Assassin’s Creed III – Recensione Assassin’s Creed III

Finché la barca va, non ti annoi

Le due principali innovazioni, in questo senso, sono la caccia e le missioni navali. Se la caccia vi permetterà di confrontarvi con la ricca fauna che popola le foreste americane, le escursioni in nave, l’Aquila, vi trasporteranno in una sorta di strategico navale (in versione semplificata). Nessuna di queste due attività va presa alla leggera. La caccia agli animali innocui può apparire semplice, ma ci sono alcuni animali che, per mole o per ferocia, vi metteranno a dura prova. Ciò si deve alla loro capacità di caricarvi, quando siete loro vicino, lasciandovi come unica difesa un sistema di quick-time event davvero ostico: si tratta di premere rapidamente due tasti, la cui successione è totalmente casuale. Ogni combinazione fallita si tradurrà in un colpo andato a segno da parte del vostro avversario ferino, il quale potrà così in breve condurvi a desincronizzazione certa. Peccato solo che tutto questo senso di pericolo si smarrisca, qualora vi troviate a dorso del vostro cavallo, dato che persino gli animali più feroci si daranno alla fuga al solo vedervi (non sappiamo se sia un bug o meno).
Per quanto concerne le missioni navali, va detto che sono straordinariamente curate e vi trascineranno in appassionanti duelli pirateschi, tra mari limpidi ed esotici ed altri in burrasca, il cui esito non è mai certo (specie se mirate alla sincronizzazione totale). Avrete anche la possibilità di apportare migliorie al vostro vascello, come rinforzare lo scavo o dotarvi di particolari munizioni da sparare coi cannoni.

Qualora vi siate invece stancati di battaglie e pericoli di ogni tipo, potrete sempre rilassarvi coi minigiochi sparsi ovunque. Li si trova nelle locande e in qualunque posto scorgiate l’icona del dado. Si tratta di antichi giochi, alcuni da tavola e altri no, disponibili in diverse difficoltà: il filetto, la fanorona, la dama, le bocce.

Non ci sono più le mezze stagioni…

…ma del resto prima mancavano totalmente. Il ciclo stagionale è stato introdotto in ACIII, insieme ad un ampio ventaglio di condizioni metereologiche, grazie all’AnvilNext, nuova versione dello storico motore grafico utilizzato per la serie. Questo significa non solo che potrete assistere al variare delle stagioni (le cosiddette "mezze" sembrano mancare anche qui) col progredire della storia, ma che durante le vostre avventure il tempo potrà mutare improvvisamente: pioggia, temporali e nebbia giungeranno, quando meno ve lo aspettate, a complicarvi le cose. La coltre di neve depositata al suolo è la vera vincitrice, con la sua compattezza e la sua densità che vi renderanno difficoltoso l’incedere, rendendola quasi vera.

La resa grafica del mondo di gioco è ottima, pulita, come del resto lo era nei precedenti capitoli. I principali centri abitati del gioco (Boston e New York del XVIII secolo) non hanno nulla da invidiare, in termini di impatto visivo e verosimiglianza, ai loro cugini del Vecchio Continente; certo si tratta di realtà molto più giovani, in cui la perdita del gusto artistico e propriamente storico trasparirà da ambienti più freddi ed essenziali. D’altronde siamo negli States, patria delle meraviglie naturali incontaminate, e il cuore pulsante di ACIII non sono tanto le città, quanto le aree boschive. La Frontiera è difatti un vasto territorio, selvaggio e temibile, in cui l’unica arte da padroneggiare è quella della sopravvivenza. Vi raccomandiamo caldamente la sua minuziosa esplorazione, invero assai godibile, armati di cautela.

Quanto alle città, aggiungiamo che qualcosa è stato fatto per non farvi avvertire troppo la mancanza di Roma o di Venezia. Oltre alla ricerca dei collezionabili, le pagine del mitico Almanacco del Povero Riccardo, potrete dedicarvi all’esplorazione del Sottosuolo: si tratta di una fitta e labirintica rete di cunicoli, costruiti dai Massoni, che dovrete percorrere per sbloccare i punti di viaggio rapido sulla mappa. Qui potrete imbattervi anche in enigmi da risolvere che vi ricorderanno molto i Glifi.

I progressi dell’AnvilNext si notano soprattutto nella sua capacità di raggiungere una soglia di rendering di circa 2000 persone in una folla. Lo studio dei volti dei personaggi, primari e secondari, denota un netto miglioramento nelle tecnologie di motion capture; ci capiterà spesso di ritrovarci ad elogiare la drammaticità e l’espressività dei volti dei personaggi più magnetici. Tuttavia, sebbene la nuova versione dell’engine abbia consentito di compiere notevoli passi avanti e permetta il mantenimento di un ottimo framerate, permangono diverse imperfezioni: episodi di pop-up, problemi di texture (inguardabili quelle delle porte d’ingresso delle abitazioni), pasticci poligonali di vario genere. Provate, ad esempio, ad addentrarvi nelle foreste in groppa al vostro destriero e scoprirete che, una volta abbandonati i sentieri tracciati, sarà impossibile non ritrovarsi incastrati. 

A ciò aggiungiamo la presenza di bug minori e qualche difetto nel bilanciamento del sonoro. Nulla di particolarmente grave o che faccia gridare allo scandalo, come quando vedrete dei npc sparire nel nulla o vi sforzerete di ascoltare dei dialoghi, dotati di un volume decisamente basso. Nulla da eccepire per quanto riguarda la colonna sonora, solenne ed epica come sempre.


Connor, chi era costui?

A questo punto ci permettiamo un’ultima riflessione, forse troppo personale, tutta dedicata al nostro caro Ratonhnhaké:ton. La sua figura appare a certi tratti sbiadita, debole, addirittura sin troppo insipida se accostata ad altre. Non solo il nostro eroe non è neanche lontanamente paragonabile al leggendario Ezio Auditore, ma risulta inferiore persino ai co-protagonisti delle proprie vicende, in primis il già citato Haytham. Se da un lato questa potrebbe apparire come una cosa ovvia (non possiamo certo pretendere che uno sbarbatello nativo americano possieda il carisma di un nobile rinascimentale o di un gentiluomo inglese), dall’altro siamo portati ad avanzare qualche critica. Questo perché, intendiamoci, l’idea non è affatto da bocciare; la cultura e la società degli indiani d’America è forse una delle più affascinanti, spirituali e pittoresche del mondo. Risulta infatti appagante controllare questa sorta di implacabile demone silvano, splendidamente in sintonia con la natura che lo circonda, in grado di volteggiare dalla chioma di un albero ad un’altra con felina rapidità, capace prima di uccidere e poi di sparire come brezza tra le fronde. L’impressione è però che Connor utilizzi questa medesima camaleontica abilità per non lasciare alcunché nel giocatore, difficilmente in grado di delineare una vera personalità del personaggio alla fine del tutto.

Chi è Connor? Quali sono le sue idee, i suoi gusti, i suoi vizi? Non è un donnaiolo come Ezio, non si spreca in sagaci battute, non esterna mai neanche i valori del suo popolo (se non fosse per il Database, di questi usi e costumi sapremmo ben poco), non esprime pensieri d’affetto per i suoi cari e per la madre, appare spesso privo di qualsiasi manifestazione emotiva di rilievo. Ammirevole umiltà a parte, di lui cogliamo poco altro. Nelle restanti occasioni è per lo più un personaggio plastico, forzato, succube pedina degli eventi, un uomo che ricicla ideali di altri senza mai formulare un’opinione davvero personale. Certo, in fin dei conti il risultato non è totalmente negativo, specialmente considerando il ritmo concitato delle avventure che il protagonista deve affrontare, solo che appare decisamente poco umano. Connor è forte, risoluto, determinato, istintivo, devoto alla causa del bene e alla libertà, perfettamente in grado di rivestire i panni di un micidiale Assassino. Solo, come dire, appare troppo perfetto per essere vero? Ed ecco la critica: suvvia Ubisoft, si poteva caratterizzare un po’ meglio questa nuova icona. Riempire qualche spazio vuoto qui e là, seppure con qualche piccola nota di colore, sarebbe stato sufficiente.

Menzione d’onore va invece agli antagonisti di questa vicenda, spesso in grado di rubare la scena coi loro inattesi voltafaccia. Vi segnaliamo in particolare lo spietato, sardonico C.L. (limitiamoci alle iniziali per evitare spoiler eccessivi). Alzi la mano chi, ad un certo punto del gioco, non avrebbe pagato oro per cambiargli i connotati con la lama celata.


Multiplayer si, multiplayer no

Concludiamo parlandovi dell’immancabile modalità multiplayer, la quale è stata indubbiamente arricchita rispetto a quanto abbiamo visto precedentemente. Ovviamente non ci riferiamo solo ai nuovissimi e numerosi personaggi, alle nuove modalità che in realtà aggiungono ben poco di totalmente nuovo, bensì ad un’interfaccia tutta rinnovata e ad un menu personalizzato, separato da quello del singleplayer. Lo scopo precipuo resta sempre il solito: dovrete ammazzare il vostro bersaglio ed evitare di farvi ammazzare dai vostri inseguitori. Cambieranno le mappe (alcune davvero molto belle), le abilità, ma la missione è sempre questa, per quanto subisca leggere variazioni e vi venga quindi sottoposta in tutte salse.

L’unica vera novità è la modalità cooperativa che porta il nome di Branco. In solitaria o in compagnia di altri giocatori, sino ad un numero massimo di quattro per sessione, dovrete cercare di portare a compimento il vostro incarico prima dello scadere del tempo. La cosa interessante è che questa proficua collaborazione, tra voi e la vostra squadra, sarà messa a dura prova in ben 25 sequenze di difficoltà crescente.

Una piccola nota a margine: la sperimentazione del multiplayer, nell’ottica degli sviluppatori, dovrebbe essere incentivata dalla sua connessione con la storyline principale. Esistono infatti dei retroscena che potrete scoprire solo addentrandovi in questa modalità. In realtà non vi è nulla di veramente importante e il multiplayer rimane un simpatico extra, ripetitivo e spesso caotico, che stancherà ben presto chiunque non sia un fan tra i più appassionati.

Tirando le somme
 
Ultimamente si è sempre detto, di ogni nuovo Assassin’s Creed, che fosse poco altro che una mera copia del suo predecessore. Questo non si può dire di Assassin’s Creed III, forse il primo vero tentativo di Ubisoft di rimettere in gioco la serie, di rimettere in moto quegli ingranaggi del miglioramento e della sperimentazione che erano fermi da parecchio tempo. Non importa quanto questo tentativo sia tardivo o, agli occhi di alcuni, ancora troppo pigro. Ci troviamo davanti ad un buon titolo, che acquisisce valore aggiunto se avete avuto modo di appassionarvi alla saga, in questi anni. Le missioni sono decisamente abbordabili, nella misura in cui solo la ricerca della Sincronia Totale riuscirà a darvi noie, rafforzando magari la presenza di un approccio stealth altrimenti poco visibile. Insomma, si tratta di un gioco che appassiona, diverte a sufficienza, esplora nuove frontiere mai toccate dalla solita formula e che, se intrapreso nel modo giusto, vi terrà impegnati per più di 20 ore; un gioco ambientato in un periodo storico forse troppo recente, inconsueto, ma anche ricco di fatti travisati, che avrete modo di conoscere per davvero.
Ci sono purtroppo elementi di questo franchise che probabilmente non verranno mai cambiati, ma questa è un’altra storia.

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