si incontrano sul proprio cammino; esseri antichissimi ispirati alla Baba Jaga della mitologia slava, che rapisce i bambini per mangiarli. È dato per scontato, insomma, che le Megere abbiano lo stesso comportamento e che i poveri contadini, in cuor loro, sappiano ma accontentino le Signore del Bosco in cambio della loro protezione.

La pratica del lasciare i pargoli nelle paludi, abortire o semplici complicazioni del parto, comuni in quell’epoca, per via della povertà, hanno creato un’autorevole voce anche nel bestiario di The Witcher 3. Tra le creature maledette, appunto, ve n’è una da far gelare il sangue nelle vene e che testimonia come l’abbandono sia una prassi nei territori indigenti: parliamo del botchling, creature nate da bambini non voluti e gettati via senza un’adeguata sepoltura. Essi ritornano alla vita sotto forma di un feto decomposto il cui scopo è cibarsi del sangue delle donne incinte. Vagano così di notte per le campagne, per poi entrare in casa di una donna in dolce attesa e succhiarle il sangue nel contempo assorbendo le forze del bambino non ancora nato in una sorta di macabra vendetta. La maledizione di questo essere indesiderato può essere spezzata dandogli una degna sepoltura: in questo caso si trasformerà in un lubberkin, uno spirito guardiano del focolare “che veglia sulla famiglia che non ha mai conosciuto, nella casa che non ha mai chiamato tale”. Purtroppo e per fortuna la creatura si incontra una sola volta, ma tanto basta per farle guadagnare il posto di bestia più triste del campionario.

witcher 3 povertà

Cavalcando Rutilia si può giungere anche a Erde, un insediamento nei boschi quasi disabitato nel Velen orientale i cui unici abitanti rimasti sono una coppia di anziani. Si tratta di una funesta aggiunta dai diversi esiti della prima espansione di The Witcher 3, Hearts of Stone. Il compito del witcher è cercare l’apprendista di un erborista, scomparso nella cosiddetta Foresta del Morto. Le tracce (di sangue) conducono direttamente al villaggio dimenticato, dove la donna afferma che gli altri abitanti hanno lasciato il villaggio in cerca di lavoro e che l’apprendista, già ferito, aveva deciso di ritornare nella foresta dove aveva incontrato la sua fine a causa di un branco di lupi.

I due anziani sono sospetti, però, e un’indagine facoltativa può cambiare l’esito della missione, portando il giocatore a capire che gli abitanti non sono scomparsi di propria volontà, ma uccisi e tenuti in una dispensa sotterranea dalla coppia di cannibali.

witcher 3 povertà

L’apprendista ha fatto la stessa fine, sventrato e tenuto sotto sale, l’unico corpo che testimonia il loro tabù. La dispensa è lorda di sangue, e se le gabbie potessero parlare ne avrebbero a dire per mesi, forse anni. Chiedendo spiegazioni, la donna affermerà che la loro età non gli permette di lavorare o seminare la terra ma che devono comunque mangiare per sopravvivere.

La fine di questa storia è evidente e ha come protagonista la lama del witcher, ma a riprova di come la carestia estrema porti al cannibalismo e come sia l’esempio più lampante di una povertà scellerata,non è difficile imbattersi in gruppi di cannibali mezzi nudi nella zona sud-ovest del Velen – la stessa carestia che rende Velen un territorio brulicante di necrofagi, che si cibano di carcasse ma che a volte si spingono oltre come le streghe dei sepolcri, che se audaci possono arrivare a entrare nelle capanne per rapire anziani e bambini, la cui povertà li espone a numerosi rischi quotidiani.

witcher 3 povertà

Seguendo questa linea, sembrano essere proprio dei necrofagi ad aver annientato la popolazione di Honorton, sempre nel Velen. Alla fine si scoprirà che i necrofagi sono apparsi in un secondo momento e che la “bestia di Honorton” è umana, esattamente come gli anziani di Erde. Gli abitanti si sono fatti scudo della propria povertà e il pagamento è finito molto male.

C’è una sola superstite, una bambina di nome Millie. Una volta occupatosi del carnefice, bisognerà avere il buon cuore di accompagnare Millie a Oreton, un villaggio di pescatori dove vive la zia. In un primo momento la donna si rifiuterà di accoglierla perché ha già 4 nipoti da far sopravvivere (altri 2 li ha persi lo scorso inverno) e la ragazzina sarebbe un’altra bocca da sfamare con una misera “bark soup”, letteralmente zuppa di corteccia, fatta quindi con tutto ciò che si può trovare nel bosco. In questo caso avremo la scelta di donare qualche corona all’anziana, sollevandola temporaneamente dalla sua povertà. Con la misera somma di 40 corone, la donna accoglierà entusiastica Millie in casa “con la speranza che avesse sempre un giaciglio caldo e una ciotola di minestra ogni sera”.

Witcher 3 povertà


Vedere un bambino esclamare contento di aver mangiato un tozzo di pane mostra come ci sia un tema di sottofondo ma assordante nella sua onnipresenza: la povertà. I bambini dormono per terra anche nel ducato dei fiori e del vino e attraverso loro non si potrà raccontare un’intera epoca – ma forse una parte importante e taciuta di uno dei titoli più significativi degli ultimi anni sì, dimostrando come nel Continente e soprattutto nel Velen bisogna guadare la palude della vita giorno dopo giorno senza poter toccare il fondo. Tornando a Oreton sarà possibile incontrare la stessa ragazzina che abbiamo salvato, Millie. Ci ha aspettato solo per donarci un disegno su un logoro pezzo di carta in segno di ringraziamento, e ciò ci ricorda in un attimo fuggente perché valga la pena di essere un witcher, seppur virtuale: aiutare le persone.

Vai alla scheda di The Witcher 3: Wild Hunt
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